di ANDREA BONANNI
La proposta avanzata dalla Commissione europea per sostituire gli accordi di Dublino sulla distribuzione dei migranti è ispirata ad un doppio pragmatismo. Da una parte mette fine all’ipocrita finzione della redistribuzione obbligatoria dei richiedenti asilo. Ciò renderà possibile, anche se non facile, l’adozione di un nuovo accordo che richiede l’unanimità . La ripartizione obbligatoria, che si è tentato di introdurre nel 2015 subito dopo l’afflusso di un milione di profughi siriani, non ha mai funzionato veramente. Non è mai stata accettata dai Paesi dell’Est europeo, creando una spaccatura politica che ha alimentato il sovranismo. Non è mai stata messa veramente in pratica dagli altri. E soprattutto non ha mai preso in considerazione la questione dei migranti irregolari per motivi economici, che oggi sono il cuore del problema, in particolare per l’Italia.
Ora invece Bruxelles si concentra proprio su questo punto. E lo fa
rafforzando il principio che è sempre stato alla base delle politiche europee
sulle migrazioni: chi cerca asilo politico deve essere accolto, chi invece
entra irregolarmente nella Ue per cercare un lavoro deve essere respinto, anche
perché toglie una opportunità ai migranti economici che seguono la trafila
regolare per entrare nella Ue.
La proposta di Ursula von der Leyen prevede che l’Europa si faccia carico
di un rapido rimpatrio dei migranti irregolari. Con un espediente, non privo di
un certo moralismo teutonico, scarica questo onere in particolare sui Paesi che
rifiutano la redistribuzione dei richiedenti asilo: toccherà a loro, fautori
della “fortezza Europa”, rimpatriare i naufraghi sbarcati in Grecia o in
Italia senza aver titolo per l’asilo politico. Se non riusciranno a
rimpatriarli, dovranno accoglierli. Per il governo italiano sarebbe un aiuto
non indifferente.
Naturalmente questo cambio di accento riapre un dibattito politico che
finora è rimasto sotto traccia proprio per l’ipocrisia delle regole di Dublino.
E’ giusto o è sbagliato rimpatriare disperati che, se anche non fuggono un regime
tirannico, cercano di sottrarsi alla tirannia della miseria a rischio della
vita? Oggi le norme europee non lasciano dubbi in proposito imponendo il
rimpatrio automatico anche per proteggere i flussi di migranti regolari.
Se si vorrà cambiarle occorrerà discuterne non solo tra governi, ma anche
tra forze politiche che finora, con l’eccezione della destra anti-immigrati, su
questo punto hanno evitato di prendere chiaramente posizione.
Sempre sul fronte del pragmatismo, la proposta della Commissione ha comunque
di indubbiamente positivo il fatto che pone fine all’incertezza giuridica sui
salvataggi in mare. I salvataggi sono obbligatori e sempre legittimi. E le
organizzazioni non governative non possono essere penalizzate per la loro
attività di soccorso marittimo, come ha fatto Salvini da ministro. Le persone
in pericolo, dice Bruxelles, vanno salvate sempre e comunque. Ma poi vanno
rispedite rapidamente in patria, se non hanno titoli per restare. Il valore
dell’opera delle Ong viene dunque riconosciuto. Ma il fine ultimo del loro
sforzo rischia di essere vanificato dalle politiche di rimpatrio. Le polemiche
e le recriminazioni sono già cominciate.
La Repubblica, 24 settembre 2020
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