di GIANLUCA DI FEO e GIULIANO FOSCHINI
In Lombardia le direttive nazionali per tutelare gli anziani, individuati
subito come i soggetti più fragili davanti all’aggressione del Covid 19, sono
state applicate in gravissimo ritardo e senza controlli. Davanti all’assalto
del morbo, la Regione ha scelto di liberare gli ospedali dai casi meno gravi
spostandoli nelle case di cura della terza età. Senza preoccuparsi neppure di
verificare se i padiglioni dove venivano trasferiti i contagiati fossero
veramente isolati dalle camere dei residenti. Senza nemmeno fornire protezioni
adeguate a medici e infermieri o effettuare tamponi. Una negligenza nefasta,
che ha ignorato ogni principio di precauzione proprio mentre il coronavirus
dimostrava tutta la sua forza. I primi risultati dell’ispezione voluta dal
ministero della Salute con il sostegno del Nas dei carabinieri puntano proprio
su questa decisione strategica.
Considerazioni preliminari, che dovranno essere
integrate con la documentazione ancora non fornita dal Pirellone. Ma dalle
quali emerge un punto netto: la Regione guidata da Attilio Fontana ha
sostanzialmente violato le regole dettate dal governo sin dalla fine di
febbraio. Lo ha sottolineato la sottosegretaria Sandra Zampa a Radio
Capital : «Di certo le disposizioni che erano state date a tutti con una
circolare prevedevano, non soltanto per la Lombardia, ma per tutte le Rsa, che
non entrassero dall’esterno possibili soggetti contagiati e quindi possibili
diffusori del virus».
Invece dall’8 marzo l’assessorato di Giulio Gallera ha avviato
un’operazione in grande stile per svuotare le corsie degli ospedali travolti
dall’epidemia. Bisognava trovare posti per le vittime del Covid 19 che avevano
superato la fase critica ma dovevano ricevere ancora assistenza costante. O per
altri ricoverati che non risultavano positivi, ma erano rimasti comunque a
lungo esposti nei nosocomi investiti dal morbo. Nel sistema sanitario lombardo
creato nei diciotto anni di potere di Roberto Formigoni però le capacità della
sanità pubblica sono state drasticamente ridimensionate. E così ci si è
rivolti ai privati: alle case di cura per anziani, che avevano personale medico
e spazi disponibili. Ben 15 hanno cominciato a ricevere questi pazienti, in
cambio di una retta giornaliera vicina ai 250 euro. Il peccato originale del
metodo formigoniano ha lasciato la giunta regionale senza alternative che
mettersi completamente nelle mani dei privati. Strutture che avrebbero dovuto
garantire accoglienza ermeticamente separata, dotando dottori e infermieri di
maschere e guanti per tenere lontano il morbo. Nessuno ha verificato che fosse
realmente così. L’emergenza ha imposto una rapidità cieca: in pratica, bastava
una sorta di autocertificazione e le porte delle Rsa venivano aperte ai nuovi
ingressi, contagiati inclusi. Porte che invece il governo già da giorni aveva
decretato di tenere serrate.
La regia degli spostamenti è stata affidata al Pio Albergo Trivulzio,
incaricato di fare da centrale di smistamento e tra i primi ad accogliere i
pazienti provenienti dagli ospedali. Uno degli elementi adesso al centro
dell’indagine contro Giuseppe Calicchio e gli altri dirigenti dell’istituto per
epidemia e omicidio colposi.
Secondo le prime risultanze dell’ispezione ministeriale, la Regione si
sarebbe preoccupata di fornire indicazioni più rigorose soltanto con una
seconda deliberazione settimane dopo, quando i trasferimenti erano già
cominciati. Sempre però senza procedere ad alcun accertamento. Saranno le
inchieste a determinare quanto la carenza di controlli abbia incentivato la
diffusione del male. Di sicuro, il bilancio dell’epidemia nelle Rsa lombarde è
devastante. I dati parziali presentati ieri dalla sottosegretaria Zampa
mostrano un livello di letalità altissimo: almeno metà dei decessi nelle
residenze sarebbero legati al Covid 19.
Ispettori ministeriali e carabinieri del Nas vogliono anche approfondire
un’altra decisione della Regione. Sempre per alleggerire gli ospedali, il 30
marzo di decide di organizzare un servizio di assistenza domiciliare per i
contagiati meno gravi. E viene mobilitata la rete degli hospice, quella che
segue i malati terminali nelle loro case: si pensa di affidargli 800-1000
persone provenienti dalle corsie. Un servizio di telemedicina, che in base ai documenti
però prevede anche visite dirette e distribuzioni di farmaci. Da parte dello
stesso personale che poi doveva dispensare le terapie palliative ai pazienti
senza speranza. Una commistione potenzialmente pericolosa, su cui adesso
si andrà a fare luce.
Le disposizioni prevedevano che nelle rsa non entrassero malati di Covid: è
avvenuto il contrario e questo ha dato il via libera alla strage
La Repubblica, 17 aprile 2020
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