Saverio Lodato
SAVERIO LODATO
Nino Di Matteo riabilitato, che
si vede restituire il maltolto e l’onore, e al quale il tempo, ancora una
volta, ha dato ragione. Può tornare in qualsiasi momento a lavorare in quel
gruppo denominato “Mafie ed entità esterne nelle stragi e altri delitti” della Procura nazionale
antimafia, dal quale era stato sbattuto fuori.
Quasi da non crederci. Silenzio assoluto dei giornali e delle tv sull’intera vicenda. Gli italiani non
lo sanno e non lo devono sapere.
Bene. Tutto ciò premesso, oggi è trascorso esattamente un mese e un giorno da quando Nino Di Matteo è stato
reintegrato a pieno titolo nel gruppo di lavoro della Procura nazionale
antimafia. Gruppo di lavoro - alcuni lo ricorderanno - dal quale era stato
espulso (20 maggio 2019) dal procuratore Federico Cafiero de Raho all’indomani della
sua partecipazione, del Di Matteo, ad una puntata di Atlantide(18 maggio 2019),
diretta da Andrea Purgatori e dedicata all’anniversario della strage di
Capaci.
Motivazione, a suo tempo, di de Raho: quelle dichiarazioni ad Atlantide “hanno fatto
venir meno la fiducia verso Di Matteo da parte degli altri componenti del
gruppo di lavoro e delle Procure distrettuali interessate”.
Un provvedimento che aveva provocato gli applausi scroscianti dei denigratori
di Di Matteo, gli stessi che ora stanno facendo una fine miserabile. Terrorizzati com’erano (poi sarebbe bello conoscere la ragione vera di questo
terrore) che Di Matteo fosse stato inserito in un gruppo di lavoro tanto
delicato, con il suo allontanamento avevano preso un autentico terno al
lotto. Ma Di Matteo, armato di santa pazienza, di carta e di penna, aveva svolto le
sue osservazioni - in pratica un ricorso -, inviandole al Csm, alla settima
commissione (che si occupa del controllo e della legittimità dei provvedimenti
interni agli uffici giudiziari), sostenendo che il provvedimento che lo
riguardava era “ingiustificato e immotivato nella sostanza, e non adottato
secondo le procedure formali previste”.
In parole povere, questo il succo, Di Matteo si considerava non colpevole degli
addebiti, essendosi limitato - nella sua intervista - a mettere in fila tutti
gli elementi già consacrati in atti processuali non più coperti da segreto e
quindi pubblici. Il 23 settembre di quest’anno la settima commissione aveva messo in calendario
la discussione per la decisione finale.
Il Csm si sarebbe cioè pronunciato sulla legittimità o meno del provvedimento
di espulsione firmato de Raho. Ma non ce n’è stato alcun bisogno. Il procuratore nazionale antimafia, la mattina del 23, ha fatto pervenire la
revoca del suo provvedimento, in data 20 maggio 2019, “con effetto pienamente
ripristinatorio”. Motivazione, oggi, di de Raho: “Considerato il tempo decorso dall’adozione del
provvedimento ... considerata l’esigenza di evitare al Csm aggravi
procedimentali e decisionali, in un momento particolarmente delicato per la
salvaguardia delle funzioni e della immagini della magistratura…”. La settima commissione, ha preso atto e deliberato, a sua volta il non luogo a
provvedere in ordine all’originario decreto di espulsione di Di Matteo. Sin qui
i fatti.
Qualche considerazione però si impone. Intanto Di Matteo può ritornare in qualsiasi momento a lavorare con
quell’incarico della discordia alla Procura nazionale. E non vorremmo essere nei panni dei suoi denigratori: meglio un Di Matteo al
Csm, o un Di Matteo che indaga su “entità esterne” alle stragi? Ardua sentenza
per i miserabili. Lasciamo loro l’incombenza di farsene una ragione. Certo. La recente deposizione della guardia penitenziaria Pietro Riggio, al processo di secondo
grado sulla trattativa Stato-Mafia, in corso a Palermo, annuncia nuvoloni e burrasche
per coloro che, sin dall’inizio, definirono questo processo, una “boiata
pazzesca”. Era anche di Riggio che si stava occupando il gruppo di lavoro dal
quale fu espulso Di Matteo?
Non conosciamo la risposta. Ma colpisce che i grandi giornali della dichiarazione di Riggio (letteralmente devastante sotto diversi
profili) - riportata da ANTIMAFIADuemila - non
hanno pubblicato una sola parola. Di Matteo invece, in questi giorni, è su tutti i giornali perché “reo”, secondo
molti, di aver consumato tradimento nei confronti del collega Piercamillo Davigo, bocciato dal Csm nella
sua richiesta di volere restare, anche da pensionato, nell’organismo di
autogoverno dei giudici.
Insomma, della serie: le porcate non finiscono mai.
Antimafiaduemila, 24
Ottobre 2020
Foto originale © Paolo Bassani
saverio.lodato@virgilio.it
La
rubrica di Saverio Lodato
Nessun commento:
Posta un commento