Roberto Tagliavia (al centro), Pippo Vetrano (a sx), Dino Paternostro e Pietro Ragusa (a dx) |
ROBERTO TAGLIAVIA
C’eravamo
rincontrati di recente per riprendere le fila di un discorso di tanti anni fa
sullo sviluppo della zona del corleonese.
Tanti anni
fa, appunto, a metà degli anni ’70, quando il Partito (il PCI) mi aveva mandato
a Corleone come responsabile di zona. Tra i giovani che si lasciarono
coinvolgere dall’idea di imprimere una svolta in un territorio ancora fermo al
mulo e alla zappa, ma in procinto di venire travolto dalla modernità del
trattore e del cemento armato (ma senza sviluppo), incrociai lo sguardo serio
di Pippo Vetrano.
Nelle
riunioni si teneva sullo sfondo, i suoi interventi erano pacati e riflessivi.
Mi colpì la sua concretezza. Tra la polemica politica più o meno astratta di
alcuni e la efficacia pretesa da lavoratori e disoccupati, lui teneva d’occhio
la praticabilità delle proposte di sviluppo. Sapeva saldare il sogno con le
urgenze, ed era molto aggiornato: guardava alle potenzialità delle moderne
tecnologie e alle nuove pratiche di gestione di cui s’iniziava a parlare negli
anni ’80.
Era
esattamente questo il cuore di un tentativo di nuova politica che avevo messo
al centro del mio lavoro: innovare e promuovere sviluppo. Ma le cose nella vita
non sempre vanno come desiderato e quel sogno si scontrò con una realtà brutale
che è riassumibile nel terribile dato dei mille morti ammazzati di Palermo e
nella lunga teoria di stragi che ha segnato la nostra vita. Il clima politico
ne fu devastato. Ripensandoci e leggendo ben più informate note, scritte da
amici e suoi compaesani, mi sono reso conto di quanto lunga fosse stata la discontinuità
e quanto rapsodico il nostro rapporto nel tempo, quanta parte della sua vita mi
fosse perciò rimasta sconosciuta; ma il filo non si era spezzato.
Così quello
sguardo, pacato e tenace, non aveva mancato di rincuorarmi nelle rare occasioni
d’incontro. Lo ritrovai promotore della presentazione a Bisacquino del libro
“Rosalia da Palermo” interessato ai percorsi descritti intorno all’eremo della
Quisquina su cui pensava di costruire una proposta integrata di accoglienza e
sviluppo turistico. Scoprii così la rete di relazioni da lui costruita con
produttori e piccoli imprenditori della zona dei Sicani che di quel racconto
avrebbero potuto farne elemento di promozione e conoscenza. Lo ritrovai anni
dopo, quando veniva al gruppo parlamentare del PD per promuovere il parco dei
Sicani o per superare le difficoltà nella gestione del GAL. Il tratto era
sempre quello: col sogno negli occhi e i piedi per terra, per aiutare e
spingere i giovani a cogliere le opportunità del territorio con le tecniche di
gestione moderne e i finanziamenti disponibili.
Per quanto
episodico, il legame con Pippo ha avuto la magia di una grande amicizia: era
come se le distanze di tempo e di luogo non esistessero, cementata da una
condivisione profonda di impegno civile e politico.
Resta per me
uno degli esempi concreti di quei corleonesi nuovi, di quei siciliani che non
smettono di pensarsi come cittadini europei, promotori di sviluppo economico
ambientale e culturale. Non lo dimenticheremo.
Roberto Tagliavia
Nessun commento:
Posta un commento