Germania, la pizzeria con la foto di Falcone e Borsellino insieme a quella del padrino |
ANTONIO MARIA MIRA
Può 'sbiadire', può 'svanire' la memoria di Falcone e Borsellino? Possono 'sbiadire' e 'svanire' le loro drammatiche morti? Possono diventare un’eco insignificante quelle due devastanti esplosioni? Può perdere senso il loro preziosissimo, e vincente, impegno contro le mafie? Evidentemente no. Eppure questo ha sentenziato il Tribunale di Francoforte sul Meno, respingendo il ricorso di Maria Falcone, sorella del magistrato, teso a inibire l’uso dei nomi a un ristoratore tedesco che li aveva scelti per la sua pizzeria. Nomi che nel locale, con gusto raccapricciante, sono circondati da fori di proiettile.
All’interno anche la
celebre foto di Tony Gentile che ritrae insieme i due giudici sorridenti e
accanto l’immagine di don Vito Corleone personaggio interpretato da Marlon
Brando nel famoso film Il Padrino. Altra scelta di pessimo gusto.
Poi ancora tanti fori di
proiettili e nel menù, ovviamente, la 'Pizza Falcone' e la 'Pizza Borsellino',
con ingredienti molto discutibili. E ancor più discutibili, inaccettabili, le
motivazioni dei giudici tedeschi secondo i quali «a causa del passare del tempo
e dello sbiadimento della memoria del defunto, la protezione non può più essere
garantita» anche perché, aggiungono, «il giudice ha operato principalmente in
Italia e in Germania è noto solo a una cerchia ristretta di addetti ai lavori e
non alla gente comune che frequenta la pizzeria».
Come dire «la mafia è
solo storia italiana». Affermazione molto pericolosa. Le mafie non sono solo un
problema, un dramma, un 'affare' italiano. Proprio la Germania si risvegliò
drammaticamente da questa illusione (o autoassoluzione) il 15 agosto 2007, con
le 6 vittime della strage di Duisburg. Strage di ’ndrangheta, la stessa
’ndrangheta che ha scelto per i suoi carichi di cocaina anche il porto di
Amburgo, contando ovviamente su complicità locali. Poi, il Tribunale di
Francoforte fa un’altra affermazione inaccettabile ma anche, purtroppo, vera.
«Giovanni Falcone è
morto nel 1992, quindi sono passati circa 28 anni. Trenta anni fa, il tema
lotta alla mafia era sotto gli occhi di tutti. Oggi non è più così per la
collettività». La lotta alla mafia è passata di moda? Non è più al centro
dell’attenzione? È triste e amaro doverlo ammettere, ma c’è del vero. Anche in
Italia. E non da oggi. Tutti ricordano un ministro che affermò che con 'le
mafie si deve convivere'. Ma senza arrivare al dover convivere, è la memoria
che sembra vacillare. Il tema mafie, ripete spesso il procuratore nazionale
antimafia, Federico Cafiero de Raho, «è uscito dall’agenda della politica».
Ma senza memoria, senza
la memoria di chi lottando contro le mafie ha dato la vita, senza la memoria
delle più di mille vittime innocenti che ogni 21 marzo Libera ricorda nella
'Giornata della memoria e dell’impegno', la lotta alle mafie sarà fatta solo di
rituali parole e non di concreto impegno. Oggi più che mai. Oggi che, come da
mesi avvertono magistrati e forze dell’ordine, le mafie si stanno già muovendo
per approfittare della pandemia, quella sanitaria e quella sociale. Come
abbiamo più volte scritto su queste pagine, il rischio usura è una realtà, che
si rafforza con la crisi di tante imprese e famiglie, e si foraggia coi soldi
'pronta cassa' dei clan. «Per colpire le mafie bisogna seguire i soldi», diceva
Falcone, non più di moda per quei giudici tedeschi, ma attualissimo. Soldi che
vogliono dire anche crescita del consenso delle mafie. Lo ha scritto con
precisione papa Francesco nell’Enciclica Fratelli tutti. Le
mafie «si impongono presentandosi come 'protettrici' dei dimenticati, spesso
mediante vari tipi di aiuto, mentre perseguono i loro interessi criminali. C’è
una pedagogia tipicamente mafiosa che, con un falso spirito comunitario, crea
legami di dipendenza e di subordinazione dai quali è molto difficile
liberarsi».
L o
scrive oggi, il Papa, non 30 anni fa, capendo e spiegando la
drammatica attualità delle mafie. Quelle mafie che
stanno offrendo proprio in questi mesi il loro 'welfare', pseudo-generosità
interessata che prima o poi chiede qualcosa in cambio.
Hanno 'soccorso' imprenditori senza lavoro e senza credito,
primo passo per 'mangiarsi' le loro imprese. E già mettono in
moto le collusioni con settori della politica e
dell’amministrazione per accaparrarsi i fondi della
ricostruzione. Lo hanno fatto sempre e lo faranno ancora. È il
loro 'sporco' mestiere, anche se in giacca e cravatta, più col
computer che con la lupara. In Italia come all’estero, come sta
emergendo da una delicatissima inchiesta su 36 miliardi della
’ndrangheta investiti
in mezza Europa. Tutta
storia di oggi.
Per questo possiamo fare
tutto meno che dimenticare, sbiadire i ricordi, far svanire il senso di quei
due volti sorridenti e assassinati. E magari una pizza, in Italia e altrove,
andiamola a mangiare da qualche ristoratore che ha detto no alle mafie e ha
denunciato. E facciamoci raccontare da lui quanto la lotta alle mafie sia
storia di oggi, da costruire giorno per giorno coi mattoni della memoria e
dell’impegno.
Antonio Maria Mira
Avvenire, 5 dicembre 2020
Nessun commento:
Posta un commento