Emigranti... |
NONUCCIO ANSELMO
La stazione ferroviaria di Corleone adesso rimodernata. Fu teatro della prima grande ondata migratoria di inizio Novecento
Con
tutto questo ben di Dio, c'era bisogno di andare a caccia di altri santi, come
aveva fatto il canonico Castagnano con papa Leone Secondo? Senza contare che di
santi senza altare nel feudo se ne potevano contare a migliaia. Tutti quelli
vissuti di stenti per restare onesti, costretti a zappare dall'alba al tramonto
per un pugno di fave o per un paniere di fichidindia con cui sfamare la
famiglia, schiavi del barone di turno, del padrone di turno, del gabellotto di
turno, del mafioso di turno. O tutti quelli costretti ad emigrare per
affrancarsi.
C'era stata prima, a cavallo tra l'Ottocento e i primi decenni del Novecento,
la fuga negli States. Trent'anni dopo era venuto il momento dell'Europa
centrale, con la Germania, la Svizzera, il Belgio, e del triangolo industriale
italiano, il nord che pompava braccia. Infine ci fu l'indecorosa espulsione
organizzata dallo Stato italiano, incapace di dare una immediata risposta seria
ai terremotati del Belice nel 1968.
Il
primo esodo sul finire dell'Ottocento aveva pesato non poco. La destinazione
invocata era il nuovo mondo, oltre il mare, anche per dimenticare il passato.
Ma soprattutto perché l'eccezionale sviluppo dell'industria americana, era
pronto ad accogliere tutti, o quasi. Soltanto dalla provincia di Palermo, nel
1892 partirono in seimila, quasi dieci volte di più di cinque anni prima. Le
navi della Navigazione Generale Italiana dei Florio erano pronte a trasportare
questa massa di contadini a Napoli, da cui partiva la rotta per l'America. A
Corleone, poi, dal 1886 c'era un modo più rapido di raggiungere la città: il
trenino a scartamento ridotto che in sole quattro ore depositava i viaggiatori
a Sant'Erasmo. Era stato costruito per facilitare il trasporto nel capoluogo
delle derrate alimentari, invece aveva facilitato il viaggio di chi partiva per
sempre.
L'avvocato Streva ha lasciato la testimonianza scritta di una giornata alla
stazione del paese, nella vallata di Santa Lucia: "Un popolo di contadine
assiepava la palizzata, venute a salutare delle persone care che partivano per
l'America in cerca dell'ignoto, l'unica speranza ancora non dissipata
dall'inganno. La macchina fischiava sbuffando e le donne facevano ressa sul
piazzale resistendo ai custodi, che volevano allontanarle; sospese ai vagoni si
avviticchiavano al collo del fratello, del congiunto, dell'amico, baciandoli
singhiozzando, e quando il treno partì lunghe grida di dolore echeggiarono per
la vallata."
Il filone americano era rimasto aperto per parecchio tempo e s'era rinvigorito
dopo la Grande Guerra. A migliaia arrivavano a Ellis Island, un'isola al centro
dell'Hudson nella baia di New York, divenuta la porta degli States, che
accoglievano quasi tutti, esclusi“i vecchi, i deformi, i ciechi, i
sordomuti e tutti coloro che soffrono di malattie contagiose, aberrazioni
mentali e qualsiasi altra infermità." Nel 1921 Corleone aveva 19.696
abitanti; dieci anni dopo ne mancavano all'appello seimila, erano rimasti in
13.794.
La fine di un'altra guerra aveva segnato l'avvio di un altro grande flusso
migratorio. Quello che i giornali avevano cominciato a chiamare boom economico,
indicava il potente grado di ripresa nel triangolo industriale italiano, che
faceva il paio con quello tedesco e svizzero. E ancora una volta i contadini e
i disoccupati del sud avevano scelto la via dell'autodeportazione. Stavolta non
servivano le navi. C'erano i treni. Quello che partiva da Palermo si chiamava
provocatoriamente Treno del sole. L'immagine delle valigie di cartone tenute
insieme dallo spago, fa ormai parte della storia, così come le scritte
"Non si affitta a meridionali". Anche a questo secondo filone degli
anni Cinquanta del Novecento, Corleone avrebbe dato un suo significativo
contributo: tra il 1954 e il 1964 se n'erano andati in duemila (16.579 -
14.430).
Poi c'era stata la ciliegina del 1968. Nella notte tra il 14 e il 15 gennaio,
la Valle del Belice aveva tremato. Diversi comuni del Trapanese e
dell'Agrigentino erano stati rasi al suolo, altri erano stati gravemente
danneggiati. Il terremoto aveva solo lambito Corleone. Non c'erano state vittime
ma danni sì e i problemi dei primi giorni erano stati identici a quelli dei
centri più colpiti. Lo Stato italiano, per fronteggiare la grande massa di
profughi e sfollati, non aveva saputo far altro che offrire un biglietto
gratuito a chi volesse raggiungere i parenti lontani. Di sola andata però. Era
bastato perché da Corleone, tra il '66 e il '69 sparissero altre mille persone.
Insomma, in sessant'anni il paese aveva perso un terzo dei suoi abitanti, che
non erano stati accolti altrove, ma che erano andati ad abbracciare una vita di
privazioni, di fatiche e di umiliazioni prima del riscatto, pur di non perdere
l'identità di persone oneste. Basta a giustificare l'aureola di una santità,
anche se soltanto laica?
31 maggio 2020
http://nonuccioanselmo.wixsite.com/ilcuoreeilleone
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