Papa Francesco (Ph. Ansa)
di SALVO PALAZZOLO
Istituito in
Vaticano un gruppo di lavoro di cui fanno parte l'ex procuratore Pignatone e
don Luigi Ciotti, che dice: "La Chiesa vuole fare uno scatto ulteriore
nell'impegno contro la mafia"
Ventotto anni fa, Papa Wojtyla
lanciava il suo anatema contro la mafia dalla Valle dei Templi. Oggi, Papa
Francesco vuole rendere ancora più forte la scomunica nei confronti dei boss:
mettendola nero su bianco. Nel diritto canonico, nel catechismo. Per questo ha
istituito uno gruppo di lavoro nell’ambito del Dicastero per il servizio dello
sviluppo umano integrale. Ne fanno parte don Luigi Ciotti, il presidente di
Libera; Giuseppe Pignatone, l’ex procuratore di Roma oggi presidente del
tribunale vaticano; il professore Vittorio Alberti, “officiale” del Dicastero
per il servizio dello sviluppo umano integrale; monsignor Michele Pennisi,
vescovo di Monreale; Rosy Bindi, l’ex presidente della commissione antimafia;
don Marcello Cozzi, docente della Pontificia università Lateranenze; don
Raffaele Grimaldi, ispettore generale dei Cappellani delle carceri; Ioan
Alexandru Pop, del Pontificio Consiglio Vaticano per i testi legislativi.
La notizia è
arrivata nel giorno giorno della beatificazione di Rosario Livatino, il giudice
siciliano ucciso dalla mafia nel 1990. “Per onorare il primo magistrato beato
nella storia della Chiesa, che ha esercitato coraggiosamente la professione
come missione laicale, è stato costituito un gruppo di lavoro sulla scomunica
alle mafie”. Il gruppo di esperti è già al lavoro, ha il compito di
“approfondire il tema, collaborare con i vescovi del mondo, promuovere e
sostenere iniziative". Il Papa vuole che la scomunica sia estesa a tutte
le mafie, non solo quelle italiane.
“La Chiesa ha fatto passi avanti nel
percorso contro la mafia – dice don Luigi Ciotti – ma bisogna fare uno scatto
ulteriore. Le organizzazioni mafiose usano la religione come strumento di
consenso e di potere. E’ allora necessario che ci siano pronunciamenti non solo
verbali, ma scritti. Per dire in maniera chiara che la Chiesa taglia i ponti
con la mafia”. Il gruppo voluto dal Papa sta lavorando non solo all’inserimento
della scomunica nei testi della Chiesa, ma anche ad alcune iniziative: “Nelle
carceri, nei vari contesti – spiega don Ciotti – c’è bisogno di una condanna
forte del fenomeno, ma anche di una nuova pastorale”.
Un lavoro che parte dalle parole di Papa Francesco che
già nel 2015 ribadiva l'appello alla conversione per i boss. "C'è già una
scomunica di fatto, che entra in vigore a prescindere dalla scomunica de
iure". Il presidente di Libera spiega che le parole pronunciate
dall'altare, soprattutto nelle regioni meridionali, hanno segnato una chiara
incompatibilità fra Vangelo e mafia. "Ma queste parole devono andare anche
oltre, il Papa vuole che raggiungano la Chiesa universale, che non ha queste
prese di posizione nella dottrina sociale o nel diritto canonico o nel
catechismo". Ecco che allora gli appelli diventeranno presto dei testi ben
precisi, per rilanciare l'impegno della Chiesa contro tutte le mafie del
mondo.
La Repubblica Palermo, 9 maggio 2021
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