martedì, luglio 13, 2021

Camilleri raccontato da Gaetano Savatteri: "Una miniera di storie"


Lo scrittore e giornalista è stato amico di lunga data del papà di Montalbano. "Senza nostalgia, perché lui è vivo. È da qualche parte a narrare aneddoti"

di Eleonora Lombardo

Per lui Andrea Camilleri non è mai morto, si trova in qualche paese della Sicilia, sotto un albero a godersi l’ombra e a fumare la centesima sigaretta. «Lo troveremo un giorno così, a raccontare una storia. Perché lui è le storie che contiene e le storie non muoiono mai» dice lo scrittore e giornalista Gaetano Savatteri che è stato legato a Camilleri da una lunga amicizia e da quel territorio brusco e squisitamente letterario che è l’agrigentino. «Come Omero, cieco e preveggente, che non è mai morto e mai forse è nato, Andrea continuerà a fare sentire la sua voce». 

E le storie che Savatteri custodisce dell’amico scrittore sono veramente tante, raccolte in anni di incontri e sodalizi artistici fin dal primo momento in cui si sono conosciuti, a Campo dei Fiori a Roma, nel 1995, in occasione della presentazione di un libro. «Poi siamo andati a cena insieme e siamo entrati in sintonia e sono riuscito a coinvolgerlo nelle mie attività a Racalmuto, a farlo diventare direttore artistico del Festival, perché Andrea era generoso con tutti i Siciliani, diceva che si trattava quasi di una generosità "mafiosa", "perché è gente mia". Ma in realtà è la generosità solidale che si mantiene tra migranti, quella che cerca chi passa il mare con un pizzino e un indirizzo e quando trova un compaesano, sa di avere trovato casa». 

E a proposito del festival di Racalmuto, Savatteri ricorda di quella volta in cui vennero Carlo Azeglio e Franca Ciampi, quest’ultima in pena per Andrea che era vestito leggero per le fredde temperature del febbraio racalmutese, fin quando in effetti ebbe un malore e dovette intervenire il medico. E una volta ripresosi, disse: «Minchia, io Racalmuto la amo, ma venire a morire a Racalmuto e non a Porto Empedocle, mi pareva assai». 

Battuta pronta, capacità da guitto di prendere il suggerimento dal pubblico e portarlo in scena, come solo la gente di teatro sa fare per convertire un imbarazzo in risata, ma anche per attrarre a sé un applauso. 

Come fece quel primo pomeriggio afoso a Palermo, all’angolo tra via Villafranca e via Siracusa quando incontrò un suo sedicente appassionato lettore «Questo signore cominciò a dirgli "Maestro, proprio lei qui. Non posso crederci, deve assolutamente firmarmi un libro". Andrea disponibile, aspettò che lui andasse a comprarne uno equando il poveretto tornò brandendo tutto contento "I delitti di via Medina Sidonia" di Piazzese, non fece una piega e scrisse la dedica. Esterrefatto gli chiesi "Andrea, ma come? Era un libro di Piazzese!" e lui: "E infatti io c’u firmai Santo Piazzese" ». 

Camilleri, con quell’incredibile capacità di non perdere il tempo e di arrivare arguto lì dove chiunque altro sarebbe arrivatocon rammarico dieci minuti dopo. 

«A proposito di dediche, un’altra volta un cameraman in Rai dopo aver registrato un’intervista, gli chiese di firmare una copia del libro: "Ma non lo dedichi a me, ma a mio zio che è morto ed era un suo lettore". Anche quella volta non fece una piega, ma poi mi disse "Era la prima volta che facevo la dedica a un morto, ora che fa? Gliela porta sulla tomba? Non sapevo se scrivergli con simpatia o con dolore immenso». Storie su storie, e anche abitudini, idiosincrasie come quella di andare ogni volta che si trovava a Porto Empedocle a rendere omaggio alla statua di Pirandello dove c’è scritto "A Pirandello, la sua seconda città natale" «lui si faceva grandi risate e diceva"ma si può nasciri du’ voti?" Era un piacere immenso andare in giro con lui per Porto Empedocle — continua Savatteri — gli piaceva andare al porto, dove suo padre aveva lavorato, e poi ti portava in un bar dove alle dieci di mattina prendeva il caffè e uno "scioppettino" di Peroni e il barista gli portava una pila di libri con dentro relativi "pizzini" e lui si prendeva il tempo per scrivere le dediche». 

Non si risparmiava Camilleri e questo lo ha reso immortale, insieme alla sua lingua e alla straordinaria capacità di entrare tra le pieghe dei significati nascosti in modo squisitamente pirandelliano «Sulla lapide che a Porto Empedocle celebra i 50 anni dell’unità d’Italia c’è scritto "Due popoli, due paesi, diversi per culture e tradizioni si vollero unire" e lui era solito dire "Don Luigino è raffinato, perché si vollero loro? O qualcun altro volle per loro?" Apprezzava questa sfumatura all’interno della quale si celava la contraddizione siciliana». Avendone la possibilità, Gaetano Savatteri chiederebbe a Camilleri ancora un pranzo a Porto Empedocle a base di pesce e birra ghiacciata «Ma senza nostalgia, perché lui è vivo. Da qualche parte. A raccontare storie». 

La Repubblica Palermo, 13/7/2021

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