di ROBERTA FUSCHI
Si scrive “perdita di risorse economiche” e si legge schiaffo ai “processi di democrazia partecipata”. E’ quanto accadrà ai comuni siciliani che entro il 2019 non hanno speso almeno il 2% del trasferimento di parte corrente ricevuto dalla Regione per realizzare progetti ideati dalla comunità di riferimento. Spulciando i dati, elaborati dall’ufficio studi CentoPassi per la Sicilia, relativi alle somme erogate nel 2018, da spendere entro l’anno seguente, i comuni (soprattutto quelli più popolosi) non sembrano brillare. Anzi.
La legge e le varie modifiche
Ma andiamo con ordine. Le somme non spese destinate alla partecipazione dei cittadini saranno revocate come previsto dalla legge regionale numero 9 del 2015 che è intervenuta sulla numero cinque del 2014 (quella istitutiva, voluta dalla deputata pentastellata Gianina Ciancio) imponendo anche delle sanzioni per i comuni inadempienti. La legge ha conosciuto un’altra modifica, introdotta, su proposta del deputato regionale Claudio Fava, con la legge regionale numero 9 del 2020 che prevede che le somme non spese vadano invece ripartite in maniera proporzionale tra i comuni virtuosi che hanno impegnato correttamente i finanziamenti.
Comuni più popolosi:
le opportunità sprecate
Restando alle cifre legate al 2018, dunque da restituire, alcuni dati
saltano all’occhio. Uno su tutti: le maggiori città siciliane (Palermo, Messina
e Catania) dovranno restituire in toto le somme ricevute. Cifre, vale la pena
di specificare, sicuramente non da capogiro ma comunque simbolicamente
importanti in termini di strumenti di partecipazione della cittadinanza. La
città di Palermo si vedrà sottrarre 288.835 euro. Il capoluogo siciliano così
per il terzo anno consecutivo si ritroverà a perdere i finanziamenti. Catania
dovrà restituire più di 150.000 euro e Messina un contributi di oltre 108.000
euro. Siracusa non è da meno: la città di Archimede non ha speso nemmeno un
centesimo dei 37453 euro previsti.
Le cifre
Un primato negativo in termini regionali lo ottiene la provincia di Ragusa:
la meno virtuosa in termini di spesa. Deludono le performance dei centri più
popolosi. “Prendendo in esame i 55 centri più popolosi della regione. Appena 19
sono i comuni virtuosi (ovvero il 34,55%) mentre ben 20 comuni (il 36,36%)
dovranno restituire alla regione integralmente le somme”, si legge nel report.
E non solo. “Nell’anno 2019 ben 127 comuni sui 390 (il 32,56%) della regione
hanno speso zero – riporta il documento – e, pertanto, saranno chiamati alla
restituzione totale delle somme. Altri 36 enti (il 9,23%) hanno spento solo
parzialmente le cifre spettanti. Solo 185 comuni (pari al 47,43%) hanno
impegnato correttamente le somme ricevute”. Numeri alla mano, un importante
strumento di partecipazione diventa un’arma spuntata nelle mani di molte
amministrazioni locali. A fare da contraltare però ci sono i risultati di
svariati comuni di ridotte dimensioni e soprattutto quelli non tenuti per legge
per via di particolari condizioni finanziarie ad impegnare le somme, ad esempio
Alcamo Bagheria e Lentini che hanno comunque “deliberato somme per i progetti
di democrazia partecipata”.
Fava: “Amministrazioni
doppiamente colpevoli”
“Quando le risorse ci
sono e le amministrazioni non sono capaci di utilizzarle la politica, tutta, è
doppiamente colpevole. Oltre il 46% dei fondi destinati ai comuni per la
democrazia partecipata non è stato impegnato, più di un terzo delle
amministrazioni non ha saputo spendere un centesimo e meno della metà hanno
correttamente impegnato le somme disponibili”, spiega Claudio Fava. Poi
rincara la dose. “Un dato più basso di quello, già pessimo, registrato l’anno
scorso. E nei comuni più grandi va anche peggio. Un doppio intollerabile
spreco, di risorse – in un momento in cui ogni centesimo disponibile andrebbe
adeguatamente utilizzato- e di opportunità di partecipazione alle scelte
amministrative”. E aggiunge. “Ci auguriamo almeno che i 2 milioni di euro non
spesi nel 2019 vengano riassegnati ai comuni che hanno saputo impegnare
correttamente le risorse”.
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