Un’iniziativa
importante che si articola da una parte con il progetto “Spazi per
ricominciare”, che prevede la possibilità di riutilizzare 200 beni confiscati,
e, dall’altra, con il bando sperimentale per l’assegnazione diretta di beni
immobili che, invece, riguarda ben 3000 beni confiscati. E altrettanto
importante e significativo è l’iniziativa del sindacato dei pensionati della
Cgil da sempre in prima linea nella battaglia per la legalità. Già, perché qui
in gioco c’è la possibilità di valorizzare un patrimonio enorme che giace
inutilizzato, e che non deve assolutamente finire di nuovo nelle mani della
criminalità organizzata. Lo Spi Cgil intende dare il proprio contributo in
questa fase complessa. “Non solo con la presenza nei campi e nei laboratori
antimafia che prosegue da anni, ma anche attraverso la contrattazione sociale,
ovvero nel dialogo con le istituzioni locali per la gestione e la destinazione
dei beni confiscati”, spiega Roberto Battaglia del Dipartimento
legalità dello Spi Cgil.
A spiegare nel dettaglio
come si articola l’iniziativa dell’Anbsc, e in che modo anche lo Spi Cgil può
intervenire in questo processo virtuoso di valorizzazione dei territori e di
lotta alle mafie, è la responsabile del Dipartimento legalità Spi,
Daniela Cappelli: “Siamo di fronte a un’iniziativa senza precedenti.
Da una parte ci sono i 200 beni del progetto ‘Spazi per ricominciare’, messo in
campo per rispondere all’emergenza del Covid-19, dall’altra c’è il bando che di
fatto semplifica il processo di assegnazione dei beni confiscati”. Si tratta
cioè di un’assegnazione diretta alle realtà del terzo settore che velocizza il
processo e rimette dunque a disposizione della comunità in modo più rapido di
quanto sia mai stato fatto i beni sottratti alle mafie. “Lo Spi può giocare un
ruolo importante per individuare i bisogni del territorio e dare risposte
efficaci”. Può farlo innanzitutto insieme all’Auser, l’associazione
per l’invecchiamento attivo legata proprio allo Spi. Insieme si possono
immaginare progetti per il territorio. “Abbiamo sempre lamentato la lunghezza
dei tempi perché i beni confiscati venissero assegnati. Ora con il bando
dell’Agenzia nazionale si velocizza l’iter”, spiega Cappelli. “Come Spi Cgil
possiamo dare il nostro contributo, innanzitutto conoscendo il territorio,
mappando i beni disponibili e dando il nostro contributo, insieme alle
associazioni e alle altre realtà, per definire i progetti”.
Il bando dell’Anbsc
mette a disposizione dei finanziamenti fino a un tetto massimo di 20mila euro
per ogni progetto. “Molti pensano che le risorse siano poche perché spesso per ristrutturare
i beni disponibili c’è bisogno di molti più soldi, spesso servono interventi
strutturali. Ma ricordiamoci che ci sono anche altri strumenti a disposizione,
dalla Fondazione per il Sud, per citare una realtà che conosciamo da vicino
come Spi e che ha dato il proprio contributo alla ristrutturazione di un grande
bene confiscato a Cerignola. E poi c’è il Pon legalità”.
Per il sindacato è una
grande sfida, anche perché in gioco non c’è solo la legalità ma anche il lavoro
che attorno a questi beni può essere creato. Gli obiettivi del bando messo in
campo dall’Anbsc infatti sono coesione e protezione sociale, partecipazione e
inclusione, ma anche cooperazione, cittadinanza attiva, sostenibilità economica
e sociale ma anche ambientale. Ma anche qualità della vita e pari opportunità.
Insomma, si può fare davvero molto. E cinque sono le aree tematiche entro cui
si possono sviluppare i progetti. Tutte altamente significative: sociale,
salute e prevenzione, occupazione e ricerca, cultura, sicurezza e legalità.
Per essere parte
attiva in questo processo di recupero, è importante avere sotto controllo la
mappatura dei beni e conoscere meticolosamente i territori, per poter
sviluppare i progetti più adatti a ciascuno di essi.
