di CORRADO AUGIAS
Augias restituisce la Legion d’onore, l’incontro con l’ambasciatore
Ieri mattina, come annunciato, mi sono recato a palazzo Farnese - la più bella sede diplomatica del mondo - per restituire le insegne della Legion d’onore. Pensavo di consegnarle in segreteria, invece l’ambasciatore Christian Masset, con un cortese gesto inaspettato, mi ha chiesto di raggiungerlo nel suo studio. Colloquio cordiale, molto "diplomatico". L’ambasciatore ha esordito ribadendo che mai la Francia abbandonerà il rispetto dei diritti umani, punto che non può essere messo in discussione. In effetti, la "Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino", nata nell’anno stesso della Rivoluzione, è la luce che ha illuminato il nostro continente. Per andare al pratico, ho però ricordato all’ambasciatore che quando il dittatore libico Muhammar Gheddafi nel 2009 venne in visita in Italia, fu ricevuto al Quirinale per una colazione ma non ricevette alcuna decorazione da parte della Repubblica.
La concessione di una decorazione è consuetudine in occasione di una
"visita di Stato"; un esperto diplomatico italiano mi ha suggerito
però che basta definire la visita non "di Stato" ma, per esempio
"Ufficiale" e la consuetudine sic et simpliciter può essere fatta
cadere. Chiaro dunque che l’intenzione di concedere al presidente Al-Sisi la
più alta decorazione francese era ferma - anche se - dettaglio rivelatore -
sono stati soprattutto gli egiziani a divulgare la notizia. Nella sera di
domenica, l’ambasciatore Masset aveva diffuso un tweet chiuso da queste
parole: «Più casi sono stati discussi durante la visita del presidente Al-Sisi
a Parigi, nel modo più adeguato per più efficacia». La frase suonava reticente
ma anche promettente.
Ho chiesto al signor Masset se la si potesse leggere diciamo così in
trasparenza. L’ambasciatore si è limitato a ripetere appena parafrasandole le
sue parole. Domanda più precisa: ritiene nei prossimi giorni ne potremmo
vedere un qualche effetto. L’ambasciatore ha sorriso come se volesse dire
speriamo, o forse solo: chissà.
Chistian Masset, assiduo lettore di Repubblica , come ha tenuto a
dirmi, è un diplomatico esperto. Basta pensare che prima d’essere destinato a Roma
è stato segretario generale del Quai d’Orsay, il ministero degli Esteri
francese. Rappresenta la Francia dal settembre 2017, ha saputo affrontare crisi
molto serie tra i due Paesi, compresa quella provocata dal comportamento di
alcuni esponenti dei 5Stelle sia per i loro improvvidi contatti con il caotico
movimento eversivo dei Gilet gialli, più ancora, nel febbraio del 2019, per
alcune affermazioni che a Parigi vennero giudicate oltraggiose.
Erano state avanzate, durante un popolare talk televisivo, da un acceso
esponente di quel movimento che aveva collegato il massiccio fenomeno
migratorio dalle coste nordafricane all’esistenza del franco detto Fca, moneta
in uso in alcuni Paesi di quel continente, esempio a suo dire - di
"neocolonialismo", dunque concausa dell’emigrazione verso l’Europa.
«La Francia, aggiunse l’esponente politico dei 5Stelle, gestisce la sovranità
di questi paesi impedendo la loro legittima indipendenza».
Le affermazioni vennero smentite prontamente, ridotte a «una storiella
distorta che punta a ingannare chi non è informato sul tema».
Contemporaneamente però l’ambasciatore Masset veniva richiamato a Parigi per
consultazioni, aprendo una crisi diplomatica senza precedenti nel dopoguerra.
Nello scambio di comunicati di quei giorni ce ne fu uno che diceva tra l’altro:
«La Francia chiede all’Italia di agire per ritrovare la relazione di amicizia e
di rispetto reciproco all’altezza della nostra Storia e del nostro
comune destino». Parole storicamente vere, molto adatte anche ai
fatti di cui oggi discutiamo: alla nostra storia e al comune destino forse
bisognerebbe pensare anche quando si rende onore immeritato ad un uomo
oggettivamente complice di comportamenti criminali.
La Repubblica, 15 dicembre 2020
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