ANTONELLO CRACOLICI (Pd) |
PAOLO MANDARÀ
"Dai conti ai migranti: la colpa è sempre degli altri". Intervista a Cracolici: "Pd e 5 Stelle, futuro insieme"
“Dal primo giorno Musumeci governa stando all’opposizione”. Sì, proprio così, all’opposizione di se stesso. L’artefice di questa teoria bizzarra si chiama Antonello Cracolici. “Dal giorno del suo insediamento – spiega il deputato regionale del Pd – il presidente della Regione ha seguito uno schema: per i primi due anni, sosteneva di non riuscire a governare a causa del disastro ereditato da Crocetta; esaurito quel racconto, che ormai non si beve più nessuno, la colpa è diventata del governo nazionale”. Da qui la conclusione che Musumeci sguazza nella “propaganda delle opposizioni”. E la propaganda comprende, com’è ovvio, l’ultima ordinanza, impugnata dal governo Conte e sospesa dal Tar, in cui si impone il divieto di transito dei migranti sul territorio regionale e lo sgombero di hotspot e centri d’accoglienza. “Il Tar ha confermato la natura del tutto approssimativa, sia sotto il profilo giuridico che amministrativo, di questo provvedimento. Musumeci dovrebbe nascondersi dopo questa sentenza”, commenta l’ex assessore all’Agricoltura.
L’emergenza sanitaria è un tema reale o una semplice pantomima?
“Musumeci ha scelto un terreno nuovo anche per lui, l’identità, provando a
tenere unito il fronte della destra siciliana. C’entrano poco i migranti, che
incidono per il 10% sui nuovi casi di contagio. Credo che quella ordinanza
fasulla, piuttosto, sia la risposta alla novità politica che si è delineata in
Sicilia nelle ultime settimane: per la prima volta il Movimento 5 Stelle, dopo
aver tripolarizzato il sistema, ha annunciato l’intenzione di fare un’alleanza
col Pd. E’ per questo che Musumeci prova a rinserrare le fila del suo
schieramento. L’emergenza sanitaria è tale solo sulla carta”.
Musumeci ha già smentito questa tesi, spiegando che l’ordinanza non si
presta a calcoli di natura politica.
“Additare l’untore in colui che arriva col barcone, dimenticando che in
Sicilia il Covid si sta diffondendo – come dappertutto – perché c’è stato uno
sbracamento delle regole sul distanziamento, è una tesi figlia della
propaganda. Musumeci sta solo ideologizzando la sua coalizione. Questo potrebbe
risultare un problema per quelli che nel centrodestra si definiscono ancora
“moderati” e hanno a cuore i temi dell’accoglienza e della solidarietà”.
Nell’hotspot di Lampedusa, che ha una capienza massima di 195 persone, sono
stati stipati fino a mille migranti.
“Io non voglio sottacere le eventuali negligenze, anche da parte del
Ministero dell’Interno, nella gestione del fenomeno migratorio. Da settimane il
sindaco di Lampedusa, sostanzialmente inascoltato, rivendica la dichiarazione
dello stato d’emergenza. Concederla, forse, darebbe un segnale sbagliato: cioè
far credere che l’isola è sotto assedio. Ma sappiamo benissimo che gli
immigrati sono distinti e distanti da turisti e vacanzieri. Chiudere gli
hotspot non risolverebbe il problema principale, cioè lo smistamento di queste
persone. Se il presidente della Regione avesse voluto esercitare un potere che
per legge non ha, avrebbe dovuto indicare anche la loro destinazione. Ma non
l’ha fatto. Vuole solo proporsi come alfiere della destra”.
Davide Faraone ha presentato un esposto alla Procura di Agrigento per
procurato allarme e abuso d’ufficio. E’ d’accordo con lui?
“Che qualcuno si muovesse in questa direzione c’era da aspettarselo. Dire
che la Sicilia è invasa da migranti, in effetti, non fa gli interessi
dell’Isola e contraddice l’idea di turismo e di sicurezza di cui tanto ci
laviamo la bocca. La scelta di Faraone per certi versi la comprendo, ma non
spetta a me valutarla. A questo penseranno gli organi competenti. Mi faccia
dire un’altra cosa su Musumeci…”.
Un’altra?
“Sì. Il presidente della Regione predilige il ruolo di telecronista a
quello di giocatore in campo, che magari prova a risolvere la partita. La
politica non dovrebbe limitarsi a raccontare i problemi, ma a risolverli.
Questa narrazione è stucchevole e l’ordinanza un semplice certificato di
esistenza in vita”.
Saprà certamente che i conti della Regione sono in crisi. Dopo quattro mesi
di esercizio provvisorio, siamo ancora in attesa della rimodulazione delle
risorse extraregionali per sbloccare la spesa dell’ultima Finanziaria. Otto
mesi di stasi, nel complesso. Ma che fine ha fatto l’emergenza?
