lunedì, aprile 19, 2021

“L’Odissea di Ulisse nella cultura italiana” – Ulisse: un eroe da sempre amato in Italia?

Dalla mostra «Ulisse: L’arte e il mito». Musei San Domenico di Forlì, 2020

di  Brigitte Urbani
Da circa un trentennio Ulisse va di moda in Italia, come testimoniano ogni anno nuove pubblicazioni di tipo sia narrativo che saggistico.
Ultimamente sono uscite altre due traduzioni in italiano di opere che lo riguardano direttamente: l’Ulisse di Joyce e l’Odissea di Kazantzakis. E l’anno dantesco 2021, che commemora il settimo centenario della morte dell’Alighieri, non mancherà di portare in primo piano l’Ulisse di Dante. Un personaggio caro agli italiani, Ulisse, come dimostra la buona conoscenza che quasi tutti hanno dell’Iliade (più generalmente della guerra di Troia) e dell’Odissea, e l’identificazione spontanea dei giovani lettori con questo eroe antico eppure a loro tanto vicino. Ma un personaggio caro anche ai meno giovani, sicché Ulisse è diventato – forse per il tramite di Joyce – una metafora dell’uomo, con le sue qualità e i suoi vizi.
Un eroe notissimo agli italiani Ulisse? amato? popolare? Oggi sì, di sicuro. Ma non sempre fu così.

 L’infatuazione – o per lo meno l’interesse tutto positivo degli italiani per questo personaggio – è in realtà abbastanza recente, e risale soltanto alla fine dell’Ottocento. Fino a poco più di un secolo e mezzo fa, Ulisse in Italia fu invece una figura duplice, più fosca che luminosa, a cui pochissimi si sarebbero identificati, il perfido traditore che Dante precipita nel fuoco infernale e di cui elenca nel celeberrimo canto XXVI dell’Inferno le molteplici malefatte – solo l’interpretazione romantica, nata alla fine dell’Ottocento, in relazione con i festeggiamenti per il quarto centenario della scoperta dell’America, introdusse l’idea di una figura grandiosa, quella di un eroe della scienza e della conoscenza, conforto e sostegno dell’uomo in preda alle difficoltà. “Fatti non foste a viver come bruti”…

In quanto appassionata studiosa della letteratura italiana ho voluto, avvalendomi del rinnovato interesse per Odisseo, far partecipe il pubblico italiano (e italofono) del frutto di lunghi anni di ricerche universitarie “sulle orme di Ulisse” (secondo l’espressione coniata da Piero Boitani). Di questi studi marcati da momenti alterni di entusiasmo e di scoramento, ripropongo oggi ai lettori una sintesi che ho cercato di redigere in uno stile più narrativo che saggistico. Il risultato? Un “saggio narrativo”, L’Odissea di Ulisse nella cultura italiana, uscito a Firenze nel dicembre del 2020 per i tipi dell’editore Franco Cesati. Come viene indicato dal titolo si tratta dell’odissea di un personaggio che, a dir poco, non sempre fu apprezzato dagli italiani. Da qui il sottotitolo: Un insolito pellegrinaggio in sette tappe. Un percorso a volte faticoso dal mondo antico alle soglie del Duemila, in cui le tradizionali Sette Chiese hanno la forma di sette tappe. Importava mettere in rilievo le opere che in passato lo celebrarono, ma anche rivelare, tramite testi per lo più dimenticati, la forma di penitenza nella quale fu a lungo mantenuto, e soprattutto la fosca figura che di lui propose il teatro. Parallelamente era importante individuare le possibili ragioni dell’occultazione o del deprezzamento di cui per secoli fu vittima, ma anche – un lieto fine ci voleva – i motivi della sua meritata riabilitazione dalla fine dell’Ottocento in poi.

Un percorso che, sottolineando il ruolo essenziale che ebbe l’Italia nella storia della fortuna di Ulisse in Europa, fa viaggiare il lettore nel mondo della cultura in compagnia di molti scrittori o librettisti/musicisti del passato, sia maggiori (Dante, Petrarca, Boccaccio, Monteverdi, Foscolo…) che minori (innumerevoli), fino a quelli del Novecento e del presente secolo.
A parte la Grecia, quale altro paese può vantarsi come l’Italia di aver proposto tante opere basate sulla leggenda omerica o di aver esercitato (prima di Joyce) tanta influenza sulle varie forme e l’evoluzione del mito?

