Francesco Cimino nella sua bottega di liutaio |
CARMELO LOPAPA
C’erano dispositivi elettronici per tremila euro:
" Ma chiunque lo avrebbe fatto"
Una grande borsa riversa per terra in un angolo
di piazza San Francesco D’Assisi. La Basilica romanica è a pochi metri ma non
fa ombra, sotto il sole delle 13 che picchia già a giugno. Deserto, nessuno
intorno, la Focacceria non ha ancora riaperto dopo l’emergenza Covid. Francesco
ha appena chiuso la sua bottega da falegname nel cuore della Vucciria, a poche
centinaia di metri da lì, in vicolo La Loggia 11, sta tornando a casa dalla
moglie in Piazza Rivoluzione, attraverso il dedalo di vicoli del centro
storico. È ora di pranzo.
Si avvicina a quel borsone blu, lo prende, è pesante,
lo apre, con un pizzico di apprensione. Dentro trova di tutto. Un pc portatile
di ultima generazione, sembra nuovo. Poi un tablet, un orologio satellitare da
corsa, un lettore Mp3 con le cuffie. E ancora un dispositivo per il wifi con
sim inserita e codice in evidenza pronto uso, un power bank per caricare i
cellulari, vari caricabatterie. A occhio, due, forse tremila euro di
dispositivi elettronici.
Francesco Cimino, si chiama così, non ci pensa due volte. Avvisa la moglie
che tarda di poco. Allunga per altri 500 metri e raggiunge il commissariato di
polizia in via Roma. «Ho trovato questa borsa, ci sono delle cose dentro » ,
dice ai poliziotti. Lo guardano un po’ strano. Barba incolta, due orecchini,
vogliono sapere il dove, il come, il quando. Si deve buttare giù un verbale e
l’artefice del ritrovamento lo deve firmare. Francesco fornisce tutti i suoi
dati, firma, finalmente può tornare a pranzo. Ché è quasi ora di tornare ad
aprire la bottega per il pomeriggio.
Lo sbadato proprietario, dopo la denuncia per smarrimento, verrà
contattato, gli verrà riconsegnato tutto. Un turista, a Palermo per una
settimana, aveva perso la borsa mentre trasportava i bagagli verso la casa in
affitto nel centro storico. Ai poliziotti chiederà il numero di cellulare di
chi ha ritrovato e riconsegnato tutto. Deve conoscerlo, capire chi è, che
faccia abbia.
« Ho fatto quel che chiunque al posto mio avrebbe fatto. Qualsiasi persona
normale, non dico per bene, ma normale. Ho subito pensato alla disperazione di
chi aveva perso tutto quel materiale. Era chiaro che fossero strumenti di
lavoro, non ho pensato un solo istante di tenerli per me, che
senso avrebbe avuto? » , dice. Il laboratorio è avvolto in una nuvola di
polvere da legno. Tutto intorno assi grezze, seghe, un grande tavolo da lavoro.
Francesco, classe ’72, guanti neri, jeans e maglietta ne è il titolare e
lavoratore unico. La bottega è quasi nascosta, nessuna insegna, una vecchia
vetrata la distingue appena da tutte le saracinesche abbassate di un vicolo La
Loggia che sembra senza vita. Eppure è il budello che porta dalla Vucciria alla
parte bassa di corso Vittorio Emanuele.
Questa è la storia di luoghi comuni infranti. Di retaggi obsoleti di una
Sicilia furba e accattona che esistono solo nella mente di chi non ne
conosca la storia e la civililtà. Di chi a Palermo non ha messo mai piede.
Storie di pregiudizi che crollano sull’uscio della bottega assai modesta ma di
grande dignità di un artigiano dal volto sorridente e dal cuore pulito. « Non
mi piace la definizione di palermitano onesto, qualunque palermitano avrebbe
fatto la stessa cosa».
Il fatto è che Francesco, oltre al suo cuore, ha una storia straordinaria
alle spalle. Vent’anni da bassista in vari gruppi, la musica nel sangue. Figlio
della borghesia bene, papà bancario. E una manualità fuori dal comune, fin da
bambino. Trasformata poi in lavoro, abbandonando altre velleità. Legno,
falegnameria. Ma, come ama dire, anche "liuteria". Alle pareti
chitarre, liuti, mandolini, che Francesco restaura o costruisce ex novo. «La
musica mi è rimasta dentro, è la mia passione. E quando costruisco strumenti è
come se i miei talenti si incontrassero. Gli oggetti in legno prendono anima
con il suono che essi stessi producono. È il matrimonio perfetto».
E passione lo è a tal punto da trasformare il falegname della Vucciria in
pendolare. Tra Palermo e Avignone, dove la sorella è autrice di sceneggiature
per una compagnia teatrale. « Compongo le musiche per i suoi spettacoli, da
anni ormai — sorride e spiega a bassa voce, come se in laboratorio ci fosse
qualcun altro — Da bassista a compositore di musiche per il teatro è un bel
salto. Ma è un continuo cambiare, nella mia vita è sempre stato così. Non mi
spaventa. È tutto un muoversi e viaggiare, senza conoscere noia » . Dalla
Vucciria ad Avignone, di passione in passione. Con l’orgoglio dell’umiltà.
La Repubblica Palermo, 21 giugno 2020
Nessun commento:
Posta un commento