PIETRO SCAGLIONE
L'abrogazione a furor di popolo della Costituzione cilena (introdotta nel 1980 dal generale Pinochet) è un evento storico non solo per il SudAmerica, ma anche per il resto del mondo. Da 4 giorni il successo del SI al referendum per l'introduzione di una nuova Costituzione è festeggiato a Santiago e in altre città con clacson, trombe, bandiere, fumogeni, come per una vittoria nei Mondiali di calcio.
Il 78% di voti a favore dell'introduzione di una nuova Costituzione in Cile rappresenta una vittoria del popolo, dei giovani, degli studenti, dei lavoratori e delle classi sociali meno abbienti, sia contro i nostalgici della dittatura militare di Pinochet sia contro i sostenitori del liberismo sfrenato e delle privatizzazioni selvagge. Forse per questo motivo, l'establishment delle nazioni occidentali non sembra più di tanto entusiasta e minimizza la portata storica dell'evento.
La Costituzione cilena abrogata dal referendum del 25 Ottobre fu approvata nel 1980 dalla giunta militare del generale Augusto Pinochet, che prese il potere 7 anni prima, dopo il golpe dell'11 Settembre 1973, data dell'uccisione del Presidente socialista Salvador Allende. Si trattava di una Costituzione fondata sul liberismo economico più spinto e sulle tesi dei "Chicago Boys", gli economisti Usa che diedero origine alla dottrina economico-sociale chiamata "neoliberismo".
L'oppressivo regime militare di Pinochet fu sconfitto nel 1988 con il Referendum e nel 1989 con le nuove elezioni, accompagnate nelle piazze dalla musica degli Inti Illimani e di altri gruppi andini.
Tuttavia la Costituzione iperliberista rimase intatta. Nell'Ottobre di un anno fa, partendo dalla proteste giovanili contro il governo Piñera per le politiche economiche e per il rincaro dei biglietti della metropolitana, si avviò il percorso per il Referendum che chiedeva una nuova Costituzione e la nascita di un'Assemblea Costituente per riscriverla.
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