Carmelo Salanitro |
“Rubiamo” a Santo Lombino una nota pubblicata sul Corriere della sera che ricorda un eroe della lotta antifascista, assassinato in un lager dai nazisti (dp)
Il 27 gennaio, il giorno in cui le truppe sovietiche entrarono Ad Auschwitz, da anni, nella scuola italiana è il giorno consacrato alla memoria. Quest'anno la memoria si arricchisce di un altro episodio in più che bisognerebbe ricordare nelle scuole. Ecco, dal Corriere, la storia del professore catanese che si oppose al regime fascista: fu incarcerato e morì deportato in un lager.
«Il professore eroe che non si piegò al nazifascismo» Carmelo Salanitro (Adrano, 1894 - Mauthausen, 1945) professore di lettere classiche, militante del Partito popolare, poi lasciato per protesta contro i Patti lateranensi, pacifista e antifascista, nel 1937, approda al Liceo classico statale Mario Cutelli di Catania. Attivo propagandista contro la guerra e il fascismo, Salanitro scrive a macchina bigliettini che incitano alla pace, alla libertà, alla democrazia e prendono di mira Mussolini. Trascritti in molteplici copie, Salanitro lascia cadere i manifestini sui banchi di scuola, li infila nei soprabiti degli studenti, nelle cassette della posta, li fa circolare nei caffè di Catania e di Adrano, perfino in un orinatoio pubblico.
La pietra d’inciampo dedicata a Salanitro |
L'espediente di Salanitro non è del tutto ingenuo, perché la scuola gioca un ruolo importante nel processo di fascistizzazione della società seguito all'avvento al potere di Mussolini. Vige infatti nelle aule del tempo una «educazione guerriera» tesa a preparare i giovani alla «ineluttabilità della lotta tra popoli (...) feconda al progredire dell'umano incivilimento», come da documenti ufficiali. Al liceo la condotta del professore Salanitro non sfugge al preside Rosario Verde, che lo denuncia.
Un’altra foto di Carmelo Salanitro |
Arrestato e condannato a 18 anni di carcere, Salanitro dopo la caduta del fascismo viene trattenuto in carcere e poi consegnato ai tedeschi. Morirà nelle camere a gas di Mauthausen nell'aprile del 1945. Nel dopoguerra il preside Verde che aveva denunciato Salanitro a due poliziotti dell'Ovra, condannato dalla Commissione provinciale per l'epurazione, nel 1949 sarà riammesso in servizio. Il 27 gennaio, Giornata della Memoria, il Liceo Cutelli sarà co-intitolato a Carmelo Salanitro.
Bernardo Puleio
Ecco come è stato ricordato Salanitro da Francesco Merlo su “La Repubblica”, prendendo spunto da una lettera di Maria, nuora del prof. Salanitro:
Salanitro, eroe da risarcire. Nostalgia e brutte canzoni
di Francesco Merlo
Caro Merlo, sono la vedova di Niccolò Salanitro, figlio amatissimo di Carmelo. Desidero ringraziarla per l’omaggio che ha reso a Carmelo Salanitro ricordando che oltre ad essere un cattolico, un pacifista, un eroe, era soprattutto un insegnante che lottava per educare i suoi studenti all’affermazione della pace, della libertà e della democrazia. Mi ha commosso la scelta del passo, citato nel libro di Mino Micheli, che descrive mio suocero nel momento in cui viene portato nelle camere a gas.
Maria Salanitro — Catania
Carissima signora Maria, una vita come quella di Carmelo Salanitro, in un’altra parte d’Italia (da “Trieste in giù”, perdoni la citazione ironica) avrebbe ispirato i grandi storici della Resistenza, ma anche i romanzieri e i registi. Pensi a un film su questo bel tipo di cattolico che, unico professore a non iscriversi al partito fascista, adatta l’amatissima storia romana, i Gracchi, Cesare, Catilina, Tacito… all’antifascismo. Affascinando i ragazzi del liceo Cutelli di Catania, a colpi di Anabasi e di Georgiche demolisce i miti dell’Impero. Insomma Salanitro si ricovera nel greco di Omero e nel latino di Orazio come i partigiani di Fenoglio nell’inglese. Tiene pure un diario segreto, irridente e indignato. E quando sente avvicinarsi la guerra comincia a scrivere (a macchina) bigliettini pacifisti che lascia sui banchi della sua scuola e nei caffè di Catania, li infila nelle tasche dei soprabiti, li appende ai muri. Finché il suo preside professor Rosario Verde, cattivo e miserabile, lo denunzia a due poliziotti dell’Ovra, il commissario Pupella e l’ispettore Cucchiara, che cominciano un lungo e ridicolo pedinamento, non perché sia difficile “beccare” Salanitro, ma perché, abbellendo i verbali, inseguono medaglie. E finalmente lo arrestano con le tasche piene di biglietti mentre ne lascia uno nell’ufficio postale. Inesorabile, arriva la condanna “esemplare”: 18 anni nel carcere di Sulmona. Inutilmente la famiglia e la vecchia madre lo implorano di chiedere la grazia e i fascisti lo consegnano ai nazisti che lo deportano. Appena arriva a Dachau un nazista, come benvenuto, gli rompe gli spessi occhiali da miope rendendolo quasi cieco, ma tutti i testimoni raccontano di “un Diogene” che sa persino ridere di se stesso e non perde la dignità neppure quando entra nel forno crematorio di Mauthausen. Finisce lì la storia? No. Finisce a Reggio Calabria nel 1949 dove Rosario Verde viene reintegrato dal Consiglio di Stato e assegnato all’Istituto Magistrale da Gonella (Istruzione) e Scelba (Interni) con la benedizione del Pci e il silenzio del mondo cattolico di cui Salanitro è inutilmente un eroe.
Caro Merlo, la chiusa della lettera di Giulio Toscano (“ammesso che affibbiare etichette sia utile o necessario”) mi ha fatto ricordare quello che cantava Ivan Della Mea più di cinquant’anni fa (Quand’riva ‘l cald, 1966).
Ugo Abbondanno — Trieste
Eccola: “dare etichette è sempre da coglioni, chi ci guadagna poi sono i padroni, a meno che il gioco sia finito, allora ci guadagna anche il Partito”. Capisco la forza emotiva della nostalgia, ma è una di quelle dimenticate canzonacce dell’apocalisse marxista, spazzate via dal contravveleno dei raduni pop, da Bob Dylan, Mick Jagger, Paul McCartney e John Lennon… che, invece, davvero non avevano etichette e hanno cambiato il mondo.
La Repubblica 16/7/21
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