A proposito della bagarre sui furbetti del vaccino a Corleone, mi permetto di fare alcune osservazioni, partendo dal caso specifico per andare oltre il campanile e arrivare a considerazioni generali. Mi scuso quindi in anticipo coi possibili lettori se le mie argomentazioni stancheranno chi è abituato alla sinteticità dei “cinguettii” o dei palleggi facebookiani, alle tifoserie dei pollici alzati o degli indici puntati.
Non credo che i fari dell’attenzione pubblica siano puntati su Corleone perché, nel bene e nel male, è un paese che fa “scruscio”. Corleone è parte dell’Italia, e su questo argomento i riflettori si sono accesi dal nord al sud. Non sentiamoci sempre “sotto osservazione” perché siamo corleonesi. E non mi sono mai piaciute le logiche da caccia alle streghe e neanche quelle da capro espiatorio, per cui, per quanto il sindaco Nicolosi sia stato bersagliato in virtù del suo ruolo, non credo che la faccenda possa considerarsi conclusa semplicemente con le sue dimissioni.
Le motivazioni da lui esposte (che fra le categorie “privilegiate” per il vaccino andrebbe considerata quella dei sindaci) mi trova IN PARTE concorde. Spiegherò in seguito perché “in parte”. Ma sono concorde, intanto, SE la questione viene posta prima e si è ottenuto, riguardo ad essa, un assenso riconosciuto per legge, non se il vaccino lo si fa “a umma a umma” e si pone la questione a posteriori…
Il presidente dell’Ars Miccichè ha scritto che chi attacca il sindaco Nicolosi per questa storia del vaccino è “gentaglia demagogica”. Credo che la questione non si possa liquidare con le sue arroganti parole di spregio. La gente, diciamocelo, usualmente tollera il ricorso a padrinaggi politici, a raccomandazioni ecc.), e il favoritismo è un male comune molto spesso neanche percepito come tale, e utilizzato a piene mani da moltissimi cittadini. Invece, di fronte a QUESTO “favoritismo”, la reazione è stata molto forte. Perché mai? Credo sia stata tale perché oggi “festeggiamo” 100.000 morti di covid in Italia in un anno, perché si sono viste crollare attività lavorative, ferme da mesi, si è vista vacillare la scuola, si muore ancora a centinaia ogni giorno… Non sono ragioni da “gentaglia demagogica”!
Micciché propone che siano vaccinati i 90 parlamentari regionali, senza la cui opera la Sicilia andrebbe allo sbaraglio. Due parole su questo: a mio parere le prediche hanno valore, oltre che per il loro contenuto oggettivo, anche se il pulpito da cui provengono ha credibilità. E sinceramente ho ancora vivido il ricordo di un paio d’anni fa circa la proposta del Miccichè di aumentare gli stipendi già d’oro dei parlamentari siciliani. Proposta tanto più incredibile in quanto fatta in anni di grave crisi economica, e contro cui padre Cosimo Scordato (da sempre uomo di trincea, a prescindere dal virus), si pronunciò nettamente, in una polemica che occupò le pagine dei giornali. Tralasciando altri particolari sul personaggio Miccichè, ho l’impressione che giusto lui abbia una visione che non va al di là delle strette prerogative della classe a cui appartiene. Tuttavia cercherò di valutare la sua proposta di vaccinazione di tutti i parlamentari nella sua oggettività, cercando di non farmi “fuorviare” dalla considerazione (molto bassa) che ho del personaggio.
Una comunità, per essere amministrata, ha bisogno degli amministratori, sicuramente. Ma è pur vero che somministrare vaccini a queste categorie “speciali” aprirebbe certamente il varco ad una ampia discrezionalità. Non ho affatto un atteggiamento di sfiducia totale nella politica, come spesso esprimono gli esponenti della cosiddetta anti-politica. Non ho però neanche gli occhi foderati di prosciutto e so bene, come tutti, che tanti esponenti di questa categoria troppo spesso intendono il loro compito come tornacontismo personale o “familiare”, e che spesso l’idea di “pubblico” si riduce al beneficiare i componenti della cerchia più o meno ristretta dei propri votanti o dei potenziali tali.
Ma in queste note voglio dare per assodato un aspetto che purtroppo assodato non è: che la classe dei politici corrisponda a un ideal-tipo (che esiste nelle elaborazioni dei teorici, non nella realtà) e che il loro fine esclusivo sia solo quello di avere a cuore il bene pubblico. Facciamo finta che, e procediamo nel ragionamento.
