La A112 crivellata dai colpi di kalashnikov
LIRIO ABBATE
Sono trascorsi 38 anni da quella brutale serata palermitana che ricordiamo
come i "Cento giorni a Palermo" del prefetto Carlo Alberto dalla
Chiesa e di sua moglie Emanuela Setti Carraro. Ancora oggi non sappiamo tutta
la verità su quella strage che ha segnato negativamente i siciliani, facendo
precipitare quelli onesti in uno sconforto che li ha allontanati dalla speranza
di liberarsi dalla mafia e dalla cattiva politica, corrosa e corrotta da Cosa
nostra se non in alcuni casi essa stessa legata ai boss.
Di quella serata porto impressa nella mia mente, fa tante scene e immagini
televisive, questa foto che vedete qui: è il simbolo della Croce Rossa
attaccato al parabrezza dell'automobile di Emanuela Setti Carraro. Ed è l'auto
in cui questa donna che faceva parte della Croce Rossa è stata uccisa a colpi
di kalashnikov assieme a suo marito il prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa.
La sera del 3 settembre 1982 è cambiata la prospettiva di vita di molti di
noi siciliani, giovani e vecchi.
L'azione dei sicari inviati per uccidere il generale che dopo aver
sconfitto il terrorismo, per 100 giorni è stato lasciato solo da quel governo
che lo aveva dirottato in Sicilia. Di fatto lo hanno mandato a morire. Chi c'è
dietro questa strage, chi l'ha decisa dopo centro giorni dall'arrivo di Dalla
Chiesa a Palermo ancora non è stato accertato.
Ma il vetro del parabrezza dell'auto crivellato di colpi accanto al simbolo
della Croce Rossa è l'immagine di un conflitto che abbiamo vissuto e subìto. La
Sicilia era in guerra e la Croce Rossa era li per aiutare. E questa immagine ci
riporta alle persone innocenti assassinate da uomini che superano ogni limite.
Ogni umanità, anche quella di sparare sulla Croce Rossa. E registriamo ancora
una volta una politica che non ha aiutato le vittime innocenti. E registriamo
che oggi ci sono boss in carcere che non hanno placato il loro odio per questo
grande prefetto, per questo carabiniere che aveva gli alamari cuciti addosso.
Ancora oggi ascoltiamo i mafiosi al 41bis che urlano contro di lui e lo
dileggiano. Dileggiano la memoria. E questo non lo dobbiamo mai permettere.
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