Spetta
al professor Salvatore Lupo l’introduzione e codificazione di un nuovo paradigma
interpretativo del brigantaggio postunitario, che è quello di guerra
civile.
Il
riferimento va alle sue opere “Il grande brigantaggio. Interpretazione e
memoria di una guerra civile” in “Storia d'Italia Einaudi, Annali XVIII, Guerra
e Pace”, a cura di W. BARBERIS, Einaudi, Torino 2002 e specialmente
“L’unificazione italiana. Mezzogiorno, rivoluzione, guerra civile”, Donzelli,
Roma 2011. Il Lupo
ritiene che la vecchia spiegazione del brigantaggio quale rivolta contadina e
primitiva lotta di classe, cara a Franco Molfese e teorizzata dallo storico
inglese Eric J. Hobsbawm con un’analisi transculturale, sia erronea, come in
verità avevano finito con il riconoscere gli stessi Molfese ed Hobsbawm.
Egli invece
propone una spiegazione che riconosce in esso una natura ibrida. Lo studioso
siciliano rintraccia le forti componenti criminali delle bande brigantesche
postunitarie, che però furono manovrate ed appoggiate da forze propriamente
politiche loro esterne, mosse dal progetto di una restaurazione borbonica.
Il professor
Lupo inserisce quindi il brigantaggio successivo all’Unità in un contesto
temporale e spaziale allargato, dato dal lungo conflitto fra “rivoluzione” e
“reazione” in Europa a partire dalla fine del secolo XVIII sino agli anni
Sessanta del XIX.
I briganti,
delinquenti e mercenari assieme, furono sostenuti da gruppi borbonici dopo la
caduta del regno delle Due Sicilie, proseguendo una consuetudine di
strumentalizzazione delle bande che risaliva almeno sino all’armata della Santa
Fede del Ruffo. La lotta contro il brigantaggio s’inserì quindi in quella
guerra civile, non fra Nord e Sud, bensì interna al Mezzogiorno stesso, fra
unitari ed autonomisti, ossia liberali e legittimisti, che si protraeva da
molti decenni.
L’opera del
professor Pinto, “La guerra per il Mezzogiorno”, si pone idealmente in
prosecuzione ed approfondimento delle prospettive teoriche suggerite da
Salvatore Lupo.
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