Nel 2011 fu arrestato perché, insieme al fratello del capo dei capi Totò
Riina, Gaetano, si occupava delle estorsioni nel territorio tra Corleone e
Mazara del Vallo. È stato condannato per mafia in questi anni ma da oltre un
anno Alessandro Correnti, 48 anni, percepiva il reddito di cittadinanza.
Ovviamente un sussidio non dovuto proprio a lui che era stato condannato per
aver fatto parte di Cosa nostra a Corleone. I finanzieri della tenenza di Corleone, nel corso dei controlli relativi ai
benefici erogati dall’Inps, lo hanno denunciato alla procura.
La condanna per mafia è uno degli ostacoli per accedere al reddito di
cittadinanza. E, invece, Alessandro Correnti aveva già intascato 9.800 euro
dall’aprile del 2019 ed è anche sottoposto alla misura cautelare dell’obbligo
di soggiorno nel comune di Corleone.
Il gruppo di Palermo della finanza, da alcune settimane, sta eseguendo
controlli a tappeto per verificare i requisiti di chi ha ottenuto il reddito di
cittadinanza. Le somme percepite da Correnti saranno sequestrate. «I
controlli proseguono – dice il comandante del Gruppo Palermo, Alessandro
Coscarelli – per verificare le autocertificazioni presentate ».
Quando nel luglio del 2011 Correnti venne arrestato, furono
ricostruite tutte le minacce e la sottomissione dei commercianti a
Corleone. Nessuno dei commercianti contattati dagli investigatori ammise mai
nulla. Eppure le indagini avevano trovato diversi riscontri ai ricatti imposti
dal nuovo clan Riina, che poteva contare su due giovani reggenti, Giuseppe
Grizzaffi ( pronipote dei Riina) e il cognato Alessandro Correnti. Il fratello
di Totò Riina faceva invece da supervisore e consigliere. Le microspie
raccontarono anche di un imprenditore del settore ortofrutticolo che telefonò
addirittura a casa di Gaetano Riina per mettersi a posto con la tassa mafiosa.
Alla moglie del boss affidò un messaggio: « Devo consegnare un acconto di 300
sui 2800 concordati». Il fratello di Totò Riina pensò addirittura a una
trappola della polizia. E allora mise in guardia i suoi fidati. Ma
quell’imprenditore non era un poliziotto, era un disperato che seguiva le leggi
della mafia. Da qualche anno il nome di Alessandro Correnti non fa parte delle
cronache giudiziarie e forse, anche lui, sperava che il suo cognome venisse
dimenticato e ha presentato una richiesta per il reddito di cittadinanza che
gli è stato, incredibilmente, concesso. La guardia di finanza, invece, quel
cognome non lo ha dimenticato e ha scoperto il raggiro. — ro.ma.
La Repubblica Palermo, 12 luglio 2020
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