di LUCA FRAIOLI
Il fisico Piero Martin sulla storia di come l’uomo ha misurato il mondo. Per conoscerlo e per conoscere se stesso
Sette unità che misurano l’Universo. Sette ingredienti che mescolati tra loro permettono di quantificare qualsiasi fenomeno, dalla febbre di un bambino al bosone di Higgs, dagli affettati presi al banco della salumeria alle onde gravitazionali generate da uno scontro tra buchi neri. Sono il chilogrammo, il metro, il secondo, la mole, la candela, l’ampere e il kelvin i protagonisti di un saggio che, nel riepilogare le storia di come gli esseri umani hanno misurato il mondo, mescola abilmente scienza, cultura e persino spiritualità. «Usiamo le unità di misura per conoscere ciò che ci circonda, ma anche per conoscere meglio noi stessi e perfino il nostro rapporto con il soprannaturale. La divinità egiziaAnubi era raffigurata con una bilancia con cui pesava il cuore dei defunti prima di ammetterli nel regno dei morti», spiega Piero Martin, veneziano, docente di Fisica sperimentale all’Università di Padova, autore di questo Le 7 misure del mondo(Laterza).
Professor Martin, possibile chebastino sette unità per quantificare ogni evento?
«È proprio così, perché dalle sette fondamentali si derivano tutte le altre unità di misura che sono decine. In alcuni casi è molto semplice: se devo valutare un appartamento mi occorre conoscere la superficie, la cui unità di misura sono i metri quadrati. Se invece sto scegliendo la giusta batteria per la mia automobile, devo conoscere la tensione, che si misura in volt. E un volt si ottiene moltiplicando un chilogrammo per un metro al quadrato e dividendo per un ampere e per un secondo al cubo. Insomma, usando quattro delle sette unità fondamentali».
Il Sistema internazionale delle unità di misura viene insegnato anche a scuola. Perché un libro?
«Mi piaceva l’idea di ridare dignità a una costruzione intellettuale che, pur facendo parte dell’esperienza quotidiana, è per certi versi misconosciuta. E poi nel ricostruire le origini delle setteunità fondamentali mi sono imbattuto in storie bellissime, che fanno parte della nostra storia».
Quando inizia questa storia?
«Ci sono tracce antichissime di tacche su barrette di avorio o su pietre che registrano le fasi lunari.
Una sorta di calendario preistorico. E poi l’uso del corpo umano come strumento di misura, che resiste fino ai nostri giorni nei nomi di certe unità, come piedi epollici. Pur nella variabilità delle stature, una spanna è più o meno la stessa ovunque (circa 20 centimetri) e poteva essere usata per comprare stoffe in Cina come a Venezia. Grande successo ebbe nell’antichità anche il cubito, la distanza tra il gomito e le punta delle dita della mano: è in cubiti che Dio dà a Noe le istruzioni per costruire l’Arca. C’è un equivoco sul passo romano, che valeva unmetro e 48 centimetri, ma non perché avessero chissà quale falcata: era la distanza tra le impronte successive dello stesso piede, quindi due dei nostri passi».
Chi ha messo ordine nel proliferare delle unità di misura?
«Il merito va a due rivoluzioni: quella francese e, ancor prima, quella scientifica di Galileo Galilei che mette la misurazione al centro del suo metodo. I rivoluzionari francesi invece liberano il pensiero e le persone e sentono la necessità di un sistema metrico decimale uguale per tutti, ma ci vorranno anni prima che la novità si diffonda. Nell’Europa ottocentesca si trovavano ancora unità diverse addirittura tra città limitrofe».
A un certo punto entrano in scena persino i Beatles. Cosa c’entrano con chilogrammi, moli e gradi kelvin?
«C’è una coincidenza temporale che mi ha colpito. Il 15 ottobre 1960 i Beatles nella loro formazione definitiva registrano il loro primo brano presso l’Akustik Studio di Amburgo. Tre giorni prima a Parigi si era aperta la Conferenza generale dei pesi e delle misure che avrebbe definito il Sistema internazionale delle unità di misura. Due eventi che in modo diverso hanno rivoluzionato la cultura contemporanea. Ma c’è anche una sorta di leggenda secondo cui la casa discografica ed elettronica Emi riuscì a condurre le ricerche che avrebbero portato alla realizzazione della tomografia assiale computerizzata, con cui oggi misuriamo in dettaglio l’interno del nostro corpo, proprio grazie ai dischi venduti dai quattro di Liverpool. È suggestivo, ma il contributo economico fondamentale fu quello del governo britannico».
L’ultima rivoluzione è recentissima.
«Risale al 2018, quando gli scienziati hanno deciso di ridefinire le unità del sistema internazionale non più in base a eventi periodici o a manufatti umani, come per esempio il cilindro di platino e iridio che rappresentava il chilogrammo campione. Il chilogrammo, il metro e le altre unità fondamentali sono stati definiti a partire da costanti fisiche universali, come la velocità della luce nel vuoto o la costante di Planck. Ed è una vera rivoluzione, perché significa assumere che leggi naturali che governano l’universo, pur essendo state dedotte dagli esseri umani in base alle osservazioni, sono immutabili e costituiscono una base più solida per la misura del mondo degli oggetti materiali. Una rivoluzione che va oltre i sistemi di misura e coinvolge quello che sappiamo di noi e del mondo».
La Repubblica, 2 gennaio 2022
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