di GIOVANNI BURGIO
Un film che colpisce per trama, interpretazione e linguaggio cinematografico. Con “Le sorelle Macaluso” Palermo può celebrare definitivamente la sua poetessa Emma Dante.
Questo film ne completa ormai la variegata personalità di attrice, scrittrice, regista teatrale e regista di opere liriche. Le colombe che fin dai primi fotogrammi volano alte nei cieli possono sicuramente simboleggiare il suo raggiunto salto di qualità. È assieme un film tragico e lieve. Certamente. Però, non è un film facile. Chi cerca svago, azione o leggerezza, è meglio che si orienti verso altre pellicole in programmazione. Perché amarezza e tristezza inondano ampiamente l’animo.
Le sorelle
Macaluso: un legame duraturo
È la storia di cinque sorelle che fin dalla prima scena
lottano alacremente, tutte insieme, unite e compatte, per scavare un buco nel
muro che gli permetta di vedere oltre. Per affacciarsi alla vita, al mondo
esterno, anelato con curiosità e tanta allegria. Un nucleo familiare coeso che
sopravvive grazie a un lavoro marginale: l’allevamento nella propria casa di
decine e decine di bianche colombe da far volar in occasione dei matrimoni.
Il legame tra le sorelle è forte e duraturo. Supera le gelosie, le invidie,
le incomprensioni. L’unico elemento disturbante proviene da fuori, dagli altri,
dall’unico uomo estraneo alla famiglia che dà valore alle cose (alla casa)
anziché ai rapporti, ai sentimenti, ai legami che sono solidi e stabili tra le
numerose sorelle.
Ma lo
scorrere del tempo e gli inevitabili eventi dell’esistenza segnano crudelmente
il destino di questa famiglia.
Il film ha quindi momenti di gioia e scene
di disperazione. Tra i primi rientra senz’altro l’esaltante
ballo di tutte le sorelle sulla spiaggia che trascina vorticosamente gli altri
bagnanti in una splendida esibizione corale. Nelle seconde, più numerose, ci
sono una lite furibonda tra due di loro, il bagno nella vasca di un corpo
malato e denutrito, la mesta uscita dalla casa del feretro.
Paesaggi e animali
Ma anche i paesaggi sono
contrastanti e opposti. Al bianchissimo cielo dove volano
felici centinaia di colombe si contrappone sia il nero di minacciose nuvole
piene di pioggia sia il mare spumeggiante in tempesta. Una lotta continua tra
la vita e la morte, la giovinezza e la vecchiaia.
Grande è la considerazione degli animali che, così come si ascolta
dalla lettura di uno splendido brano, “precedono e seguono” l’uomo e la sua
esistenza. Bellissime le due ripetute sequenze in cui le colombe mangiando sul
piatto di ceramica producono con i piccoli becchi un ticchettio continuo e
delicato. Una riconciliazione con il tanto semplice quanto complesso mondo
animale.
La cura dei particolari
Ma il pregio
maggiore che ritroviamo nella regista sta nella ricercatezza delle immagini,
nell’uso abilissimo della macchina da presa, nel concentrarsi sui particolari.
Quest’ultimo aspetto costituisce la cifra distintiva della pellicola.
Cose, ambienti, persone, sono osservati, esplorati,
vivisezionati; soprattutto
nel loro evolversi nel tempo.
Innanzitutto la casa e le sue stanze.
All’inizio un luogo vivo e allegro; poi, poco a poco, l’usura, la
trascuratezza, il mal funzionamento, la trasformano in un problema, un
ostacolo, un qualcosa di cui forse è meglio disfarsi. E quindi il tracollo, il
disfacimento l’abbandono.
Poi i mobili.
Tipicamente siciliani, degli anni cinquanta-sessanta, di gusto medio
proletario. Anche questi nel tempo si usurano, invecchiano, si spezzano.
Poi i giocattoli. Tanti,
tutti da “femmina”, soprattutto piccole e colorate bambole. Qualcosa che
stavolta rimane fermo, immutato. Oggetti sempre belli e fantastici che
appartengono a un tempo felice e spensierato.
Infine i corpi. Organismi
viventi in cui il trascorrere degli anni ne segna inesorabilmente
l’appassimento e la morte. I volti, le pieghe della pelle, le bocche, sono
attentamente studiati, esaminati, analizzati centimetro per centimetro.
Attraverso questo esame si coglie e si esalta la bellezza-trascuratezza-vecchiaia.
Le sorelle Macaluso e Palermo
Ma è anche
un film sull’oscura e tormentata metropoli siciliana che fa da sfondo
all’intera vicenda. Un’immagine di Palermo che è
quella che possiamo vedere tutti i giorni e in ogni suo angolo. Una città sbrecciata, deteriorata, malandata. Una
trascuratezza che risale nel tempo e si perpetua negli anni. L’Arena Sirenetta che pur funzionando si circonda di
degrado, abbandono, bruttezza, è il luogo simbolo della cultura che non viene
valorizzata.
Ma contemporaneamente Emma Dante rivaluta alcuni
ambienti cittadini di indubbia bellezza che sempre sono stati visti e considerati dai
palermitani luoghi di degrado da cui fuggire. Siti naturali ricchi e floridi,
ma maltrattati e osteggiati dalla popolazione locale. La foce del fiume Oreto,
il Parco della Favorita, la spiaggia di Mondello, emergono prepotentemente e
costantemente nella loro autenticità e potenzialità. Una rivalutazione che ai
cittadini produce incredulità e fastidio.
Insomma,
i palermitani non possono non vedere questo film. Gli altri ne apprezzeranno
immagini, storia, poesia.
Settembre
21, 2020
https://www.maredolce.com/2020/09/21
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