“La sua domanda contiene già la risposta. Questo governo sembra un ufficio
stampa: comunica cose che vorrebbe fare, ma non riuscirà mai a fare. Abbiamo
scritto una manovra per 1,3 miliardi, in pieno lockdown, e ad oggi non è stato
attivato un solo euro di quelle misure. Dovevamo dare aiuti a tutta la Sicilia
e siamo ancora alle lettere d’intenti”.
Perché?
“Una cosa è dire “riprogrammiamo”, un’altra è farlo. Prima di rimodulare le
risorse, bisogna disimpegnarle rispetto a iniziative già finanziate, con tutte
le procedure amministrative che ne conseguono. E negoziando con Bruxelles e con
il Ministero della Coesione territoriale”.
L’assessore Armao si è arrogato il merito per lo scontro da 780 milioni sul
contributo alla finanza pubblica che Roma ha concesso alla Sicilia.
“Armao è un altro che un giorno si prende i meriti, e quello dopo dice che
è colpa dello Stato “cattivo” che non ci riconosce l’autonomia finanziaria. Ma la
verità è nessuna Regione ha un rapporto così malato col governo centrale come
ce l’abbiamo noi. Passino i contrasti e la dialettica politica, ma queste
dinamiche legate esclusivamente all’opposizione sono diventate stucchevoli. E’
solo un modo per non rispondere dei propri risultati”.
Voterà ‘sì’ o ‘no’ al referendum sul taglio dei parlamentari?
(la risposta è preceduta da un sorriso)
“Riconosco delle buone ragioni al “sì” e anche al “no”. Ma la vicenda è più
complessa di così. E comunque sono un dirigente del Pd, per cui mi muoverò
secondo le decisioni assunte dal mio partito. La democrazia non si difende sul
terreno delle singole iniziative, ma costruendo un consenso attorno alle idee.
Mi piacerebbe che il Partito Democratico, ad esempio, sentisse lo stato d’animo
dei suoi iscritti. Ne abbiamo centinaia di migliaia e potremmo invitarli, con
una rapida consultazione, a farci conoscere il loro orientamento sul tema”.
Ecco, il tema. C’è chi sostiene le ragioni del ‘no’ perché un taglio al
numero dei parlamentari farebbe venir meno la rappresentatività dei territori.
“La qualità della democrazia non dipende dal numero dei deputati, ma è
chiaro che un ordinamento democratico ha bisogno di un equilibrio. Anche in
Sicilia, quando siamo passati da 90 a 70 deputati, abbiamo affrontato la novità
come se si trattasse unicamente di una questione numerica, tralasciando la
modifica di alcuni assetti istituzionali. La conseguenza più evidente è che
permane uno squilibro notevole tra l’elezione diretta del presidente della
Regione e il ruolo del parlamento. Tanto che il primo atto di Musumeci è stato
mettersi all’opposizione della sua stessa maggioranza, non riconoscendole un
valore politico e numerico. Ha sempre parlato di coalizione di governo, mai di
maggioranza. Così a livello nazionale: la questione è delicata, ma il dibattito
se è meglio avere 945 parlamentari o 600 mi pare figlio del qualunquismo”.
Il Pd non ha ancora deciso che fare, ma pare che la riforma della legge
elettorale sia un’ottima moneta di scambio per votare ‘sì’. Non ha
l’impressione che il partito di Zingaretti si stia appiattendo un po’ troppo
sui Cinque Stelle, depauperando la sua identità?
“Il Partito Democratico è vissuto anche in chi non lo vota come la garanzia
della tenuta del sistema democratico e istituzionale. E’ l’autostrada che
collega le città, le Regioni”.
Questo vuol dire che il passato non conta più?
“Noi siamo reduci da una sconfitta tremenda alle ultime elezioni, che aveva
messo in discussione l’esistenza stessa del partito. Qualcuno pensava di
scioglierlo. Nell’ultimo anno lo abbiamo rimesso in piedi come soggettività
politica centrale nella vita del Paese, ma anche come motore di qualunque
prospettiva alternativa alla destra dei “me ne frego”. Quella rappresentata dai
vari Briatore e Santanché, che sulla base della propria ricchezza pensano di
poter cancellare qualunque regola. Noi abbiamo governato questo Paese per un
certo periodo di tempo, ma non possiamo pensare di essere orfani del governo
del passato. Abbiamo nuove sfide di fronte a noi. La storia non basta leggerla:
bisogna scriverla. E credo che il Pd possa farlo assieme al Movimento 5 Stelle
e a tutte le forze che vogliono spendersi in questo progetto di campo largo”.
Ma cosa vi accomuna ai grillini?
“Quelli del M5s, che fino a qualche tempo fa professavano il culto
dell’isolamento politico, ritenendo di essere i più puri e i più buoni, hanno
scoperto di non essere sufficientemente buoni. Soprattutto se da soli. La
politica è l’arte del divenire. Abbiamo riaperto qui in Sicilia la possibilità
di costruire un’alternativa alle destre: è un’occasione da non perdere”.
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