Lo sciopero alla rovescia di Palermo |
“Il 2 febbraio del 1956 Danilo Dolci, nel quartiere Spine Sante di Partinico, organizzò, lungo una trazzera, lo <sciopero alla rovescia> seguito da un centinaio di disoccupati.
La violenta azione della polizia, il vergognoso arresto e il processo della magistratura furono giustificati escogitando, con arroganza inaudita, una motivazione più che assurda: i disoccupati, essendo disoccupati, non potevano né lavorare né scioperare; lavorando e scioperando senza autorizzazione non facevano altro che trasgredire la legge. (…)
Quel processo viene ricordato così: “Processo all’articolo 4”. (…)
Ecco la parte iniziale e finale del dispositivo di sentenza letto dal Presidente:
“In nome del popolo italiano.
L’anno millenovecentocinquantasei, il giorno trenta del mese di marzo.
Il Tribunale Penale di Palermo. Sezione 1^, composta dai signori:
1. Trainito dottore Rosario, Presidente di Sezione
2. De Simone dottore Giovanni, Giudice
3. Minì dottore Salvatore, Giudice
Con l’intervento del P.M., Dottore Lo Torto, Sostituto Procuratore della Repubblica, e con l’assistenza del Cancelliere sottoscritto, ha pronunciato la presente sentenza nel procedimento penale contro: Danilo Dolci, Ignazio Speciale, Termini Salvatore, Zanino Carlo, Abbate Francesco, Macaluso Domenico, Ferrante Gaetano, Fofi Goffredo, Geraci Nicolò, Mazzurco Gioacchino, Ania Giuseppe, Drago Gaspare, Autovino Leonardo, Autovino Lorenzo, Tria Giuseppe, Guzzardi Leonardo, Barretta Liborio, Gallo Gaetano, Arminio Leonardo, Avvenire Giovanni, Stabile Bartolomeo, Loria Carlo, Puleo Francesco.
Premesse le imputazioni, si conferma l’ordinanza dibattimentale con la quale era stata rigettata l’eccezione di incostituzionalità dell’articolo 18 Tulps (Testo Unico della Legge di Pubblica Sicurezza), sollevata dal Consiglio dei difensori. (…)
Per questi motivi
Il Tribunale, visti gli articoli 633cpc, 414 pp. N. 2, 650, 6 n. 1, 99 Codice Penale 483, 488 e 477 Codice di Procedure Penale,
Dichiara
Danilo Dolci e lo Speciale alla pena complessiva di mesi uno e giorni 20 di reclusione, lire 14.000 di multa e lire 6.000 di ammenda ciascuno; lo Zanini a mesi due e giorni 15 di reclusione, lire 21.000 di multa e lire 9.000 di ammenda; tutti gli altri a mesi uno e giorni venti di reclusione, lire 8.000 di multa e lire 6.000 di ammenda; tutti, in solido, alle spese processuali, e il Dolci, lo Speciale, il Termini, lo Zanini, lo Abbate, il Macaluso, e il Ferrante inoltre, ciascuno alle spese della rispettiva custodia preventiva. (..)
Subito dopo Danilo Dolci inviò alla stampa una lettera di cui riportiamo solo la prima parte:
“Palermo, 30 marzo 1956.
Ringrazio uno per uno tutti coloro che hanno sofferto per il rinnovamento della nostra zona, per il ristabilimento della verità e della dignità, tutti coloro che hanno faticato per liberare dalla galera i miei amici, della Camera del Lavoro o no, e me. Sinceramente ringrazierei anche, se non sentissimo l’animo a lutto per i mali ed i morti degli ultimi tempi, chi in galera ci ha chiusi, chi ci ha voluto condannare: questi, in poche settimane, credo, quanto si sarebbe potuto con normali fatiche di anni.
Se nella zona di Partinico (ma non posso crederlo) torneranno a pescare fuori legge i motopescherecci; se i figli, le famiglie dei carcerati e degli invalidi, continueranno a non essere assistiti; se i ragazzi non potranno andare tutti a scuola; se alla gente disperata per miseria materiale e morale ancora scapperanno le usate <ammazzatine>; se il fiume Jato continuerà a sciupare le sue acque a mare, non si potrà più dire che di questi mali e delle loro cause <non si sapeva>, che nessuno aveva avvisato.”
[Da: “Danilo Dolci. Una vita contro miseria, spreco e mafia.” A cura di Pino Dicevi. Ed. Coppola, 2013]
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