La battaglia di Himera |
Il parco archeologico che riapre oggi conserva tracce della battaglia di 2500 anni fa Due tiranni, un re in esilio e una donna di pace
Questa è la storia di una battaglia avvenuta 2.500 anni fa nella piana di Himera e che cambiò la storia dell’Isola. Una battaglia cruenta tra i greci di Sicilia e i cartaginesi, una lotta per il potere di tiranni e condottieri ma anche di una donna, la regina Damarete, a cui si deve una pace significativa tra i popoli dell’epoca.
Lo scontro di Himera con l’eroica vittoria greca fu uno dei più sanguinosi
dell’antichità, cantato da poeti e scrittori e, secondo la leggenda, avvenuto
nel settembre del 480 avanti Cristo sotto le mura di Himera nello stesso giorno
in cui i greci sconfiggevano i Persiani a Salamina: due vittorie festeggiate
innalzando templi gemelli in Ellade e in Sicilia di cui restano ancora oggi
meravigliosi resti. I templi di Agrigento di Hera, Demetra e Zeus, quello della
Vittoria a Himera – poi distrutto nel 409 avanti Cristo dai cartaginesi – e
che, forse, venne intitolato alla dea Athena come quello di Siracusa oggi
inglobato nella cattedrale. Del tempio di Himera è oggi possibile ammirare
anche le fasi del suo ritrovamento avvenuto nel 1929 ad opera di Pirro Marconi
all’interno del museo a lui dedicato dove sono esposte le foto scattate in
quegli anni; qui si trovano anche le gronde a testa leonina che adornavano
l’edificio. Ad Akragas venne anche costruita una grande opera di ingegneria
idraulica sfruttando la manodopera degli schiavi cartaginesi con una grande
piscina che, poi, divenne un vivaio e che oggi è all’interno del giardino della
Kolymbetra.
E oggi grazie a scavi e studi, le fasi della battaglia sono state
ricostruite all’interno del parco archeologico di Himera che riapre oggi e che
celebra l’anniversario ricordando le vicende attraverso i reperti in mostra al
museo dedicato a Pirro Marconi. A breve, inoltre, la Regione acquisterà la
stazione di Buonfornello per allestire il museo delle battaglie.
Tutto ebbe inizio quando il tiranno di Agrigento, Terone, spodestò il
signore di Himera, Terillo che si rifugiò presso il re di Reggio, Anassila, il
quale chiese aiuto ai cartaginesi per contrastare la coalizione greca. Terone,
infatti, era ambizioso, voleva assicurarsi il controllo dell’Isola e uno sbocco
sul Tirreno; ma ancor più ambizioso era suo genero, il tiranno Gelone di
Siracusa. A lui, infatti, il signore di Agrigento diede in sposa la figlia
Damarete siglando un forte patto di potere e contro i greci si mossero i
cartaginesi. Lo racconta lo storico Diodoro Siculo che rievoca la partenza
dell’esercito cartaginese sotto la guida del condottiero Amilcare con
un esercito di trecentomila uomini, duecento navi da guerra e molte navi
da carico: una spedizione grandiosa che, però, venne colpita da una tempesta
nel mare libico perdendo le navi che trasportavano i cavalli e i carri.
Amilcare approdò in Sicilia, nel porto di Panormo, e giunto nei pressi di
Himera allestì due accampamenti e tirò in secco le navi da guerra circondandole
con un profondo fossato e con una palizzata di legno: grazie agli scavi
archeologici avviati in occasione del posizionamento della nuova linea
ferroviaria, è stata rinvenuta proprio la fortificazione nord- occidentale
della " città bassa" di Himera e ipotizzata la localizzazione
dell’accampamento cartaginese e dei luoghi delle battaglie sotto le mura della
città, rafforzate in vista della battaglia. Gli scavi, infatti, hanno
documentato che a quell’epoca lo spessore del muro di cinta venne raddoppiato e
che venne costruita una torre angolare da cui i soldati potevano meglio
garantire la difesa della città.
Amilcare portò con sé i soldati migliori e avanzò contro la città mentre
gli Himeresi fuggivano via atterriti e molti cadevano sotto i nemici. Allora
Terone, nonostante il suo forte esercito, ebbe paura e chiese aiuto a Gelone il
quale era già pronto alla guerra e partì in fretta da Siracusa, attraversando
la Sicilia con un esercito di cinquantamila fanti e cinquemila cavalieri. Ma la
sua vera forza fu l’intelligenza: il tiranno di Siracusa, infatti, ordinò di
aprire tutte le porte della città per intensificare gli attacchi,
spaventando i cartaginesi e infondendo coraggio agli assediati; ma soprattutto
riuscì a intercettare un ambasciatore di Selinunte venuto ad annunciare ai
cartaginesi, con cui i selinuntini avevano stretto alleanza, che un contingente
di cavalleria sarebbe arrivato in aiuto all’alba di un certo giorno scelto da
Amilcare per celebrare sacrifici in onore del dio Poseidone. Proprio in quel
giorno – lo stesso della battaglia di Salamina – all’alba, Gelone inviò
la propria cavalleria davanti all’accampamento cartaginese e fu così che
iniziò la battaglia che vide greci e cartaginesi scontrarsi con coraggio e che
si concluse con la vittoria di Gelone a lungo celebrata.
La storia di questa battaglia è raccontata attraverso gli scavi condotti
nella necropoli ovest a Buonfornello dove sono state ritrovate diecimila
sepolture: si tratta di tombe scavate nella sabbia dove gli scheletri di
uomini, tra i 25 e i 30 anni secondo le indagini antropologiche, hanno tracce
di punte di freccia, lance e lame di ferro conficcate tra le ossa. Tra le tombe
di questo cimitero di guerra ci sono nove fosse dove i soldati furono
seppelliti uno accanto all’altro in posizione dorsale, con gli arti inferiori
distesi, le braccia lungo i fianchi e con il capo orientato a est; sono i
soldati greci morti durante la guerra e allineati come in uno schieramento di
battaglia probabilmente a scopo celebrativo.
Tra le fosse ci sono anche quelle di 27 cavalli che probabilmente facevano
parte della famosa cavalleria di Gelone come dimostrano i dati di
scavo.
La battaglia di Himera è anche quella di una pace tra i popoli a cui
contribuì la regina Damarete la quale vietò i sacrifici umani agli dei che
erano usanza in quegli anni, specie di bambini e fanciulli. Una donna cresciuta
per diventare regina che favorì una tregua di 70 anni e il pagamento di una
somma modesta dei nemici ai vincitori tanto che, colpiti da tanta benevolenza,
i cartaginesi le donarono una corona d’oro del valore di cento talenti con cui
venne acquistato l’argento per coniare una nuova moneta:
il Damareteion, di cui restano splendidi esemplari al museo Orsi di
Siracusa.
Il segno di una pace epica.
La Repubblica Palermo, 8 agosto 2020
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