La mappa dei siti per le scorie nucleari in Sicilia
di CLAUDIO REALE
Anche 4 zone dell’Isola nella mappa nazionale dei
possibili siti di stoccaggio delle scorie radioattive Politica e comunità in
trincea, ma Legambiente plaude:" Si risolve un grande problema di
sicurezza"
Alla fine la voce fuori dal coro è quella di
Legambiente. Che, mentre tutti i partiti si ribellano contro quello che
giudicano un fantasma nucleare, è l’unica ad aprire le porte. Una
contraddizione? No, perché la candidatura di quattro località siciliane –
Trapani, Calatafimi- Segesta, Butera e una porzione delle Madonie a cavallo fra
Castellana Sicula e Petralia Sottana – fra le 67 che potrebbero ospitare il Deposito
nazionale dei rifiuti radioattivi, viene benedetta dagli ambientalisti che in
questa idea vedono l’occasione di mettere in sicurezza le scorie nucleari da
tempo sparpagliate per tutta Italia, e promossa dagli osservatori economici,
che scorgono nel piano una chance per la crescita economica. Una considerazione
su tutte: in Francia questo deposito è ospitato dalla regione dello Champagne,
la porzione a nord- est del Paese transalpino che del rapporto con la natura,
che lì produce la bollicina per eccellenza, ha fatto il proprio brand.
Come un sigillo
Il deposito è una struttura sigillata per più di 3 secoli: dopo 300 anni,
infatti, secondo Sogin, la società che si occupa dello smantellamento delle
centrali nucleari, le scorie decadono « a livelli tali da risultare
trascurabili per la salute dell’uomo e l’ambiente » . A ospitarlo sarebbe
un’area di 150 ettari: e se 40 sono destinati a un parco tecnologico, 110 sono
riservati al deposito vero e proprio, una struttura a matrioska pensata per
evitare contaminazioni. L’impianto è composto da 90 costruzioni in calcestruzzo
armato, all’interno delle quali verranno collocati i moduli in calcestruzzo
speciale, che racchiuderanno a loro volta i contenitori metallici con
all’interno 78 mila metri cubi di rifiuti a bassa e media attività. Si
tratta dei residui delle centrali smantellate in Italia dopo il referendum del
1987 e i rifiuti prodotti dalla medicina nucleare ( che li usa ad esempio per
la cobaltoterapia o per i traccianti anti- tumorali): sui primi, però, c’è un
dibattito, perché ad esempio il presidente nazionale di Legambiente, Stefano
Ciofani, chiede che il deposito ospiti solo i residui medici e non il materiale
di scarto della produzione di energia, suggerendo invece per questo un sito di
smaltimento europeo da far ospitare a un Paese ancora attivo nel nucleare
civile come ad esempio la Francia.
E ti vengo a cercare
Proprio la Francia è indicata come un modello dagli estimatori del
deposito: nello Champagne, infatti, l’impianto di stoccoggio ha provocato ricadute
economiche enormi nei dintorni per l’indotto generato da un apparato
tecnologico di altissimo livello. In Italia i ministeri dello Sviluppo
economico e dell’ambiente, che hanno dato il via libera preliminare alla short
list da cui dovrà essere scelto il sito che ospiterà il deposito, stimano in
4.200 i posti di lavoro per i 4 anni previsti per la costruzione ( duemila nel
cantiere, 1.200 indiretti e mille nell’indotto), in 900 milioni di euro
l’investimento e in 700 gli occupati stabili. A questo si aggiunge una politica
di compensazioni che però è ancora da definire: un contributo economico – che
dovrà essere calcolato dal ministero dello Sviluppo economico – che secondo
Sogin verrà corrisposto « non solo come indennizzo per la porzione di territorio
che sarà occupata per un lungo periodo, ma anche per riconoscere una forma di
valore aggiunto alle comunità che accettano di partecipare alla realizzazione
di un servizio essenziale per lo sviluppo del Paese » . L’ipotesi al momento
allo studio è una compensazione di 15 milioni all’anno durante l’esercizio e
più ridotta durante la costruzione.
Voglio vederti danzare
Il problema, però, è che dei quattro luoghi indicati in Sicilia tre sono ad
alta sismicità: « L’unico luogo realmente idoneo – osserva Beppe Amato
dell’ufficio di presidenza di Legambiente – è Butera, che ha in zona di
sismicità 3, dunque bassa e con scuotimenti modesti. Gli altri tre siti sono
invece a sismicità 2, media e con terremoti anche abbastanza forti » . Tutto
tranquillo, dunque, nella località in provincia di Caltanissetta? No: « In
realtà – annota Amato, che pure è favorevole – al momento del terremoto il
Belice era considerato a bassa sismicità » . Nella mappa – elaborata sulla
base di 28 criteri e pubblicata ieri dopo un’attesa durata cinque anni –
tutti e quattro i siti siciliani, comunque, sono collocati in una fascia di più
bassa priorità per la penalizzazione di trovarsi in una regione insulare.
Giù dalla torre
Comunque sia, il progetto riceve già un fiume di " no" dalla
Sicilia. Non le prime obiezioni, a dire il vero: la mappa è attesa dal 2015, e
da allora gli inciampi sono stati frequenti, appunto spingendo i governi che si
sono susseguiti a rinviarla. In estate la realizzazione del deposito era stata
agganciata al Recovery plan, che vincolerebbe l’Italia a costruirlo: adesso
nella bozza in discussione in Consiglio dei ministri non c’è alcun riferimento
al deposito, ma in compenso lo Stato è costretto ad agire per la procedura
d’infrazione che l’Unione europea ha aperto nel frattempo. La politica ha già
aperto il fuoco di sbarramento: a dirsi contrari sono in un coro univoco Erasmo
Palazzotto di Leu e Alessandro Aricò di Diventerà Bellissima, i Centopassi di
Claudio Fava e Alberto Samonà della Lega ( oltre allo stesso Matteo Salvini), i
grillini all’Ars ( che accusano il governo Musumeci) e l’assessore regionale al
Territorio Toto Cordaro (che invece se la prende col governo Conte per una «
decisione calata dall’alto » ), ma soprattutto i sindaci dei comuni
interessati. La procedura, però, è molto lunga: adesso ci saranno sessanta
giorni per presentare obiezioni, ma secondo il cronoprogramma stilato dal
ministero dell’Ambiente potrebbero servire anche 5 anni per arrivare alla
realizzazione. Per le polemiche, insomma, c’è tempo. Per un progetto appena
nato e già nel mirino.
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