Si pensi solo a come
questi beni possano dare una prima risposta anche a situazioni di emergenza
abitativa, soprattutto quando non c’è bisogno di ristrutturazione, nel caso di
beni immediatamente disponibili e gratuiti. Come quelli del progetto ‘Spazi per
ricominciare’. L’offerta è ampia: magazzini, locali di deposito, abitazioni,
terreni, ville, alberghi, stalle, scuderie, negozi, botteghe, laboratori per
arti e mestieri. I Comuni, i prefetti, le organizzazioni di categoria, le associazioni
della società civile sono chiamati a mobilitarsi per non farsi sfuggire
un’occasione unica in termini di recupero del territorio.
Possono farlo per rispondere alle esigenze di spazi per gli uffici pubblici, soprattutto le scuole. Ma c’è anche il mondo socio-sanitario e il comparto economico-produttivo. Come funziona? L’assegnazione dei beni è temporanea ma al termine del periodo l’Ansbc potrà valutare anche l’assegnazione definitiva. E la procedura scelta, di tipo emergenziale, consente a un Comune che riceve il bene di deciderne anche una variazione di destinazione d’uso.
Possono farlo per rispondere alle esigenze di spazi per gli uffici pubblici, soprattutto le scuole. Ma c’è anche il mondo socio-sanitario e il comparto economico-produttivo. Come funziona? L’assegnazione dei beni è temporanea ma al termine del periodo l’Ansbc potrà valutare anche l’assegnazione definitiva. E la procedura scelta, di tipo emergenziale, consente a un Comune che riceve il bene di deciderne anche una variazione di destinazione d’uso.
Nella provincia di
Parma, dove i contagi del coronavirus sono stati pesanti, ci si è già
mobilitati. Sono stati individuati una serie di immobili ex mafiosi, in condizioni
valide, per destinarli gratis, in via provvisoria, a Comuni e imprese proprio
con l’obiettivo di sostenere la ripresa, fornire luoghi di servizio e di
utilità sociale ed economica, aumentare le superfici disponibili determinate
dalle ristrettezze per i distanziamenti. Insomma un modo per aiutare
concretamente famiglie, imprenditori, enti locali, in definitiva tutti i
territori in difficoltà.
La situazione nel parmense la spiega chiaramente Paolo Bertoletti, dello Spi Cgil Emilia Romagna, “la nostra attenzione è rivolta principalmente ai beni confiscati sul nostro territorio e, in particolare, a quegli immobili che possono essere assegnati a famiglie che a causa del virus vivono in condizioni finanziarie disagiate. A Sorbolo, poco distante da Parma, c’è un intero quartiere posto sotto sequestro: due anni fa tredici alloggi sono stati consegnati alla Finanza. Oggi, sei alloggi possono essere dati proprio a quelle famiglie. Cinque appartamenti su sei, con interventi poco costosi, potrebbero essere consegnati in breve tempo. Il sindaco ci ha detto che i soldi assegnati dal governo – poche migliaia di euro per ogni appartamento – per la loro ristrutturazione sono già esauriti. Sappiamo anche però – aggiunge Bertoletti – che un imprenditore, escluso in passato da gare d’appalto vinte invece da famiglie mafiose, è disponibile a intervenire, come donazione, per renderli agibili. Ecco, il nostro compito è trovare il modo di sciogliere la matassa perché la macchina si metta in moto subito. Vale anche – conclude – per un progetto che prevede il recupero di alloggi confiscati da destinare agli studenti fuori sede. Anche qui servirebbero circa 500 mila euro. Si sta lavorando con l’Università alla soluzione».
Ecco, un esempio concreto del ruolo che lo Spi Cgil può svolgere in questo processo.
