di SALVO PALAZZOLO
PALERMO — «Continuo a imbattermi in storie di eroi solitari in Sicilia — racconta Pif — gente che sacrifica la propria vita contro lo strapotere dei boss e spesso si ritrova beffata dallo Stato». L’ultimo caso raccontato dal regista de La mafia uccide solo d’estate è davvero singolare: «Due sorelle, Rosa e Savina Pilliu, lottano per una vita contro un costruttore mafioso di Palermo e ottengono un risarcimento, mai pagato. Però, adesso, l’Agenzia delle Entrate pretende lo stesso il tre per cento». E lei ha deciso di fare un libro per pagare quella somma, 22 mila e 842 euro. Si intitola: "Io posso, due donne sole contro la mafia", l’ha scritto con il giornalista del Fatto Quotidiano Marco Lillo.
Com’è nata questa storia?
«Nel 1990, Rosa e Savina ereditano due casette dalla madre, davanti
all’entrata del Parco della Favorita. Un giorno, un costruttore mafioso, Pietro
Lo Sicco, va dal notaio e si dichiara proprietario di tutta un’area vicino al
parco, compresa la zona dove si trovano le due casette. Poi, chiede ai
proprietari delle vecchie case di vendergliele a un prezzo irrisorio. Le uniche
a opporsi sono le sorelle Pilliu».
Era un imprenditore influente Lo Sicco.
«Riuscì a corrompere l’assessore comunale dei Lavori pubblici e a
pochi metri dalle casette delle Pilliu costruì un palazzo di nove piani che le
rese inagibili. Questo edificio fu anche un nascondiglio di latitanti».
Le sorelle Pilliu non si sono mai arrese.
Come hanno portato avanti la loro battaglia?
«Si sono trovate spesso sole. Avevano un negozio nella zona, dopo le loro
denunce i clienti iniziarono a non andare più. Intanto, ricevevano minacce su
minacce. Ma alla fine hanno vinto loro la causa contro il costruttore. Però, il
risarcimento non è mai arrivato. Si è fatta sentire invece l’Agenzia delle
Entrate».
Che succede all’antimafia? Solo una
spiacevole distrazione?
«Dopo le stragi di Falcone e Borsellino, lo Stato ha fatto tanto nella
lotta alla mafia. È cresciuta anche una grande coscienza civile. Però, talvolta,
c’è una burocrazia lenta e poco sensibile che ha davvero poca attenzione per
chi ha combattuto battaglie difficilissime».
In nome della giusta causa delle sorelle
Pilliu si può svelare il finale del libro?
«Per l’Agenzia delle Entrate, dovrebbero pagare loro la percentuale su quel
risarcimento mai avuto dal costruttore mafioso. Noi vorremmo cambiarlo questo
finale. Anche perché le sorelle cominciano a sentire gli acciacchi degli anni e
delle troppe battaglie, Rosa è anche malata. Vorremmo pagare l’Agenzia delle
Entrate con i proventi del libro. E poi magari ristrutturare quelle palazzine
in rovina».
Qualche idea su cosa farci?
«Magari la sede di un’associazione antimafia. Ma, al di là dei soldi,
bisogna proseguire la battaglia delle sorelle Pilliu».
Cosa non sono riuscite ad ottenere?
«Per lo Stato non sono ancora vittime della mafia. Nonostante, all’epoca
delle denunce, la magistratura avesse proposto l’ingresso nel programma di
protezione per i testimoni di giustizia. Loro rifiutarono».
Quale sarà il suo prossimo racconto?
«Continuerò a occuparmi di donne coraggiose e di eroi solitari nella nuova
serie de Il testimone. E poi mi preparo per l’uscita al cinema del
mio prossimo film, che parla del mondo dei rider».
Intanto torna spesso a Palermo, la sua città.
«Sono uno di quei siciliani che più manca dalla sua terra più ha voglia di
viverla e raccontarla. Per trovare ancora un’altra storia di coraggio che non
ha mai avuto un titolo in prima pagina».
La Repubblica, 25 maggio 2021
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