di SALVO PALAZZOLO
Il poliziotto faceva parte di una squadra a caccia di
latitanti. I pentiti: " La moglie morì perché conosceva i suoi
segreti". Chiesto il processo per Nino Madonia e Gaetano Scotto. Sotto
accusa un amico dell’agente che avrebbe aiutato i sicari
La figlia ribelle del capomafia dell’Acquasanta, Giovanna Galatolo,
racconta di aver sentito in famiglia che lo "sbirro ucciso a Carini",
Nino Agostino, venne pagato dal clan in un’occasione. Il pentito Giuseppe
Marchese ha aggiunto: «Giuseppe Madonia diceva che quel ragazzo era un
cornutone. Perché aveva fatto un voltafaccia» . Ovvero, il doppiogioco. Nino
Agostino era un poliziotto onesto, che faceva l’infiltrato, per tentare di
arrivare all’arresto dei grandi latitanti di mafia. Tasselli su tasselli, dopo
31 anni di misteri, che hanno portato sempre ad archiviazioni l’indagine
sull’omicidio del poliziotto Agostino e di sua moglie Ida Castelluccio,
avvenuto il 5 agosto 1989.
Adesso, la procura generale di Palermo e la Dia ritengono di avere definito
il quadro preciso in cui maturò il delitto. E hanno chiesto il rinvio a
giudizio per i boss Antonino Madonia e Gaetano Scotto, il capo mandamento di
Resuttana e il boss dell’Arenella, accusati di essere mandanti ed esecutori del
delitto. «Ora mia moglie potrà dormire serena in cielo» , dice Vincenzo
Agostino, il padre di Nino. Ieri mattina, mentre veniva notificata la richiesta
di rinvio a giudizio, il direttore della Dia Giuseppe Governale gli ha
telefonato: «Ho voluto manifestare ancora una volta la mia vicinanza personale
e istituzionale», spiega.
È una storia molto articolata quella riscritta dal procuratore Roberto
Scarpinato e dai sostituti Nico Gozzo e Umberto De Giglio. Agostino era
ufficialmente solo un poliziotto addetto alle Volanti del commissariato San
Lorenzo, in realtà avrebbe fatto parte di una squadra che cercava latitanti,
per conto dei servizi segreti (non è però chiaro quale di preciso, l’Aisi e
l’Aise hanno sempre smentito che Agostino sia stato un loro collaboratore). Una
squadra di cui avrebbero fatto parte Emanuele Piazza, pure lui ucciso dai boss,
e l’ex poliziotto Giovanni Aiello, " faccia da mostro", morto per
un infarto tre anni fa.
Questa attività riservata avrebbe portato Agostino ad avere rapporti
pericolosi con i Galatolo e i Madonia. «Portava informazioni», ha detto
Giovanna Galatolo, che arriva ad ipotizzare anche «informazioni su quando
Falcone sarebbe andato all’Addaura». Ma su questo punto riscontri non ce ne
sono, i magistrati hanno più di un dubbio. Continuano a credere che Agostino si
occupasse solo di latitanti. E dentro quella palude di Palermo che ruotava
attorno a vicolo Pipitone, la roccaforte dei Galatolo, avrebbe scoperto che
altri poliziotti erano invece davvero corrotti. Lo aveva raccontato vent’anni
fa il pentito Oreste Pagano, ma era rimasto il giallo: «Voleva rivelare i
legami della mafia con alcuni componenti della questura di Palermo» . Pagano
l’aveva saputo in Canada, al matrimonio di un esponente della famiglia Caruana:
«Lì mi presentarono Scotto, dissero pure che la moglie del poliziotto era a
conoscenza delle rivelazioni che il marito poteva fare».
Chi tradì Agostino? Chi scoprì che voleva far saltare il suo doppiogioco
per denunciare i veri collusi? Probabilmente, Agostino voleva parlarne con il
giudice Falcone, c’è traccia di un incontro nelle indagini. Di sicuro, dopo
l’omicidio, «da una parte il questore avalla con la sua autorevolezza la
versione, rispondente al vero, che quello di Agostino è un omicidio di alta
mafia – scrivono i magistrati – dall’altro, il capo della squadra mobile
Arnaldo La Barbera depista le indagini sulla inconsistente pista dell’omicidio
per questione di donne».
Giovanna Galatolo sentì anche dell’altro nei discorsi di suo padre: «Pure i
servizi volevano morto Agostino» . E Nino venne tradito. Con la complicità,
racconta l’inchiesta, del suo amico del cuore, un’altra sorpresa di questa
indagine: la procura generale chiede il processo pure per Francesco Paolo
Rizzuto, aveva 16 anni all’epoca del delitto. È accusato di favoreggiamento,
per aver aiutato i sicari, con il suo silenzio e tante bugie.
La Repubblica Palermo, 3 luglio 2020
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