di Valentina Melis
È una platea di almeno 3,7 milioni di persone quella dei lavoratori
irregolari. Ovvero di coloro che lavorano senza essere messi in regola dal
punto di vista contrattuale, fiscale, o contributivo. È una platea definita
dagli economisti «non osservabile» perchè non se ne trova traccia presso le
imprese, le istituzioni e le fonti della Pubblica amministrazione. L’impiego di
lavoro irregolare vale secondo l’Istat 79 miliardi (dei 192 miliardi
complessivi di valore dell’economia sommersa), con una incidenza sul prodotto
interno lordo del 4,5 per cento.
In realtà l’Istat non censisce i lavoratori (cioè le teste) degli
irregolari, ma parla tecnicamente di unità di lavoro a tempo pieno (Ula), che
potrebbero valere più di un lavoratore ciascuna. Se ci sono due persone che
lavorano in nero mezza giornata per una, ad esempio, valgono una unità di
lavoro a tempo pieno, ma sono due individui coinvolti dal lavoro irregolare.
Peraltro, il tasso di incidenza del lavoro irregolare su quello regolare -
sempre secondo l’Istat - supera in media il 15%, con punte del 60% nel lavoro
domestico o del 17% nel commercio.
È anche a questa platea di lavoratori, dunque, o a una parte di essa, che
potrebbe essere esteso il reddito di emergenza annunciato dal ministro del
Lavoro Nunzia Catalfo, con uno stanziamento di tre miliardi di euro, per far
fronte alla perdita del lavoro in seguito all’epidemia da coronavirus.
L’attivita ispettiva 2019
Una fotografia aggiornata dell’irregolarità arriva dall’ultimo Rapporto
annuale dell’attività di vigilanza dell’Ispettorato nazionale del lavoro
relativo al 2019, che Il Sole 24 Ore del Lunedì è in grado di anticipare.
Su 159.805 ispezioni e accertamenti effettuati in 142.385 aziende, è emerso
un indice di irregolarità nel 68% delle pratiche definite nella vigilanza sul
lavoro, nell’81% delle pratiche definite in ambito previdenziale e nell’89% di
quelle in ambito assicurativo. Tassi così elevati di irregolarità sono dovuti
al fatto che le ispezioni dell’Inl emergono da una selezione preliminare di casi
“a rischio” o, come spiega il direttore dell’Ispettorato Leonardo Alestra,
«nascono come reazione alle denunce dei lavoratori, cioè cercano di intervenire
dove sono segnalate situazioni di conflittualità e di irregolarità del rapporto
di lavoro». I lavoratori irregolari che sono stati individuati sono 356.145,
dei quali 41.544 totalmente in nero (erano 42.306 nel 2018). L’anno scorso sono
stati recuperati contributi e premi evasi dai datori per 1,23 miliardi di euro.
Il rapporto dell’Inl segnala che nel 2019 sono stati intensificati i
controlli sul caporalato, che si manifesta in edilizia, nell’industria e nel
comparto manifatturiero, oltre che in agricoltura. In quest’ultimo settore sono
state messe in campo - si legge - «iniziative straordinarie di vigilanza a
livello interregionale». Come risultato di questa azione, il direttore
dell’Ispettorato Alestra sottolinea che «con l’attività del comando Carabinieri
per la tutela del lavoro, sono state denunciate 570 persone, delle quali 154
sono state arrestate: un numero doppio rispetto al 2018».
L’Ispettorato del lavoro ha anche individuato 599 fruitori del reddito di
cittadinanza che lavoravano in nero. Il rapporto sottolinea che sono stati
talvolta riscontrati «accordi illeciti tra azienda e lavoratore, finalizzati a
consentire a quest’ultimo l’accesso alla misura di sostegno al reddito grazie
alla simulazione dell’interruzione del rapporto di lavoro e alla successiva
prosecuzione dell’attività lavorativa in nero». Quanto alla distribuzione
territoriale dei lavoratori che percepivano indebitamente il reddito di
cittadinanza, per il 61% sono stati individuati dall’Ispettorato a Napoli, per
il 26% a Roma, per il 7% a Venezia e il per il 6% a Milano.
Tra i lavoratori “svantaggiati” coinvolti dalle ispezioni, è stata scoperta
l’occupazione in nero di 7.227 lavoratori provenienti da Paesi terzi, tra cui
1.145 extracomunitari senza il permesso di soggiorno, per la maggior parte
impiegati nelle attività manifatturiere.
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