Questa la realtà: da oltre venti secoli, Ulisse è, in Italia, il più “presente” di tutti gli eroi greci, grazie a una leggenda che si diffuse con la creazione delle colonie greche in Italia. Ben presto i luoghi descritti nell’Odissea furono localizzati attorno all’Italia, e si delinearono due “scuole”: la scuola siciliana e la scuola mediterranea. Secondo la prima, l’intero viaggio di Ulisse si svolse intorno alla Sicilia, mentre la seconda situa la dimora d’Eolo nelle isole Lipari, la terra dei Ciclopi nella zona di Catania, il paese dei Lestrigoni a Ischia (o in Sicilia, o sulla costa campana…), l’isola di Circe nel Lazio (dove il Monte Circeo evoca ancora il nome della maga), la terra dei Cimmeri nella zona di Cuma, le isole delle Sirene vicino a Sorrento, Cariddi e Scilla nello stretto di Messina, l’isola del Sole in Sicilia e l’isola di Calipso a Gozo, vicino a Malta. Anche se, nel secolo XX, geografi e grecisti appassionati tentarono a loro volta di localizzare le tappe e fecero viaggiare Ulisse nella penisola iberica o in Irlanda, dalla fine dell’Antichità fino al secolo scorso sempre prevalsero le interpretazioni siciliane e mediterranee. In poche parole in nessun altro paese Ulisse è a casa sua come in Italia.

Inoltre l’Italia è il paese che più contribuì ad arricchire la leggenda di Ulisse. L’Italia è la patria di Guido delle Colonne, a cui si deve la diffusione in Europa della storia di Troia in vesti medioevali; è la patria di Dante, autore della più grande figura di Ulisse dopo Omero; è la patria di Boccaccio che permise all’Europa di leggere i capolavori omerici, muti da secoli; è la patria di Monteverdi che, con Il ritorno di Ulisse in patria, offrì la prima grande figura lirica del re itacese.
Ma l’Italia è anche la terra che maltrattò di più Ulisse. In nessun altro paese d’Europa egli è così spesso detestabile, furbo, machiavellico nel senso più negativo del termine. E se l’Italia presentò una dicotomia a priori inconciliabile tra l’Ulisse buono e l’Ulisse malvagio – eredità delle tragedie greche e latine che per lo più lo presentano sotto una luce funesta – lo deve a una somma di circostanze tipicamente italiane: nostalgia e orgoglio di un’atavica virtus romana, relazioni difficili con le colonie greche, presenza del Papa, influenza di un autore che fece scandalo, Machiavelli, il quale sebbene non citi mai il nome di Ulisse nel Principe ha pure involontariamente contribuito all’avvilimento della sua figura.

In poche parole: l’evoluzione di Ulisse e della sua leggenda passa necessariamente dall’Italia, ma in nessun altro paese fu oggetto di critiche così violente. Né nel teatro francese né in Europa, come hanno dimostrato le mie ricerche, ha dato luogo a rappresentazioni negative, addirittura demoniache, come invece in Italia.
Una storia romanzesca dunque quella dell’inedita odissea che sono felice di proporre ai lettori, invitandoli ad imbarcarsi in un viaggio nel tempo che li porterà dall’Antichità ai giorni nostri lungo un percorso che si può sintetizzare così.

La prima tappa distingue i vari segmenti della leggenda di Ulisse e precisa quali fra questi siano stati sviluppati nella cultura antica. Emergono già due aspetti antitetici della personalità di Ulisse: il paziente Ulisse omerico, l’esecrando Ulisse tragico.
Nella seconda tappa, dedicata al Medioevo, vengono evocati i racconti in versi e in prosa che trattano, per dirla con Dante, “dei Troiani, di Fiesole e di Roma” (Par. XV, 126), fra cui, fondamentale, la Storia destructionis Trojae del siciliano Guido delle Colonne. Ma soprattutto vengono analizzate la magistrale invenzione di Dante e le numerose interpretazioni che vennero fatte del famoso canto XXVI dell’Inferno dai commentatori contemporanei (fra cui il figlio Jacopo) sino agli studiosi di epoca più recente.
Dante non aveva letto Omero: in Europa la lingua greca antica non era più studiata da secoli. Perciò la terza tappa del percorso segna una svolta, quando viene riscoperto il testo dell’Odissea per merito di Boccaccio e Petrarca, i quali “scritturarono” uno studioso bisbetico e pittoresco, certo Leonzio Pilato, greco di Calabria, e lo aiutarono a tradurre Omero in latino: divertenti le tribolazioni del paziente Boccaccio e dell’impaziente Petrarca con quell’individuo strambo, il cui lavoro però contribuì allo sviluppo dell’umanesimo.

