di SALVO PALAZZOLO
Ventotto
anni fa la morte di Falcone. Uno degli attentatori del giudice fece il numero
di un'utenza del Minnesota
PALERMO. Due
ore e 41 minuti prima che l'autostrada di Capaci saltasse in aria, il 23 maggio
di 28 anni fa, uno degli attentatori del giudice Giovanni Falcone chiamò dal
suo telefonino (clonato) un numero americano. Un'utenza del Minnesota. È tutto
quello che i processi sono riusciti a raccontarci, ma i magistrati di
Caltanissetta non hanno smesso di indagare su uno dei misteri meglio custoditi
di quella strage. Indagine lunga e complessa, perché l'utenza 00161277746990
risultava inesistente. Un rompicapo per gli investigatori della Direzione
investigativa antimafia, che hanno però trovato una traccia: Repubblica ha
potuto consultare il rapporto inviato alla procura di Caltanissetta, adesso
agli atti del processo d'appello che si sta celebrando contro altri quattro
boss della strage.
In quel rapporto c'è un indirizzo: 2585 Ivy Avenue East,
Maplewood, Minnesota. E anche il numero dell'appartamento del residence in cui
era installata l'utenza, il 315. Utenza che è rimasta un mistero per anni
perché il sistema aveva segnato uno zero alla fine. In un altro tabulato, lo
zero non c'era. E si è aperta una traccia, da dove adesso si ricomincia ad
indagare.
L'artificiere
Negli ultimi
mesi, un pentito della mafia catanese, Maurizio Avola, è tornato a parlare di
un americano esperto di esplosivi che era stato mandato in Sicilia dal capo
della famiglia Gambino di New York, John Gotti. "Il forestiero arrivò a
Palermo nei primi mesi del 1992 - ha raccontato ai pm di Caltanissetta, e anche
questo verbale è depositato nel processo Capaci bis - Aveva circa 40 anni,
capelli castani, alto 1,85, vestito in maniera elegante. Lo incontrai a
Catania, a casa di Aldo Ercolano, che mi disse: "Oggi hai conosciuto una
persona importante"". Ma chi c'era in quell'appartamento di Ivy
Avenue East il 23 maggio del 1992? Solo un "cugino" della mafia
americana? Negli archivi del palazzo di giustizia di Palermo c'è un'altra
telefonata per certi versi simile: il 30 luglio 1983, il giorno dopo la strage
che travolse il consigliere istruttore Rocco Chinnici, due carabinieri della
scorta e il portiere dello stabile, l'Fbi intercettò negli Stati Uniti il boss
Gino Mineo al telefono con un misterioso interlocutore a Palermo. Veniva
informato che "hanno messo Tnt nella macchina, lui è morto". Non ci
fu bisogno di fare il nome di Chinnici. I cugini americani già sapevano.
La
"trattativa"
Nella storia
del 1992, ci sono però altri tasselli per provare a comporre un possibile
quadro. Che in questo caso va oltre le solite presenze di mafia. Una
dichiarazione porta proprio a Gioè, che poi morì suicida nel carcere di
Rebibbia, il 28 luglio 1993. Uno strano suicidio, nei giorni in cui il boss di
Altofonte era entrato in crisi e sembrava volesse collaborare con i magistrati.
Fra il 1992 e l'inizio del 1993, incontrava un ex estremista di destra, Paolo
Bellini, oggi indagato per la bomba alla stazione di Bologna. "Gioè mi
raccontava della strage di Capaci - ha spiegato Bellini ai magistrati siciliani
- e ripeteva: "Ci hanno consumati", "Ci hanno usati". Mi
spiegò che Riina aveva un ulteriore canale di trattativa, con lo scopo di
ottenere benefici per l'organizzazione mafiosa. Era una trattativa triangolare
fra l'Italia e gli Stati Uniti, nel senso che Cosa nostra aveva dei tramiti
negli Stati Uniti per una trattativa da condurre in porto con ambienti italiani
che Gioè non mi disse". Il boss di Altofonte svelò soltanto che i
"tramiti americani" erano in contatto con alcuni "parenti
americani di Totò Riina".
"Nec P
300"
Gli
investigatori della Dia sono tornati a cercare una traccia nel telefonino
clonato di Gioè: era un Nec P 300 agganciato a un'utenza che risultava
disattivata da mesi. Quella dell'imprenditore Andrea Di Matteo, che è il cugino
di un altro degli stragisti di Falcone. Il numero è 0337/893266: attivato il 19
marzo 1991, il 15 aprile 1992 l'intestatario presentò una denuncia di furto
dell'apparecchio, sei giorni dopo l'utenza era già disattivata, ma solo sulla
carta. Perché continuò misteriosamente a funzionare fino al 16 ottobre.
Evidentemente grazie a una talpa all'interno della società telefonica, anche
questa mai individuata.
La Repubblica, 23 MAGGIO 2020
Nessun commento:
Posta un commento