Mattia Santori |
di ALESSANDRO DE ANGELIS
Intervista al leader delle Sardine: "Alla Festa dell'Unità dirò a Zingaretti che ha sbagliato". "Patetico sbandierare la paura della destra per giustificare posizioni folli". "Non sono contro il Pd ma contro gli accordi in bianco con Di Maio".
Mattia Santori, lei domani sarà a Modena sul palco della Festa dell’Unità. Dirà al segretario del Pd che sbaglia a votare sì al referendum?
Dirò al segretario che comprendo la posizione di coerenza rispetto all’ultimo voto in Parlamento, ma bisogna ammettere l’errore politico. Perché la base e gli elettori di centrosinistra vedono questo taglio come il culmine della propaganda populista di Di Maio. Ed è, esattamente, quello che il Pd diceva nei tre voti precedenti quando votava No.
Si
sente tradito dal Pd?
Tradito non è la parola giusta, perché il nostro impegno è stato ed è
gratuito, da Piazza Maggiore in poi. Noi siamo le cose in cui crediamo, punto.
Non ci sono patti, convenienze, non abbiamo chiesto niente in cambio né mai le
chiederemo, non abbiamo nessun legame organico col Pd. È chiaro che parliamo
con il suo elettorato e, oggi, percepiamo uno scollamento e una certa
delusione: sul referendum, regionali, immigrazione e temi di governo, insomma
sull’identità. E questo è il risultato che si ottiene quando prima si
rincorrono i sovranisti, poi si scende a patti con i populisti.
E
questo è il tema, l’identità. Prima però finiamo il discorso sul referendum. La
critica che vi viene rivolta, ad esempio da Marco Travaglio, è quella di essere
la sinistra che favorisce Salvini.
È una critica da fuori di testa. Viene da chi arrampica sugli specchi e
nega la genesi di questo referendum, che nasce nell’accordo gialloverde. Tra
l’altro saremmo noi con il nostro No a favorirlo, mentre chi vota Sì come lui a
combatterlo? Ho i miei dubbi. A me sembra che a qualcuno dia fastidio che gli
anti-casta oggi siamo noi, non i Cinque Stelle. Su questo voto, è innegabile,
si è manifestata una nuova “casta di professionisti dell’antipolitica”, che
però guarda caso siedono tutti nello stesso Parlamento. Domenica saremo a Roma
in Piazza Santi Apostoli proprio per dimostrare che c’è un fronte alternativo
all’antipolitica molto più ampio di quello che ci vogliono fare credere.
La
critica riguarda il governo: il no abbatte il principale punto dell’accordo di
governo. Come fa a non avere ricadute?
Ma che c’entra... Una cosa sono le Costituzioni e la qualità dei processi
democratici, un’altra sono i governi. È sbagliato legarli. E poi quell’accordo
prevedeva diversi altri interventi di bilanciamento degli equilibri
costituzionali e democratici. Nemmeno uno ne è stato fatto.
Quanto
le dà fastidio che in Emilia ti dicono “sei il nostro popolo” e se dici No
diventi uno che favorisce Salvini?
Bah, io giro per le feste dell’Unità e per la strada il popolo lo sento, ci
parlo, sento tanta gente per il no e purtroppo sento anche tanta gente che non
andrà a votare, e questa è la vera sconfitta per tutti, per chi crede nella
politica e per quelli che pensavano che combattere la cosiddetta Casta avrebbe
riavvicinato la gente alla politica.
Dicevamo,
il punto è l’identità. In un post di un paio di giorni fa avete sostanzialmente
accusato al Pd di essere subalterno ai populisti?
Beh, il taglio dei parlamentari, messa così, non è una battaglia
identitaria del centrosinistra. La critica che arriva dalla base del Pd è che
si chiede di fare l’ennesimo atto di fiducia nei confronti di Di Maio o degli
squaletti della politica. Ma quando è troppo è troppo. Bonaccini dà per certa la
legge elettorale, e invece si è già arenata perché Renzi non la vuole. I
correttivi di cui parla Bersani? Nemmeno. La stagione di riforme di cui parla
Zingaretti? La vede solo lui. I decreti sicurezza: ricorda Delrio quando disse
“è fatta”? Bene, sono un miraggio. E così via.
Insomma,
ha ragione Saviano quando dice “Il Pd è vapore acqueo, succube di una
gravissima mancanza di identità politica”?
Sarei stato meno aggressivo, però sì, nella sostanza ha ragione. Insomma,
un partito deve guidare, invece talvolta ho la sensazione che l’elettorato sia
più maturo dei suoi dirigenti.
Sta
dicendo, come Moretti, “con questi dirigenti non vinceremo mai”.
