MARCO OMIZZOLO
Agromafia. La pandemia ha moltiplicato lo sfruttamento nelle campagne italiane. Lombardia e Veneto le regioni con l’indice più alto
Nel 2018 erano 110 mila i lavoratori e le lavoratrici vulnerabili e gravemente sfruttati dalle agromafie. Oggi, invece, secondo la Flai Cgil, in piena pandemia e subito dopo il provvedimento di emersione dal lavoro nero voluto dal governo giallo-rosso, si è raggiunta la cifra record delle 180 mila persone. Un dato denunciato nel corso della presentazione del V rapporto Agromafie e caporalato della Flai Cgil, curato dall’Osservatorio “Placido Rizzotto”, dinnanzi ad una platea ospitata all’interno del teatro Ambra Jovinelli di Roma.
Uomini e donne che dal Nord al Sud sono
vittime di caporali, padroni, mafiosi e sfruttatori. Obbligati a vivere
condizioni di emarginazione, come le migliaia di persone che vivono ancora nei
ghetti, sono la manifestazione di un sistema agromafioso che da anni la Flai
Cgil indaga e denuncia apertamente. «Il settore primario rappresenta ancora
oggi – si legge nellintroduzione del segretario generale della Flai Cgil,
Giovanni Mininni – non solo un settore d’investimento, ma anche la possibilità
di mantenere il controllo del territorio attraverso la sua economia. È questo
uno dei motivi per cui i fenomeni di sfruttamento, lavoro sommerso e caporalato
non sono più appannaggio esclusivo di quelle regione del Mezzogiorno per così
dire vocate a queste pratiche illegali di economia e di lavoro, ma anzi li
ritroviamo anche in alcune aziende della ricca agricoltura del Franciacorta o
del veronese».
Una tesi comprovata dalle molte operazioni
delle Forze dell’ordine condotte nel Centro-Nord per debellare interessi
agromafiosi consolidati. Sotto questo aspetto, il dossier, analizzando i 260
procedimenti penali riguardanti tutti i settori lavorativi, ha rilevanto che
ben 143 di essi non riguardo le regioni del Sud. Il Veneto e la Lombardia,
infatti, con le Procure di Mantova e Brescia, presentano il maggior numero di
procedimenti penali. Un esempio è rappresentato dalla nota società Straberry di
Milano, start up da 7,5 milioni di euro, che, secondo la Guardia di Finanza,
impiegava i lavoratori immigrati per oltre 9 ore al giorno per 4,50 euro lora
di retribuzione. È questa l’espressione di un sistema di produzione programmato
sullo sfruttamento e fondato sulla ricattabilità e precarietà di migliaia di
persone. La loro condizione di soggetti subordinabili ed emarginati, nutre le
agromafie e ogni forma di sfruttamento. Ed infatti, continua Mininni, «la
modalità mafiosa si è intrecciata con quella parte di imprenditoria desiderosa
di guadagni facili, che sceglie di competere sul mercato attraverso il dumping
contrattuale e la concorrenza sleale, scaricando sui lavoratori il contenimento
dei costi e l’aumento dei margini di profitto».
Tra le Procure più attive sono state
registrate anche quelle dellEmilia-Romagna e del Lazio, con Latina al primo
posto, nonché della Toscana con la provincia di Prato. Proprio a Latina, il 28
settembre scorso, è stato organizzato dalla Cgil, con Cisl e Uil, uno sciopero
unitario coi lavoratori immigrati della provincia, contro il caporalato, lo sfruttamento,
i gravi incidenti sul lavoro spesso nascosti da alcuni imprenditori agricoli
per evitare problemi di natura sindacale e giudiziaria. Bilongo, responsabile
dellOsservatorio Placido Rizzotto, con la sua relazione, ha ricordato l’operazione
Demetra dell’estate scorsa, condotta tra la Basilicata e la Calabria e che ha
visto il coinvolgimento di 14 aziende e di circa 60 persone. I padroni
italiani, in questo caso, chiamavano «scimmie» i lavoratori immigrati e davano
loro da bere l’acqua del canale con la quale irrigavano i campi. Resta aperto
il tema dei controlli. Sospesi durante il Covid, risultano sostanzialmente
inadeguati a fronteggiare nel merito questo fenomeno criminale pervasivo del
capitalismo contemporaneo. Secondo la Flai, infatti, «servono maggiori
controlli, i quali risultano diminuiti del 33%». Mininni stesso ricorda che
«c’è bisogno di strappare dalle mani dei caporali il trasporto e il controllo
dei lavoratori e sanzionare le imprese che si servono dei caporali». Un’osservazione
fatta davanti alla Ministra Bellanova, alla quale aggiungere il ritorno ad un
collocamento pubblico efficace e trasparente perché venga svuotato il potere
del caporale di soddisfare rapidamente la domanda giornaliera di manodopera
dell’imprenditore. Ed infine la vigenza della legge Bossi-Fini. Anche su questo
la posizione è chiara: «La Bossi-Fini va cancellata quanto prima se si vuole
ridare dignità e legalità al mondo del lavoro e a migliaia di immigrati
presenti nel Paese». Dello stesso avviso anche il viceministro dell’Interno
Mauri, intervenuto alla presentazione: «La Bossi-Fini – dichiara Mauri – è una
legge sbagliata e vecchia. Intanto convertiamo i decreti che modificano quelli
di Salvini, poi ci sarà la necessità di intervenire, anche sulla cittadinanza».
17.10.2020
NUOVO MANIFESTO SOCIETÀ COOP. EDITRICE
Nessun commento:
Posta un commento