Non solo Corleone, ma anche la Sicilia, l’Italia, l’Europa, il mondo andrebbero in tilt se i parlamentari e gli amministratori, locali e del globo, si ammalassero. Certo. Ma sarebbe così solo se TUTTI si ammalassero e pesantemente e TUTTI IN CONTEMPORANEA!! Ossia ipotesi dell’irrealtà! La categoria dei politici (e, in essa, quella più ristretta degli amministratori e dei governanti) essendo composta da esseri umani, si ammala invece in percentuale del tutto simile a quella degli altri comuni mortali. Quindi non succederà (Miccichè non me ne voglia) che l’amministrazione della cosa pubblica si potrebbe bloccare per la malattia, grave e simultanea, dei governanti. Come non si é bloccata la sanità nonostante le perdite subìte dalle categorie del settore. Come non si sono paralizzati i trasporti, il rifornimento di generi alimentari, di medicinali…
Trovo inoltre che il discorso, pur comprensibile, del considerare la classe politica come categoria da includere in corsia preferenziale per il vaccino porterebbe facilmente ad allargare i cerchi concentrici fino ad abbracciare una nebulosa di possibili vaccinandi difficile da controllare con criteri oggettivi. Ammettiamo che per legge si consentisse agli amministratori (che, abbiamo dato per assunto, supponiamo tutti impegnati uniformemente per il bene pubblico) di avere accesso preferenziale al vaccino. Certamente questo dovrebbe allora essere somministrato anche ai loro collaboratori, ai segretari, agli staff che li coadiuvano e, comprendiamo bene, questo ci porterebbe mooooolto lontano…
Ogni categoria percepisce (anche a ragione!) la propria salvaguardia come essenziale alla vita del Paese.
Per esempio, a caso, potremmo suggerire d’includere in corsia preferenziale i gestori e i commessi di negozi di generi alimentari, che abbiamo incontrato faccia a faccia ogni giorno pure durante il lockdown più nero. O gli industriali del nord perché producono più Pil (come propone la Moratti). O quelli, essenziali, delle pompe funebri… Lo dico veramente, senza ironia. O potrebbero essere considerati come vaccinandi preferenziali, chiamiamoli così, tutti i volontari che si spendono, e gratuitamente, per gli altri. Io per esempio ho un marito di 73 anni, notissimo a Palermo per occuparsi indefessamente di varie cause sociali. In tempi di strenuo lockdown, quello vero, nelle settimane spettrali in cui non c’era letteralmente nessuno per strada, lui e pochi altri erano in circolazione più di quanto non lo fossero usualmente, per scaricare camion di viveri, distribuirli nelle case, aiutare i senza casa ecc. Circolavano, infatti, con un lasciapassare dell’assessorato alle attività sociali che riconosceva il ruolo essenziale da essi svolto. Ma mio marito, “giustamente”, non si è ancora vaccinato. Credo che, come lui, chi VERAMENTE incontra ogni giorno faccia a faccia moltissime persone in stato di bisogno, lo avrebbe meritato. Eppure sono la prima a sostenere che se si aprissero le maglie del mondo del volontariato, in esso potrebbero confluire tali cataste di persone le cui reali attività sarebbero difficilmente verificabili, lasciando TROOOOPPO spazio alla discrezionalità. Torme di persone, molto impegnate o niente affatto, potrebbero spacciarsi per volontari o per disponibili al volontariato. E questa pur giusta motivazione, di vaccinare i volontari, finirebbe col dar luogo ad una enorme discrezionalità, e quindi ad ingiustizie.
Altra considerazione: perché contemplare in corsia preferenziale le categorie socialmente “utili” all’aumento del Pil o alla gestione della cosa pubblica? Uno Stato di diritto e attento agli “ultimi”, non potrebbe invece immettere in corsia preferenziale chi è costretto per povertà a vivere per strada o in luoghi affollatissimi quali sono i dormitori pubblici o le carceri?
Sono solo esempi fra una miriade di altri possibili per dire che il procedere per categorie (“essenziali” come quella degli amministratori e dei governanti, utili, meno utili, degli assistenti, degli assistiti, di chi produce ricchezza, di chi vende viveri o distribuisce gratuitamente quelli elargiti dallo Stato, ecc.) rappresenta comunque una marea di ragioni condivisibili. Che, personalmente, non mi inducono a ritenere quella degli amministratori come LA categoria da salvaguardare in primis, in tempi in cui il vaccino è ancora una merce ambita, in cui la domanda supera l’offerta. Dovendo quindi privilegiare qualcuno, personalmente NON privilegerei affatto la categoria (pur assolutamente necessaria) di chi amministra.
Credo si farebbe un passo avanti se si consentisse ai medici di famiglia di somministrare i vaccini secondo i loro criteri di valutazione. Un medico di famiglia ha a cuore i suoi pazienti, ne conosce le difficoltà, le singole situazioni, la gravità o meno di una loro malattia, e saprebbe ben valutare a chi dare la precedenza, illuminato da ragioni scientifiche e anche umane, più e meglio di un algoritmo asettico che non può valutare le ragioni della singola persona.
Nel frattempo, bene ha fatto, a mio giudizio, il presidente della Repubblica, a vaccinarsi solo quando gli é toccato per età.
Maria Di Carlo
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