Nella quarta tappa, che si estende fino ai secoli XVI e XVII, Ulisse è presentato come una figura allegorica e filosofica, un esito felice perché mentre i tragici greci lo avevano denigrato in quanto fellone infido e mentre Dante lo aveva condannato all’inferno, l’interpretazione allegorica ne faceva un esempio tutto positivo, perfino una prefigurazione di Cristo; Giovambattista Gelli ne La Circe ne fece un maestro di filosofia e diversi pittori celebrarono in lui l’eccellenza del principe per cui lavoravano. Pausa felice prima della quinta lunga tappa che, dal XVI (Della Porta, Torelli…) ai primi del XIX (Foscolo), portò sulle scene teatrali un Ulisse tutt’altro che simpatico, erede delle fosche figure foggiate principalmente da Euripide e Seneca. E se il libretto del celebre melodramma di Monteverdi, Il ritorno di Ulisse in patria, ricalca abbastanza fedelmente l’originale omerico, le opere successive, nella scia dell’invenzione infelice di Giambattista Della Porta nella tragicommedia Penelope, ne fecero un vecchio marito geloso tanto imprevedibile e avventato quanto pericoloso. Rarissimi coloro che, come il giovane Pindemonte, ne diedero un ritratto lusinghiero.

Povera di figure nuove la sesta tappa – che ripercorre buona parte dell’Ottocento, un secolo in cui Ulisse scompare nel vortice di un Risorgimento poco interessato alle problematiche omeriche – è tuttavia un periodo fondamentale per alcuni fatti notevoli che contribuirono poi alla risurrezione positiva del personaggio.

Tant’è vero che, dal primo Novecento in poi, – settima e (provvisoriamente) ultima tappa del nostro percorso – ecco Ulisse di ritorno (è proprio il caso di dirlo!) – dopo non più dieci anni di erranze sui mari come quello omerico, ma quasi dieci secoli di avventurose peregrinazioni nella cultura del paese, l’Italia, che gli era più connaturato. Nel Novecento gli autori di teatro (Romagnoli, Ferrero, Savinio, Dallapiccola…) gli fecero calcare le scene senza vilipenderlo, i poeti (Pascoli, D’Annunzio, Saba, Quasimodo, Pavese…) si identificarono a lui, i narratori gli fecero, in proprio o per interposta persona, rivivere a modo loro le sue vicende (o ne inventarono altre), e infine Ulisse, sia quello di Omero che quello di Dante, diventò un punto di riferimento naturale, obbligato, evidente. Chi, fino all’Ottocento, lo avrebbe mai immaginato???

L’illustrazione di copertina del volume riproduce un’opera del pittore britannico John William Waterhouse, Ulisse e le Sirene (1891), proprietà della National Gallery di Melbourne. Avrei preferito la ben nota tela di Giorgio de Chirico, Il ritorno di Ulisse (1968, coll. privata), che rappresenta un Ulisse occupato a remare dentro una piccola imbarcazione: non sul temibile mare antico “colore del vino” ma nella propria camera, su un tappeto azzurro. In questo modo il pittore ottantenne, che molto spesso si era identificato a Ulisse, sintetizzava metaforicamente l’insieme della propria carriera. Per me invece la camera rappresentava l’Italia… Purtroppo, per via di difficoltà legate ai diritti d’autore non fu possibile portare il progetto a compimento. Ma non importa. L’illustrazione che mi fu proposta dai servizi editoriali sintetizza perfettamente l’idea che oggi in Italia si ha di Ulisse: un mitico eroe dantescamente assillato dalle Sirene della scienza, strenuamente volto a “seguir virtute e canoscenza”.

Peccato che il caro amico Michel Feuillet mi abbia trasmesso troppo tardi il collage che immaginò a partire dal famoso canto dantesco: un Ulisse che ascolta il canto delle Sirene. Che bell’illustrazione avrebbe avuto il mio libro! Esaminatelo bene, e ditemi se non è vero…

Brigitte Urbani

SCHEDA DEL LIBRO:
L’odissea di Ulisse nella cultura italiana
Un insolito pellegrinaggio in sette tappe
di Brigitte Urbani
Franco Cesati editore
€32.00 – pp. 314 – Uscito nel 2020
Dove acquistare questo libro: IBS  Amazon  Feltrinelli

Brigitte Urbani

Brigitte Urbani è professore emerito dell’Università di Aix-Marseille dove ha insegnato lingua e letteratura italiana. I suoi ambiti di ricerca sono la letteratura moderna e contemporanea, i legami tra letteratura e arte, le relazioni di viaggio e la riscrittura dei miti. Oltre a diversi articoli e contributi, in proprio ha pubblicato in Francia un volume sull’opera di Dario Fo e Franca Rame ('Jongleurs des temps modernes', PUP, Aix-en-Provence, 2013), un’edizione bilingue de 'La Circe' di Giovan Battista Gelli (Garnier, 2015), un’edizione bilingue de 'La Principessa filosofa' di Carlo Gozzi (Les Belles Lettres, 2017) e, in Italia, presso le Edizioni Lussografica, il 'Viaggio in Sicilia di Paul de Musset' (2013) e 'Louise Colet, Sicilia 1860' (2018).

 

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