di Piero Ignazi
Anche se c’è chi cerca di superarle ecco perché le classiche categorie politiche nate nel 1789 sono più vive che mai
È alla fine di agosto del 1789, in quelle incandescenti assemblee dei rivoluzionari francesi, che destra e sinistra si separano e si riconoscono come parti politiche distinte e avverse. Come scrisse un protagonista dell’epoca, a destra del presidente dell’assemblea siedono ora i sostenitori del re e della religione, che vogliono mantenere al sovrano il potere di veto, e a sinistra coloro che rivendicano il diritto dell’assemblea a legiferare su tutto, senza limitazioni da parte della corona.
Il momento è storico in tutti i sensi perché da allora destra e sinistra
acquistano un significato politico che prima non avevano, in quanto la
spazialità della politica non era mai stata orizzontale, destra-sinistra, bensì
verticale, alto-basso. Ed è da quel momento che i due termini diventano
universali, si diffondono ovunque; e nel corso del tempo si riempiono di
ulteriori significati, pur senza mutare (quasi mai) l’imprinting originario: a
destra la tradizione e la conservazione, a sinistra il cambiamento.
Solo i fascismi tra le due guerre produssero un apparente ossimoro
incarnando una destra rivoluzionaria, come evidenziò, tra tante polemiche, lo
storico israeliano Zeev Sternhell. Da allora il cammino è stato lungo e in
parte accidentato, ma alla fine questa distinzione tiene ancora, come dimostra
Janine Mossuz-Lavau nel suo agile lavoro Le clivage
droite-guache (Les Presses de SciencesPo) che affronta l’argomento
partendo dal caso francese.
Nel corso del tempo, infatti, i due termini si sono arricchiti di altri
riferimenti che sono rimasti a lungo ben definiti e riconoscibili. In effetti
fino agli anni Ottanta in tutto l’Occidente sinistra e destra interpretano
mondi diversi: il conflitto di classe e quello confessionale avevano
ancora una valenza tale da separare gli attori politici in campi nettamente
distinti, e tali erano percepiti dall’opinione pubblica. Nessuno sfuggiva a
questa etichettatura, a volte semplificatoria e sommaria, anche per un’altra
ragione: se nel dibattito alto, infiorettato da citazioni dotte e riferimenti
filosofici, le distinzioni potevano annebbiarsi, a livello popolare destra e
sinistra, con tutte le sfumature intermedie, servivano per orientarsi nel mondo
complesso della politica. Il cittadino aveva bisogno di lenti chiare per
guardare alla realtà politica, e poi interpretarla.
Da allora nuovi conflitti — sull’ambiente, sul genere, sul pacifismo, ecc.
— avrebbero potuto superare questa polarità. In realtà così non è, sia
perché questi termini sono "una sintesi di atteggiamenti" come
diceva Giovanni Sartori, sia perché tutte le ricerche dimostrano che in tutta
Europa essi costituiscono ancora gli strumenti principi con cui gli elettori
orientano le loro decisioni.
A dire il vero l’opinione pubblica è un po’ schizofrenica su questo
punto, oggi. Quando si richiede un giudizio sulla validità di destra e sinistra
una grande maggioranza di cittadini (circa il 75 per cento) sostiene che non
hanno più senso e sono concetti superati; poi, però, quando si chiede se li
usano per autodefinirsi politicamente e per scegliere il proprio partito,
le percentuali cambiano. I cittadini di tutta Europa continuano a utilizzare
destra e sinistra come strumento semplificatore per votare.
È vero, ricorda Mossuz-Lavau, tanto a sinistra quanto a destra si sono
slabbrati i confini. A sinistra ben pochi continuano a sventolare la bandiera
dell’eguaglianza, tanto cara a Norberto Bobbio che aveva fondato su questo tema
la distinzione tra destra e sinistra nel suo fortunato libretto del 1994.
Allo stesso modo, anche a destra i valori della tradizione e della
religione sono sbiaditi. Tuttavia per quanto siano mutevoli, senza questi
riferimenti spaziali saremmo dispersi nell’oceano di parole e segni. Anche i
due casi più rilevanti di partiti che hanno cercato di andare al di là di
questa dicotomia, il Movimento 5 Stelle e il partito di Emmanuel Macron, La
République En Marche, in poco tempo hanno abbandonato questa ipotesi e hanno
dovuto fare i conti con la solidità rocciosa e identificante di destra e
sinistra. Si mettano il cuore in pace i sostenitori del loro superamento.
Già un annuario politico francese del 1848 sosteneva che «destra e sinistra
non hanno più senso». Beh, ne è passata di acqua sotto i ponti della Senna e
altrove, da allora.
La Repubblica, 27 ottobre 2020
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