A. BOLZONI S. BORTOLETTO e F.TROTTA
A maggio, cinque mesi prima, Papa Wojtyla durante la messa celebrata nella Valle dei Templi di Agrigento aveva gridato il suo anatema contro la mafia. E ai boss aveva urlato: «Convertitevi». A settembre, cinque mesi dopo, Cosa Nostra ha ucciso don Pino. Era il giorno del suo cinquantaseisimo compleanno, il 15 settembre 1993. Quella sera padre Puglisi stava rientrando a casa, nel suo appartamento di piazza Anita Garibaldi, nel quartiere palermitano di Brancaccio. Erano pressappoco le 20 e 40. Qualcuno lo stava aspettando con le armi in pugno, gli è scivolato alle spalle e gli ha sparato un colpo alla nuca.
Don Pino era il parroco della chiesa di San Gaetano, a due passi abitavano i
fratelli Graviano, Giuseppe e Filippo, i boss delle stragi che fra un attentato
e l'altro tenevano il moccolo a Totò Riina.
La chiesa di Don Pino non era la loro chiesa, quella che negava l’esistenza
della mafia e dava rifugio ai latitanti. Lui, sacerdote impegnato nel sociale,
rifletteva perfettamente l’impegno evangelico in quella borgata periferica di
Palermo, degradata, dove si respirava omertà e dove in tanti - troppi -
erano schiavi del potere mafioso.
Don Pino aveva sfidato i boss semplicemente svolgendo il dovere di un prete:
offrire ai ragazzi del suo quartiere un’alternativa diversa da quella della
criminalità.
Non erano mancate le intimidazioni. Alla fine di giugno del 1993 in una notte
qualcuno aveva incendiato la porta di casa di tre volontari del Comitato
intercondominiale di Brancaccio, poi le molotov contro la chiesa, poi ancora le
telefonate e le lettere anonime. Segnali.
Era un prete troppo ingombrante, un prete troppo pericoloso. Non per quello che
diceva, ma per quello che faceva. Lontano dalle passerelle, dai riflettori,
dalle parate.
I Graviano lo tenevano d'occhio. Il suo è stato un delitto annunciato.
Da oggi e per quindici giorni pubblichiamo sul Blog stralci della sentenza di
primo grado (presidente Innocenzo La Mantia) che ha condannato a 18 anni di
reclusione il killer Salvatore Grigoli - reo confesso poi diventato
collaboratore di giustizia - e all’ergastolo come mandanti i fratelli Graviano.
Un delitto che non doveva sembrare un’esecuzione mafiosa ma l’azione violenta
di qualche balordo. Il sicario, un attimo prima di far fuoco, gli aveva portato
via il borsello. E mentre Grigoli sparava, don Pino ebbe il tempo di voltarsi,
guardarlo negli occhi, sorridere e dirgli: «Me lo aspettavo».
https://mafie.blogautore.repubblica.it/2020/09/01/4745/
Gli articoli li trovate anche sulla pagina Instagram
dell’Associazione Cosa Vostra.
Hanno collaborato: Elisa Boni, Francesca Carbotti,
Sara Cela, Rosa Cinelli, Ludovica Marcelli, Marta Miotto, Enza Marrazzo, Sofia
Matera, Asia Rubbo
Supervisione Tecnica a cura di Alessia Pacini.
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