Igor Scalisi Palminteri accanto al murale di Eleonora D’Aragona |
Antonella Filippi
Palermo - I capelli raccolti in una cuffia, alla moda del tempo, non fanno che risaltare l’ovale perfetto del viso e la raffinatezza dei lineamenti. Le palpebre socchiuse suggeriscono uno sguardo distaccato sul mondo mentre le sottili labbra appena dischiuse in un sorriso sembrano anticipare l’enigma della Gioconda vinciana. L’avete riconosciuta di sicuro: lei è Eleonora d’Aragona, o meglio quello che le mani e lo scalpello di Francesco Laurana hanno modellato sul marmo, ricavandone il busto conservato alla Galleria regionale di Palazzo Abatellis a Palermo.
Laurana realizzò diverse sculture che rimandano alla figura della nobildonna o che nacquero dalla stessa modella: un «Busto di principessa» è conservato al Museo del Louvre, un altro è al Museo Jacquemart-André, sempre a Parigi. Anche la storia ci propone più d’una Eleonora d’Aragona ma quella dell’Abatellis dovrebbe raffigurare la nipote del re di Sicilia, Federico III d’Aragona, e moglie di Guglielmo Peralta, signore di Sciacca, signora molto potente di Caltabellotta, Giuliana, Contessa e Calatamauro. Quello dell’artista dalmata è un omaggio postumo, datato 1468, mentre Eleonora, donna longeva per i tempi, morì a quasi 60 anni, nel 1405, tra Giuliana e Caltabellotta. Della sua tomba si persero le tracce - un’ipotesi suggestiva del 2004 la vuole sepolta con il figlio Nicola nella cripta sotto l’altare maggiore della chiesa di Santa Maria dell’Itria di Sciacca - ma il cenotafio, il monumento funebre privo delle spoglie, fu eretto nell’amato monastero di Santa Maria del Bosco di Calatamauro, a pochi chilometri da Contessa Entellina, borgo arbëreshë a 80 km da Palermo.
«Agli inizi del Novecento, l’archeologo Antonino Salinas, visto l’estremo degrado in cui si trovava il monastero, decise di trasferire il busto al neonato Museo Nazionale a Palermo, e da lì, passò poi all’Abatellis», spiega Evelina De Castro, direttrice della Galleria. Ma Contessa ha deciso di rendere omaggio a Eleonora, commissionando all’urban artist Igor Scalisi Palminteri un grande murale, inaugurato ieri, che si ispira al busto del Laurana, ed è parte di un progetto del Comune, «Mecenati di noi stessi». «Mi affascina - spiega Scalisi Palminteri - il confronto con una scultura: la vera sfida è trovare un modo per riprodurne la profondità. Non sto interpretando, le linee sinuose e ieratiche già bastano: è come se stessi facendo la cover di una canzone. Tutto mi ha portato ad amare Eleonora, a volerla rendere viva».
A poca distanza dal murale su Eleonora d’Aragona sarà realizzato un secondo affresco urbano con lo stemma del Comune: la nera aquila bicipite e coronata, simbolo d’Albania, che tiene tra le zampe un nastro con il nome di Contessa Entellina.
Guai a sottovalutare le preziosità che il passato ha regalato a Contessa Entellina: oltre al busto del Laurana e alla terracotta «La Madonna del Bosco», attribuita ad Andrea della Robbia, oggi custodita al Museo diocesano di Monreale, nelle scorse settimane nell’immenso refettorio dell’abbazia di Calatamauro è venuta alla luce, sotto l’intonaco, la cornice dell’affresco seicentesco che raffigura la moltiplicazione dei pani e dei pesci. Da qui a puntare sul turismo il passo è, giustamente, obbligato. Tanto che a Contessa hanno deciso una collaborazione con «Le Vie dei Tesori», aggiungendosi al network dei borghi siciliani che – sotto l’ombrello della manifestazione - fanno sistema per portare avanti politiche di rigenerazione. «Contribuiremo a costruire e a valorizzare ogni itinerario tutto l’anno», spiega Laura Anello, presidente delle Vie dei Tesori. «La figura di Eleonora d’Aragona è solo il primo spunto per partire alla scoperta di un territorio che nasconde molto altro», dice il sindaco Leonardo Spera. «Vogliamo riacquistare la nostra storia attraverso l’arte», sono le parole dell’assessore alla Cultura Carolina Lala, mentre l’assessore alla Comunicazione e al Marketing territoriale Ciro Benanti sottolinea che «le tradizioni arcaiche, i riti dell’antica Entella, i resti del castello fortificato, la lingua e la cultura arbëreshë, i presidi enogastronomici dei monti Sicani sono tutti tesori di un territorio poco frequentato che potrebbe aprirsi al turista curioso».
Giornale di Sicilia, 21 marzo 2021
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