La situazione nel parmense la spiega chiaramente Paolo Bertoletti, dello Spi Cgil Emilia Romagna, “la nostra attenzione è rivolta principalmente ai beni confiscati sul nostro territorio e, in particolare, a quegli immobili che possono essere assegnati a famiglie che a causa del virus vivono in condizioni finanziarie disagiate. A Sorbolo, poco distante da Parma, c’è un intero quartiere posto sotto sequestro: due anni fa tredici alloggi sono stati consegnati alla Finanza. Oggi, sei alloggi possono essere dati proprio a quelle famiglie. Cinque appartamenti su sei, con interventi poco costosi, potrebbero essere consegnati in breve tempo. Il sindaco ci ha detto che i soldi assegnati dal governo – poche migliaia di euro per ogni appartamento – per la loro ristrutturazione sono già esauriti. Sappiamo anche però – aggiunge Bertoletti – che un imprenditore, escluso in passato da gare d’appalto vinte invece da famiglie mafiose, è disponibile a intervenire, come donazione, per renderli agibili. Ecco, il nostro compito è trovare il modo di sciogliere la matassa perché la macchina si metta in moto subito. Vale anche – conclude – per un progetto che prevede il recupero di alloggi confiscati da destinare agli studenti fuori sede. Anche qui servirebbero circa 500 mila euro. Si sta lavorando con l’Università alla soluzione».
Ecco, un esempio concreto del ruolo che lo Spi Cgil può svolgere in questo processo.
“Lo Spi deve essere
responsabile rispetto a queste importanti iniziative messe in campo
dall’Agenzia, dobbiamo vigilare affinché i beni vengano destinati a un uso
sociale e vengano correttamente utilizzati”, aggiunge Cappelli. “E gli usi possibili
sono infiniti: dagli appartamenti per famiglie bisognose a quelli per gli
anziani soli o per gli studenti, alle case rifugio per le donne vittime di
violenza”.
Il patrimonio è
immenso. E questo è un buon momento per valorizzarlo. I numeri parlano chiaro.
Basta andare su “Confiscati Bene 2.0”, il portale on line creato da
Libera proprio per il monitoraggio dei beni confiscati e per la promozione
della trasparenza con l’aiuto di tutti: cittadini, soggetti gestori, pubblica
amministrazione. “Illuminare davvero i beni confiscati, attraverso la raccolta
dei dati e il monitoraggio civico”, dicono da Libera “è forse il modo più
efficace per sottrarli definitivamente alle mani delle mafie e dei corrotti”.
E anche i comuni
cittadini possono fare la propria parte. Si può ad esempio contribuire a
mappare e monitorare i beni confiscati in tutti i Comuni d’Italia, per
restituire a tutti ciò che i clan hanno sottratto illegalmente alla comunità.
Ma di Osservatori ce
ne sono molti su tutto il territorio. Sono dei presidi di cittadinanza
attiva e di legalità. In Campania per esempio a chiedere l’istituzione di un
osservatorio è stato proprio lo Spi Cgil. “Stiamo aspettando che venga
istituito ad Acerra perché durante la quarantena ci sono stati omicidi di camorra,
a dimostrazione che la situazione è grave, se nel lockdown accadono queste
cose. Crediamo che sia una cosa molto importante”, dice Annamaria Palmieri,
dello Spi Cgil della Campania, “È un lavoro duro. Speriamo che possa diventare
modello anche per altri territori”. E anche in Campania le cose iniziano a
muoversi sul fronte dell’assegnazione dei beni a famiglie bisognose: “Nel
Comune di San Giorgio a Cremano sono stati già consegnati due appartamenti e
poi si sta realizzando un centro antiviolenza. Sono in completamento anche
altri cinque immobili in consegna a famiglie bisognose e anche qualche immobile
per attività sociale su cui come Spi Cgil vogliamo incrementare il rapporto con
Auser e altre associazioni di volontariato presenti nel comune”, conclude
Palmieri.
Ma anche altrove si
lavora per l’istituzione di Osservatori regionali, come in Umbria, dove esiste
ma è ancora inattivo. A spiegarlo è Maria Rita Paggio, segretaria generale dello Spi
dell’Umbria, che sottolinea anche come si debba vigilare attentamente in un
momento come questo: “stanno arrivando tantissime risorse dai decreti del
governo. È il momento più delicato perché il pericolo di inflitrazioni mafiose
è dietro l’angolo. E noi dobbiamo vigilare”.
