L'incredibile lettera del dirigente scolastico di Ancona |
GIOVANNI PERRINO
Gentile Direttore, Ho scelto di far passare alcune settimane dal triste episodio delle lapidi fasciste restaurate e promosse a monumento-testimonianza di valori. Tanto si è scritto da Associazioni e cittadini e, come ANPI Ugo Roncada, mi sono limitato ad una non formale partecipazione. Poi, spento il rumore e lo scalpore suscitato, sono tornato a riflettere sull’episodio partendo da un ricordo personale che vorrei presentare come segno di solidarietà a tanti Dirigenti scolastici e insegnanti che in questi giorni affrontano problemi nuovi e immensi come la difficile scelta fra lezioni in presenza e una DAD che tutti riconosciamo suppletiva ma non sostitutiva dei bisogni formativi dei nostri giovani.
Ancora
oggi i problemi sono aggravati da attenzioni inopportune da parte di chi, come
il Direttore dell’USR Marche, usa il suo tempo per ricordare (v. lettera
allegata), con frasi discutibili per
vacua e ambigua retorica, il valore del 4 Novembre al punto da suscitare
sorpresa e indignazione nelle scuole e un intervento della Ministra Azzolina.
In
pensione, sono lontano dalla scuola ma, come accade ai medici anziani
desiderosi di tornare in corsia per sopperire all’emergenza, ogni giorno penso
a quanti nella scuola lavorano e soffrono una quotidianità che, simile alle
corsie, cambia in modo doloroso e, purtroppo, a volte rovinoso.
L’episodio che desidero ricordare è legato alla mia maturazione professionale e affiora a seguito di quanto accade nel mantovano e non solo. Circa alla metà degli anni settanta, vinto il concorso nazionale per passare di ruolo (italiano e latino) mi fu assegnata la cattedra all’Istituto per Geometri Filippo Juvara di Palermo. Il Preside era il prof. Giuseppe Passarello, italianista di fama, nipote di Quasimodo per parte di madre e autore di saggi critici e libri di testo allora molto usati.
Dopo circa un mese dalla mia assunzione in servizio, mi fu consegnata una lettera di convocazione in presidenza per prestare giuramento sulla Costituzione della Repubblica nelle mani del Preside. Una docente molto stimata, la Prof. Luisa Baroni, qualche giorno dopo mi si avvicinò in sala docenti dicendosi compiaciuta e onorata di essere stata indicata come mia madrina. Dal giorno della Laurea non provavo una simile emozione, ero eccitato e intimorito ma con orgoglio informai familiari e amici come se avessi vinto un premio. La mattina della cerimonia mi presentai tirato a lucido in camicia e cravatta, col vestito buono che poi era quello della laurea e del concorso. Alle 11 avevo un’ora buca, si chiamava così l’intervallo fra una lezione e l’altra, e in quell’ora il preside aveva fissato la breve cerimonia.
Entrato
in Presidenza, lo trovai alla scrivania e accanto a lui, in piedi la Prof.ssa
Baroni, vestita con sobria eleganza. Io ero
ancora un giovanotto mentre lei era una signora bionda e bella che io ammiravo
moltissimo anche per la sua cultura e per la stima che riscuoteva nella scuola
e in città. Sorvolo
sulle parole che il Preside mi rivolse mentre mi consegnava per ricordo un
portapenne in ceramica artigianale che ancora oggi uso con devozione.
Disse
“Iniziamo” e aprì la carpetta rossa con la Costituzione invitandomi a leggere
gli articoli sulla scuola. Non era enfatico ma empatico e con autorevolezza mi
ricordò che quel giuramento mi avrebbe guidato nel mio lavoro di docente che
augurava lungo e produttivo.
Alla
domanda di rito, posai la mano sul libro e con voce tremante, guardandolo negli
occhi, dissi “Lo Giuro”.Poi accennai un sorriso alla Prof.ssa Baroni che mi
porgeva il certificato di assolvimento dell’obbligo.
Giuro
che ancora oggi non ho mai dimenticato quel momento semplice e solenne. Quei
volti mi hanno guidato nel mio lavoro e, indimenticati, mi sono cari ancora
oggi.
So che
non era quello un momento privato ma il mio primo giorno natale come docente.
Poi la
mia vita è stata tutta un casa e scuola e ancora oggi fatico a discernere le
due cose nei miei comportamenti.
Spero
che quell’obbligo, non costoso ma significativo, venga ripristinato mentre si
discute di concorsi più o meno formali e di assunzioni in massa di giovani
docenti.
Con estrema modestia chiederei al suo giornale di condividere questo
auspicio.
Questa
riflessione facevo nella mia mente ricordando l’episodio come un film quella
mattina al ritorno da Roncoferraro dopo aver visto due cippi inneggianti al
disastroso colonialismo italico durante il fascismo.
Con il
Dirigente, oggi in pensione, ho condiviso per alcuni anni la mia attività.
Ho
lavorato molti anni a Mantova e altrove, ho sempre avuto ottimi rapporti con colleghi
di mezzo mondo dando per scontato un comune patrimonio di cultura, di valori e di coerenza pedagogica.
Alla
base di quella convinzione c’era proprio quel Giuramento in forza del quale nel
mio lavoro non mi sono mai sentito solo. Mi addolora molto prendere atto che
non sempre ciò accade e anche a chi ha giurato sulla Costituzione può capitare
di smarrire la diritta via proprio quando facendo parte di un’istituzione,
fosse un piccolo Comune o una Direzione generale,certi riferimenti sono
essenziali.
Prof.Giovanni Perrino
Poggio Rusco (Mantova)
P. S. Questa lettera è stata pubblicata sulla Gazzetta di Mantova del 10 novembre 2020
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