By FULVIO ABBATE
Lamborghini gialla, fa da sfondo a una bambina, capelli rossi, seduta su una poltroncina di fortuna. Una foto di Letizia Battaglia fa “scandalo”
Una foto di Letizia Battaglia fa “scandalo”. Scattata a Piazza Pretoria, lo stesso luogo dove appare seduto Garibaldi nel dagherrotipo della presa di Palermo, sullo sfondo la Fontana della Vergogna. Nel nostro caso, troviamo una Lamborghini gialla, fa da sfondo a una bambina, capelli rossi, seduta su una poltroncina di fortuna. Una Lamborghini gialla in luogo di Garibaldi (lì, un tempo, a riposarsi d’ogni fatica per la conquista dell’unità d’Italia, come racconta il cronista Alexandre Dumas) e la facciata del Palazzo del Comune, con le sue lapidi. Su questo scatto, perfino le pizzute reazioni di istituzioni, femministe e altri ancora.
Si reputa forse “inaccettabile” che gli scatti di Letizia possano, per
committenza, innalzare a maggior gloria una Lamborghini e non l’insieme della
città “Felicissima” (così per gli Spagnoli Palermo) dall’immenso e
sontuoso carico di storia? Dimenticavo: la bellezza infantile è un qualcosa che
Letizia Battaglia ha sempre osservato con amorevole curiosità.
Se leggo bene, alla fine la foto è stata ritirata da ogni ideale vetrina di
città. Punto. Fine della storia, così ogni scandalo
sanato.
Conosco Letizia Battaglia da oltre quarant’anni, insieme alla
sua storia di fotografa, di ragazza e poi donna in rivolta, ho condiviso con
lei molte lotte, o forse, sì, battaglie, non c’è davvero altro modo per
definirle, innanzitutto condotte dalle pagine del leggendario giornale “L’Ora”,
immensa scuola civile di giornalismo e di vita, e di battaglia, Letizia ne era
la fotografa “ufficiale”, il volto, il suo “carrè” biondo, la gonna ampia a
fiori, il suo irrompere sul “luogo del delitto”, facendosi largo tra i
poliziotti e il medico legale, nella Palermo dei primi anni Ottanta, la
cosiddetta “grande guerra di mafia”. Insieme a lei, fra molto altro, ho visto
perfino un povero giudice appena assassinato da sicari corleonesi. Era
l’Epifania del 1980, mi trovavo davanti alla portineria del giornale quando una
telefonata ha avvisato il portinaio Genduso di “un morto ammazzato davanti a
dov’era la Birreria Italia”, Letizia ha approfittato del mio passaggio, siamo
giunti prim’ancora d’ogni ambulanza e delle “gazzelle”, il “morto” da appena un
istante per terra.
Sempre con lei ho condiviso serate meravigliose in feste della buona
società cittadina, tra nobiluomini di mondo e ragazze convinte d’avere il
genio del teatro, conversazioni su comuni amici giornalisti in preda a
terrificanti crisi sentimentali, innamorati di perfide colleghe, riunioni con
amici scrittori del Gruppo 63 per realizzare periodici d’avanguardia, così fino
a notte nelle sale della Libreria Dante, ai Quattro Canti, cioè al Teatro del
Sole, poco lontano proprio dalla piazza della “vergognosa” foto che mostra la
bambina in posa davanti alla Lamborghini gialla. Occasioni indimenticabili,
quando sembrava che Palermo nulla avesse da invidiare al mondo.
Sempre con Letizia ho condiviso strazianti pomeriggi al “manicomio” di via
Pindemonte, fino a scoprire la sua generosità…
Ancora, pensandoci bene, nel maggio 1990, ospite del “Maurizio Costanzo
Show”, per lei ho litigato con Vittorio Sgarbi, proprio per difendere lei,
allora parte della giunta Orlando, in piena “Primavera di Palermo”. L’assessore
Letizia aveva fatto collocare alcune poltrone di marmo disegnate da Ettore
Sottsass alla Vucciria, Sgarbi disse di ritenere “inaccettabile”, che fossero
stati messi degli arredi “di un design fighetto milanese in una piazza
siciliana del ’500”, aggiungendo: “…e poi, chi dovrebbe mai sedersi su queste
poltrone, forse dei drogati?” In quel momento esatto ho pensato alla nostra
amicizia, al modo in cui a Letizia piacesse che noi ragazzi pomiciassimo per
strada (anzi, come si dice a Palermo, “schiniassimo” felici), metti, sulle
panchine di Villa Sperlinga chiedendo perfino di metterci a favore della sua
reflex per fotografare i nostri baci, così ho pronunciato una semplice frase:
“Sinceramente, non capisco perché mai i drogati dovrebbero sempre stare in
piedi?” Mi hanno coperto di applausi, le poltrone di Letizia laggiù salve.
E’ vero pure che Letizia a un certo punto della sua vita ha voluto
abbandonare Palermo, convinta di avere visto troppi morti ammazzati, fin troppo
sangue, fin troppo dolore, decidendo così di trasferirsi a Parigi. Alla fine
però, come il personaggio di Camus che confessa di non voler vivere in “un
posto dove non si vedono gli scarafaggi”, Letizia è tornata a Palermo. Leoluca
Orlando in città le ha anche offerto uno spazio per realizzare una “sua” scuola
di fotografia, se ho capito bene.
Di Letizia, ricordo anche splendidi primi pomeriggi al sole nella sua
terrazza in cima a Palazzo Galletti, nel regno di Piazza Marina, davvero una
vita fa.
Che si possa trovare
“osceno” e “inaccettabile” un suo scatto dove si mostra una bambina su sfondo
di una Lamborghini gialla appare, confesso, ai miei occhi, l’ho già detto,
incomprensibile. Nel Teatro del Sole credo che Letizia possa mostrare ogni
miraggio: gli occhi imbevuti di “Bacardi” del giornalista innamorato della
collega, la grisaglia di Salvo Lima, i poveri nel buio dei “catoi” dei
mandamenti, l’ennesimo morto senza nome, se non nel rendiconto catastale
mafioso, esatto, ogni cosa si trovi a incontrate le sue pupille. Letizia
Battaglia ha conquistato, grazie alla sua storia di libertà, prim’ancora
che in nome del talento, un salvacondotto che tutto concede, e che noia doverlo
adesso ribadire.
https://www.huffingtonpost.it,
22 novembre 2020
Fulvio AbbateScrittore
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