Quella dei beni
confiscati è una realtà importante su cui il sindacato dei pensionati della
Cgil lavora da anni, innanzitutto attraverso i campi e i laboratori antimafia
che ogni estate organizza insieme a Libera e Arci. Quest’anno i
campi si terranno in molte parti d’Italia in una forma ridotta e rivista. Più
nella forma dei campi estivi, come nel caso delle attività promosse da Libera,
“senza pernottamento e con un numero limitato di partecipanti e con un vincolo
di orario”, spiega Claudio Siciliano, responsabile dei campi estivi di
Libera. “Per noi è una bella sfida. Abbiamo già 50 proposte circa su
tutto il territorio nazionale per un totale di 500 posti disponibili”. E lo Spi
Cgil ovviamente svolgerà un ruolo importante anche nel nuovo format. “Sarà
difficile avere momenti di aggregazione sportiva, musicale, culturale. C’è un
gran vuoto di proposte che si aggiunge allo stress di una didattica a distanza
e di un modello relazionale completamente stravolto. Per questo vogliamo dare
il nostro contributo e ci tenevamo a fare una proposta al paese”, conclude
Siciliano.
E anche l’Arci si è
mobilitata con una serie di proposte alternative ai veri campi e laboratori
antimafia. A spiegarlo è Serenella Palleschi: “Abbiamo pensato a degli
appuntamenti on line per mantenere un contatto con chi ha già fatto esperienza
o con chi avrebbe voluto partecipare quest’anno ma non può. Si tratta di un
ciclo incontri in diretta a cui abbiamo dato l’eloquente titolo C’è Campo. Si
parte il 17 giugno e si prosegue fino al 17 di ottobre. Si terranno ogni
quindici giorni, di mercoledì mattina. Verranno coinvolti tutti i partner
dell’Arci, Spi Cgil compreso, e cercheremo di valorizzare, di volta in volta,
un territorio specifico”. Il format sarà leggero e fresco, della durata di
un’ora. Si racconta l’infiltrazione mafiosa sul territorio, poi si racconta il
campo con i ragazzi che hanno già partecipato, i coordinatori di Arci, lo Spi,
la Cgil, la Rete degli studenti e tutti i soggetti coinvolti. E poi c’è anche
una parte più prettamente culturale dedicata alla presentazione di libri o a
brevi letture”, conclude Palleschi.
Ma le iniziative per
l’estate, anche se riviste e ridotte, si stanno concretizzando un po’ in tutta
Italia. In Veneto per esempio si sta organizzando un campo
diurno con dieci ragazzi, anche minorenni. “Stiamo immaginando tre momenti
diversi di tre-quattro giorni con la presenza dei genitori, sarebbe importante,
anche per creare un dialogo tra le generazioni sui temi della legalità”,
spiega Rosanna Bettella, segretaria dello Spi Cgil Veneto.
A Genova intanto
si fanno videoconferenze sul tema della legalità e dell’usura, un problema
purtroppo molto sentito nel capoluogo genovese. “Si tratta di momenti formativi
per i volontari e gli attivisti dello Spi Cgil”, spiega Patrizia
Vistori dello Spi Cgil di Genova. “E poi stiamo programmando
iniziative con le scuole e con Libera”.
E poi non va
dimenticata la realtà di Riace, dove lo Spi Cgil è stato
sempre presente. Dopo la visita fatta a Mimmo Lucano nel
febbraio scorso, nel comune è stato riaperto il laboratorio medico per tutta la
cittadinanza. E lo Spi di Reggio Calabria conferma di voler proseguire
l’esperimento di integrazione tra migranti e comunità locale, come ha fatto
negli anni passati. “In progetto c’è l’apertura di una sede dello Spi, non
appena sarà possibile”, spiega Salvatore Lacopo dello Spi regionale
della Calabria.
Insomma, tante
iniziative in campo, tanta voglia di fare. L’economia sociale che
deriva dai beni confiscati è un pezzo fondamentale della ripresa di questo
paese soprattutto dopo questo momento difficile. Una buona occasione
per combattere concretamente, più che mai, l’illegalità.
LiberEtà, 11 giugno 2020
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