Il gesuita padre Bartolomeo Sorge
di PAOLO RODARI
Il teologo è morto a Gallarate. Sostenitore della chiesa di Francesco,
combatteva le strumentalizzazioni religiose in politica
Dal febbraio scorso non vedeva di persona nessuno. Le regole della
residenza per anziani dei gesuiti di Gallarate dove si era ritirato da tempo,
l’Aloisianum, non glielo permettevano. Eppure stava bene. Gestiva da solo il
suo account Twitter dove si mostrava per quello che era, libero e leggero
insieme: «Leggo: "Il M5S in due anni ha perso 8 milioni di voti". E
ripenso al detto: "Chi troppo in alto sal cade sovente
precipitevolissimevolmente"! », scrive il 24 settembre scorso. Padre Bartolomeo
Sorge, 91 anni, nato all’isola d’Elba da genitori di origine catanese, già
direttore della Civiltà Cattolica e di Aggiornamenti Sociali
, teologo e politologo, grande esperto di dottrina sociale della Chiesa e
da sempre impegnato contro la mafia e l’illegalità, è morto per arresto
cardiaco ieri mattina, all’improvviso, dopo che come ogni giorno era in piedi
da ore. Si svegliava sempre alle tre e trenta, celebrava messa e poi leggeva i
giornali. A chi lo incontrava a colazione snocciolava una competente rassegna
delle principali notizie del giorno.
Libertà era la parola che più amava. Voleva una società libera e insieme
una politica laica e non confessionale. Per questo picchiava duro contro
l’ostentazione dei simboli religiosi messa in campo da Matteo Salvini: «Un
politico può certo invocare la Madonna. Ma bestemmia se Le chiede di benedire i
porti chiusi, la licenza di sparare, la tassa a chi fa il bene, la multa per
ogni naufrago salvato», scrisse un anno e mezzo fa. A Palermo, dove negli anni
Ottanta fu tra gli animatori della Primavera di Leoluca Orlando contro la
mafia, fu costretto a vivere sotto scorta: «Oggi come allora sono costretto a
vivere da eremita», diceva sorridendo a chi negli ultimi mesi lo sentiva al
telefono, «ma accetto tutto "in Domino"». "In Domino" era
l’espressione con la quale chiudeva ogni lettera o mail: «Era libero perché
accettava tutto per amore di Dio», spiega Chiara Tintori che con Sorge ha
firmato diversi libri. L’ultimo, per Edizioni Terra Santa, è stato chiuso
appena una settimana fa. S’intitola Perché l’Europa ci salverà. Dialoghi
al tempo della pandemia . Sempre con libertà, negli ultimi mesi, accettava
diverse critiche mossegli da dentro la Chiesa dai settori più conservatori per
le sue prese di posizione giudicate da alcuni addirittura eretiche. Dopo alcune
interviste in cui non le mandava a dire al governo Lega-5Stelle, era stato
definito falso prete, diabolico, eretico, politico e comunista, massone, uno
che distrugge la Chiesa. «Sono indegno, lo so — aveva risposto — ma le vostre accuse
mi fanno amare di più la Chiesa, i poveri e voi. Grazie! ».
All’Aloisianum viveva in una stanza accanto a quella che fu del
cardinale Carlo Maria Martini. Con lui condivideva idee e linee ecclesiali.
Anche se la persona a cui si sentiva più legato era papa Francesco, fin dagli
anni Settanta. Riteneva Francesco il Papa che finalmente può compiere il
Concilio, l’aggiornamento che la Chiesa ha voluto a metà del secolo scorso. Ma
era consapevole che non tutti nella Chiesa auspicano questo rinnovamento. Recentemente
non la mandò a dire al cardinale Camillo Ruini che in una intervista
criticò il Papa: «Chi critica Francesco critica il Concilio», gli fece notare
dalle pagine di Repubblica .
Non gli mancava il senso dell’umorismo. Calvo da anni, chiedeva come era
pettinato prima delle sue ultime dirette su YouTube. La Compagnia di Gesù gli
fece studiare scienze sociali e politiche per approfondire i mutamenti della
società e giudicarli. Negli ultimi tempi i suoi giudizi divennero anche
impietosi. Non amava la frammentazione politica, tantomeno le nostalgie di
una formazione cattolica. Della fondazione di Italia Viva da parte di Matteo
Renzi scrisse: «È un segno preoccupante di immaturità politica e di
irresponsabilità in una situazione in cui l’Italia ha bisogno, più che mai, di
unità». Era legato a tutti papi della sua vita. Fra questi in particolare a
Montini e Luciani. Dal libro Cronaca di una morte di Stefania Falasca
(Piemme) apprese che quest’ultimo dopo l’elezione voleva mandarlo patriarca a
Venezia al suo posto. Si oppose il cardinale Antonio Poma, presidente della
Cei.
Come disse lui stesso all’ Espresso , fra i vari motivi vi fu il fatto che
nel 1976, prevedendo la fine della Dc, si dava da fare affinché si trovasse un
modo nuovo di presenza politica dei cattolici in Italia, diverso dal partito
democristiano. «Fu così che persi la gondola...», ironizzò.
La Repubblica, 3 novembre 2020
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