Non mi piace separare i dirigenti dagli attivisti o dagli elettori. Per me
un soggetto politico è un corpo unico che si divide le responsabilità. Però
bisogna ammettere che in questi anni non si è stati capaci di creare una
spinta, un desiderio, una grande mobilitazione. Guardi i dati sul tesseramento
o sulle raccolte fondi. Rivelano una difficoltà di coinvolgere, aggregare,
perché non c’è un messaggio che smuove. Purtroppo a destra invece i corpi si
muovono, c’è un trascinamento. Comprendiamolo e capiamo come costruire una
nuova storia.
Ecco,
la destra Salvini. È ancora lui il grande nemico o il Covid rende datata questa
discussione, nel senso che l’emergenza è il paese con le sue paure,
l’incertezza, e semmai è proprio da questi sentimenti che può sgorgare una
Mucca ancora più ingombrante nel corridoio?
Questo è il punto. Io rispetto la posizione di Bersani, con cui mi sono
confrontato l’altra sera, ma trovo patetico che nel 2020 si debba sbandierare
la paura delle destre per giustificare una posizione folle sul referendum. Se
davvero si vogliono combattere le destre bisogna avere il coraggio di
raccontare una storia migliore, non accontentarsi di sminuire la storia altrui.
Sul referendum parliamo nel merito: sei convinto che il taglio garantirà un
beneficio nei processi democratici? Io dico di no. Non mi puoi rispondere “fa
danni, ma c’è la destra”. Stessa cosa sull’immigrazione: non c’è una politica
sull’immigrazione, io dico abroghiamo i decreti sicurezza, mi dici “aspetta che
ora c’è la destra”. Io, voglio essere chiaro, non ce l’ho col Pd in sè, ma col
Pd che mi chiede di firmare l’ennesimo accordo in bianco con Di Maio, di cui
non mi fido.
Durante
il lockdown avevate un atteggiamento di sostegno quasi acritico al governo.
Cosa è cambiato in questi mesi?
Continuo a pensare che la gestione della pandemia è stata buona, e non oso
pensare che cosa sarebbe accaduto se ci fossero stati i negazionisti al
governo, adesso però ci aspetta un autunno difficile, e la retorica deve salire
di maturità. Anche perché a furia di fare annunci rischi che poi la gente si
illuda che la soluzione arriverà dall’alto. Non basta dire Recovery Fund per
risolvere i problemi, i soldi non arriveranno subito, sarà un periodo sfidante
per tutti, se non fai un discorso di verità prima, arriverà la rabbia poi.
Dobbiamo spiegare ai cittadini che il cielo non risolverà i problemi. Non è
stato così per il piano Marshall, figuriamoci ora.
C’è un
problema di separazione della realtà. La politica pare un talk scollegato dal
paese reale?
C’è eccome e non c’è percezione della maturità dell’elettorato, che si
tratta come ingenuo, poco capace di assimilare questioni complesse, profonde.
Siamo ancora convinti che il populismo paghi?
Senta,
alle regionali che fate: un appello a votare la sinistra, intesa anche come De
Luca, Emiliano, Giani? Voi avevate chiesto di cambiare e trovare figure terze
per favorire un accordo coi Cinque Stelle, o sbaglio?
Non sbaglia. E sappiamo come è andata a finire: il mancato accordo è colpa
dei Cinque stelle, la responsabilità sui candidati è del Pd. Ci doveva essere
un rinnovamento, uno scatto. In alcuni casi c’è stato, non a caso stasera sarò
con Iacopo Melio a Firenze a sostenere la sua candidatura che questo
rinnovamento lo esprime, sabato saremo a Firenze a ricordare chi è la Ceccardi,
perché sembra che non se lo ricordi nessuno. Ma non si possono fare miracoli,
non è che arriviamo noi e diamo la patente di novità anche a chi non ce
l’ha.
Prima
fanno casini, poi vi chiamano in soccorso.
Lo ha detto lei.
Insomma,
l’appello lo fate?
Faremo un appello a un voto per il futuro. Un appello contro il “sono tutti
i uguali”, che è poi il mantra che ci ha portato al governo Salvini-Di Maio di
cui ancora paghiamo i danni.
Si può
dire che, comunque vadano le elezioni, non cambia niente? Che razza di
messaggio è?
In gergo tecnico si chiama paraculata. In questo momento l’elezione
territoriale è la spia più sensibile, perché è lì che percepisci il rapporto
col paese: il sentimento, l’attaccamento, le delusioni. A prescindere da come
andrà, questa è una grande occasione persa dai partiti di governo che non sono
riusciti a capitalizzare un consenso che Conte, Speranza e Gualtieri hanno
saputo metter insieme. Il voto ha sempre una valore politico, lo ha anche
quando nessuno va a votare. Il che non significa che il risultato di questo
voto farà cadere il governo, non succederà. E sinceramente non me lo auguro.
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