di LIANA
MILELLA e SALVO PALAZZOLO
Oltre a quattro boss al 41 bis, nei mesi
di marzo e aprile sono centinaia i detenuti mandati a casa per motivi di salute.
Il ministro Bonafede: verifiche sui
domiciliari già concessi e quelli futuri. Cambio al Dap: al posto di Basentini
ecco il pg di Reggio Calabria Petralia
ROMA — Sul tavolo del Guardasigilli
Alfonso Bonafede c’è una lista con un numero — 376 — che crea allarme. Perché
nell’elenco figurano i nomi di boss del rango di Zagaria, Bonura, Iannazzo e
Sudato, messi agli arresti domiciliari dai giudici per l’emergenza virus. Ma
anche quelli di altri 372 oggi ex detenuti comunque legati alle cosche e
operativi sul piano criminale, visto che nessuno di loro risulta essersi
dissociato.
La lista è stata inviata tre giorni fa dal
Dipartimento delle carceri alla commissione parlamentare Antimafia, che l’aveva
espressamente richiesta, e che adesso fa capire la fretta di Bonafede nel
nominare i nuovi vertici delle prigioni italiane. E spiega perché di sabato il
ministro ha immediatamente fatto insediare al Dap il vice capo Roberto
Tartaglia e ha comunicato alla maggioranza il nome di Dino Petralia come nuovo
direttore. Entrambi magistrati antimafia.
A Tartaglia, il ministro ha affidato anche
il primo incarico, esaminare i fascicoli degli scarcerati uno per uno, per un
primo monitoraggio che proseguirà, qualora fosse necessario, con gli ulteriori
accertamenti. Inoltre, già ieri pomeriggio, il nuovo Dap ha diramato una
circolare con cui chiede ai direttori di comunicare immediatamente al
Dipartimento ogni istanza presentata dai detenuti al 41 bis o comunque inseriti
nei circuiti della cosiddetta Alta sicurezza.
La lista che scotta
Ma cosa c’è nella lista? Un elenco dei
boss di vario spessore che nell’ultimo mese e mezzo sono stati scarcerati dai
giudici per il rischio Covid (o per altre patologie) e che oggi vivono ai
domiciliari, nei loro territori. Si tratta di capi, gregari delle cosche,
esattori del pizzo e narcotrafficanti. Il monitoraggio del Dipartimento
dell’amministrazione penitenziaria ha fatto emergere un numero che non ha
precedenti. Nei giorni scorsi la polemica era già scoppiata per la concessione
dei domiciliari a quattro mafiosi al 41 bis: il camorrista Pasquale
Zagaria, i siciliani Francesco Bonura e Vincenzo Di Piazza, lo ’ndranghetista
Vincenzo Iannazzo.
Quei nomi sono in cima alla lista. Ma ora
il monitoraggio ne aggiunge un altro, l’ergastolano Antonino Sudato, detenuto
nel reparto più rigido della cosiddetta Alta sorveglianza, quella etichettata
con il numero 1. Nessun domiciliare per l’Alta sorveglianza 2, dove sono
reclusi i terroristi. Tutti gli altri scarcerati erano nell’Alta sorveglianza
3, il circuito che ospita l’esercito di mafie e gang della droga, 9.000
detenuti in totale. Circa 200 dei 376 complessivi sono comunque ancora in
attesa di giudizio, e su questi il ministero della Giustizia non ha alcuna
competenza.
Le preoccupazioni dei pm
Per tutti, hanno comunque pesato le
condizioni di salute precarie attestate da certificati e perizie. E il fatto
che il Dap non sia riuscito ad attrezzare soluzioni alternative agli arresti
domiciliari, per esempio nei centri medici penitenziari, come quelli di Roma,
Viterbo, Milano. Così era stato chiesto dal tribunale di sorveglianza di Sassari
per Zagaria, ma la risposta del Dap, sollecitata più volte, è arrivata solo il
giorno dopo il provvedimento dei giudici che lo avevano già mandato a
Brescia dalla moglie. A preoccupare le procure antimafia è soprattutto il
ritorno dei mafiosi nei loro territori. «Gli arresti domiciliari sono
assolutamente inidonei per soggetti ad alta pericolosità» ribadiscono i pm
della Dda di Palermo, ricordando che comunicano spesso anche dal carcere,
figurarsi da casa. E per le forze dell’ordine scatta un superlavoro per
controllare tutti i mafiosi ai domiciliari, per accertarsi che rispettino
l’obbligo di non incontrare o telefonare a nessuno.
Il nuovo corso
In questo clima Bonafede dimissiona l’ex
capo del Dap Francesco Basentini a cui si addebita la responsabilità di aver
gestito male le rivolte di febbraio e ancora peggio la stagione del Covid,
soprattutto per le scarcerazioni dei mafiosi. Arrivano al Dap il nuovo capo
Petralia e il suo vice Tartaglia. Il primo arriva dalla procura generale di
Reggio Calabria, il secondo dalla commissione parlamentare Antimafia e dopo una
lunga stagione a Palermo come pm, dove ha lavorato anche con il procuratore
aggiunto Petralia. Il quale, a parte una parentesi al Csm nella corrente che fu
di Falcone, è stato in città di frontiera come Trapani, Sciacca e Marsala.
Correva per la procura di Torino l’anno scorso quando seppe che Palamara e soci
lo sponsorizzavano, ovviamente senza dirglielo, e ritirò subito la sua
candidatura.
La Repubblica, 3 maggio 2020
Nessun commento:
Posta un commento