Emanuele Macaluso |
EMANUELE MACALUSO
Ogni giorno che passa si ha la certezza
che il Paese stia attraversando, e attraverserà, una crisi mai vista dalla fine
della seconda guerra mondiale. Oggi alcune aziende hanno ripreso a
lavorare: quel che emerge con più nettezza è un crescente impoverimento di gran
parte della popolazione, anche del ceto medio produttivo che fa dire a molti
artigiani e bottegai di non essere, forse, più in grado di continuare. Anche
perché scarseggiano gli acquirenti, i consumatori. Io sono molto vecchio per non ricordare quali furono le condizioni sociali,
soprattutto quelle alimentari, negli anni immediati della guerra. Solo quando
in Sicilia sbarcarono gli eserciti alleati, angloamericani, nel luglio 1943, fu
possibile un relativo miglioramento, in particolare perché c’erano in
circolazione derrate alimentari destinate alle truppe d’occupazione. Ma quelli
erano gli anni in cui si alimentò anche il mercato nero, di grano, farine,
olio, e altri prodotti cui poteva accedere chi aveva risorse finanziarie e un
lavoro certo, come gli impiegati pubblici.
Nella mia città, le miniere erano chiuse e allagate, i lavori pubblici
nell’edilizia erano solo quelli necessari a sgombrare le macerie provocate dai
bombardamenti. Ne ho scritto altre volte ma adesso ci ritorno perché le
condizioni del Paese, di molte persone e famiglie del ceto medio impoverito,
somigliano a quelle del periodo post-guerra. Oggi tutti chiedono sussidi al
governo a causa della assenza di altre risorse. Il governo, in parte, sta
provvedendo. Ma facendo crescere il debito pubblico e non si vede come le nuove
generazioni potranno pagarlo.
Nel dopoguerra c’erano alcune risorse: la più importante era la speranza
che tutto sarebbe cambiato. E un impegno dei grandi partiti popolari e del
sindacato, cioè della politica, per uscire dal tunnel. Forse mi sbaglio e la
vecchiaia suggerisce pessimismo. Ma oggi la Politica, con la P maiuscola come
negli anni del dopoguerra, non c’è. E anche quella con la “p” minuscola non è
in grado di mettere in moto impegni politici e sociali che determinino la
speranza. Il Pd, ma anche il sindacato, dovrebbero riflettere su questa
situazione, discuterne apertamente ed operare affinché si realizzi un risveglio
che sia in grado di muovere un’azione sociale, unica possibilità per rianimare
la politica.
(4 maggio 2020)
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