Giovanni Falcone |
GIAN CARLO CASELLI
In un’intervista a Il Riformista del 16 giugno 2020, Silvio
Berlusconi dichiara che Giovanni Falcone “non è solo
un martire delle mafia, per me è il simbolo di come dovrebbe essere un
magistrato”. Non ci si può che
rallegrare se così si esprime chi ha spesso definito eroe lo “stalliere” Vittorio
Mangano; o è stato sempre in strettissimi rapporti con Marcello Dell’Utri,
condannato in via definita a sette anni per mafia. Tanto più che le sue
predilezioni, in tema di magistrati, erano sembrate orientate, più che altro,
verso quelli come Vittorio Metta, noto per il lodo Mondadori.
Ma quella di
Berlusconi (ben venga!) è una virata di 180 gradi anche con specifico ed
esclusivo riferimento a Giovanni Falcone, che in vita
fu attaccato e vilipeso in ogni modo. Anche da personaggi
vicini al Cavaliere.
Il modo decisamente
più aspro e selvaggio per combattere Falcone fu quello escogitato dal Giornale
di Napoli diretto da Lino Jannuzzi, che in un articolo
del 29 ottobre del 1991 definì Falcone e De Gennaro (rispettivamente
candidati alla Pna e alla Dia) “i maggiori responsabili della débacle
dello Stato di fronte alla mafia… una coppia la cui strategia, passati i primi
momenti di ubriacatura per il pentitismo e i maxiprocessi, ha approdato al
più completo fallimento”. Addirittura i protagonisti della lotta alla mafia
vengono accomunati ai mafiosi: “Da oggi, o da domani, dovremo
guardarci da due ‘Cosa nostra’, quella che ha la Cupola a Palermo e quella che
sta per insediarsi a Roma. E sarà prudente tenere a portata di mano il
passaporto”. E questo Jannuzzi è lo stesso – proprio lo stesso – che
diventerà senatore nella XIV e XV Legislatura, sempre sotto le insegne
berlusconiane.
Dobbiamo poi ricordare
la furiosa campagna di stampa che si era scatenata negli anni Ottanta contro
Falcone e il maxiprocesso, il capolavoro investigativo-giudiziario che stava
producendo l’inedito risultato di porre fine alla vergognosa impunità di
Cosa nostra. Dal diluvio di insinuazioni e accuse, ecco alcune “perle”.
Premesso che i “pentiti” sarebbero “avanzi
di cosca” e “arnesi processuali di epoche lontane e oscure”,
si sostiene che “il pentitismo meritava un uso più intelligente” e
che “l’apparato giudiziario non è stato all’altezza della straordinaria
occasione” (così Salvatore Scarpino sul Giornale –
1987). I processi di mafia vengono definiti “messinscene dimostrative,
destinate a polverizzarsi sotto i colpi di quel po’ che è rimasto dello Stato
di diritto”, “montature” allestite dai “registi
del grande spettacolo della lotta alla mafia”. E ci si chiede “se è
stato opportuno seguire la strada dei maxiprocessi, estremamente utili ai fini
spettacolari, ma dannosi ai fini di giustizia” (così Guido Lo
Porto sul Giornale di Sicilia – 1987).
I giudici del pool
vengono sostanzialmente accusati di collateralismo con i “comunisti”,
che “mirano a controllare l’antimafia e appoggiano a spada tratta i
magistrati-personaggio della cordata Falcone” (così Marco
Ventura sul Giornale – 1988). Il maxiprocesso viene
definito “un processo-contenitore abnorme… un meccanismo spacciato come
giuridico”, ma utilizzato ad altri fini “dai giudici capitanati da
Falcone”. I quali vengono indicati come artefici di un “ormai
diffuso clima maccartista” a Palermo, per cui costituirebbero “un
lampante pericolo non solo di condizionamento giuridico ma ancor più di
condizionamento politico” (così Ombretta Fumagalli
Carulli sul Giornale – 1988).
Come si vede, nel
florilegio di citazioni compare spesso il quotidiano dal 1979 proprietà della
famiglia Berlusconi. Mentre Lo Porto e Fumagalli come parlamentari faranno poi
parte della maggioranza berlusconiana. Lo Porto diverrà anche Sottosegretario
alla Difesa nel governo Berlusconi nel 1994. E ciò dopo che la furibonda
campagna contro Falcone lo aveva azzoppato, cancellando il pool e
azzerandone il metodo di lavoro vincente.
Dunque, il Cavaliere
(del quale oggi si dice che sia politicamente “risorto”) non
ricorda troppo bene alcuni importanti momenti del passato. Oppure si è
iscritto, senza saperlo, al club di chi – dimenticandone l’isolamento in vita –
gioca all’appropriazione indebita di Falcone dopo morto.
Fonte: IlFattoQuotidiano.it
- 16 giugno
2020.
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