I carabinieri davanti la chiesa di piazza Ingastone |
Alla Zisa la " vara" del Cristo esce dalla
chiesa. Il parroco: " Mi ero distratto"
Il Venerdì santo nella chiesa di piazza Ingastone, alla Zisa, è da sempre
una grande tradizione, per la famiglia Comandè. Sei anni fa organizzava tutto
don Stefano, boss e presidente della confraternita delle Anime sante. Adesso
che è in carcere, se ne occupa il fratello Antonino, pregiudicato per droga. I
carabinieri della Compagnia di San Lorenzo l’hanno sorpreso due giorni fa
mentre officiava una sorta di manifestazione alternativa alla Via Crucis:
la vara del Cristo morto era poco fuori la porta della chiesa di
Maria Santissima di Lourdes, la musica ad alto volume aveva già attirato
l’attenzione di una cinquantina di persone. In barba a tutte le norme anti-
Covid.
Sono interventi i militari guidati dal capitano Andrea Senes, che stavano
facendo altri controlli nella zona. Le sanzioni sono scattate per cinque
persone, fra cui Antonino Comandè, che ha 38 anni. « Non ci devono essere zone
franche — dice il generale Arturo Guarino, comandante provinciale dei
carabinieri di Palermo — in questo momento tutti devono rispettare le regole
poste a tutela della salute pubblica. E poi non bisogna cogliere la scusa della
religione per affermare altri tipi di supremazia ».
Il parroco, padre Rodrigo Serrano, si è scusato con i carabinieri. « Sono
stato ingenuo — dice adesso — avevo autorizzato solo una diretta Facebook
dentro la chiesa.
Mi sono distratto pochi minuti per una telefonata e già avevano spinto
la vara sul marciapiede. Ma non avrebbero fatto alcuna Via Crucis » .
E la musica? « Il responsabile della confraternita mi ha riferito che non sono
stati loro a metterla».
Ma com’è possibile che il fratello del boss, pregiudicato per droga,
ricopra un ruolo organizzativo così importante nella confraternita? Nel
2014 Repubblica raccontò che il boss Stefano Comandè era il
presidente della confraternita e raccolse anche lo sfogo di alcuni parrocchiani
che lamentavano di essere stati esclusi «dai malacarne che si sono impossessati
dalla chiesa » . Un’inchiesta giornalistica che portò l’allora
arcivescovo Paolo Romeo a sospendere la confraternita. Per un anno venne
anche vietata la processione. «Io ero viceparroco, fu un momento di tensione
altissima » , ricorda padre Serrano, che arriva dal Cile. « Oggi, comunque,
Nino Comandè non ricopre alcuna carica nella confraternita», aggiunge. « Ho
avuto discussioni animate con lui, però io non faccio il poliziotto ».
Ma non c’era una norma della Conferenza episcopale siciliana che vieta
l’iscrizione alla confraternite ai pregiudicati? « Lui è iscritto da tanti
anni», dice padre Rodrigo. E così, un altro Comandè continua a imporre la
volontà di una famiglia " di rispetto" a un’intera comunità. Lo
avevamo raccontato due anni fa, scrivendo di quanto emergeva da un’indagine
della procura: le microspie dei carabinieri avevano registrato
una querelle attorno alla fornitura di fiori per la processione della
Madonna della Mercede, al mercato del Capo. Qualcuno nella confraternita di
piazza Ingastone voleva affiancare un proprio fidato alla ditta incaricata per
la fornitura di fiori. Il commerciante protestò con due boss di peso, ribadiva
di essere " a posto" e chiedeva l’esclusiva. Chiedeva soprattutto di
essere difeso « dai confrati che si scartano i fiori». E citava «il fratello di
Stefano».
«Ho scritto al vicario generale — dice adesso il parroco — è necessario
avviare una riflessione » . La questione delle infiltrazioni nelle
confraternite resta ancora di attualità nella Chiesa di Palermo, la Chiesa del
beato Pino Puglisi, il martire della mafia che cacciò dalla parrocchia di
Brancaccio tutti i membri della confraternita di San Gaetano vicini al clan.
— s. p.
La Repubblica Palermo, 12 aprile 2020
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