MICHELE SERRA
(Questa “Amaca” l’ha scritta per Roma, ma vale anche per Corleone e per tutti i comuni in cui i cittadini si meritano la definizione di “zozzi”.
A Roma, in una strada del quartiere Prati, non proprio una borgata, il margine del marciapiede è finemente orlato di cacche di cane. Sono centinaia, di epoche difformi, da quelle fresche, appena deposte, a reperti quasi essiccati. Disdegnate dai ratti e dai gabbiani, queste deiezioni organiche sarebbero destinate, per natura, ad arricchire il terreno di elementi nutritivi. Ma sono impossibilitate a farlo perché non è il terreno, è l'asfalto che ne sostiene il peso e ne perpetua la forma.
L'annosa discussione sulla catastrofe dei rifiuti a Roma è fatta di infinite voci: discariche intasate oppure mal gestite oppure obsolete e comunque sempre nel posto sbagliato, raccolta inefficiente, cassonetti così malconci da essere essi stessi rifiuti, mafie che ingrassano sul disastro, amministrazioni complici e inette, convogli di monnezza che vanno e vengono in cieco disordine: dando l'idea complessiva di un disastro maestoso, immane, accumulato dall'alba dei tempi, con costi smisurati e responsabilità talmente stratificate, da Romolo a Raggi, che la colpa va spalmata nei millenni, da Romolo a Raggi.
Benissimo. Ma se uno porta a cagare il cane per la strada e non si china a raccogliere il prodotto, i conti sono presto fatti e la soluzione presto detta. Esistono confezioni da 500 sacchetti a 10 euro. Il costo di ogni raccolta differenziata di cacca di cane ammonta, dunque, a due centesimi di euro al giorno. Quattro centesimi nel caso il cane sia di intestino vivace e la faccia al mattino e alla sera. È tanto? È poco? Vogliamo chiedere il rimborso al Comune? Il finanziamento europeo? Ma soprattutto, vogliamo chinarci e pulire? A' zozzi!
La Repubblica, 28/8/2021
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