Emanuele Macaluso |
EMANUELE MACALUSO
C’è un miserabile tentativo di un gruppo di ex fascisti, che in questi anni
hanno persino ricoperto ruoli di governo, che vorrebbero adesso cancellare il
significato della celebrazione del 25 aprile. Ieri Il Fatto Quotidiano ha pubblicato la notizia di una iniziativa di un
gruppetto di “meloniani” – La Russa, Rauti, Santanchè – che propone di
utilizzare la ricorrenza non per ricordare la Resistenza e la liberazione
dal fascismo, bensì “per onorare i morti di tutte le guerre, del
coronavirus, cantando non Bella Ciao ma la canzone del Piave”.
Giustamente, il giornale ricorda agli smemorati il comunicato del Comitato
di Liberazione Nazionale dell’Alta Italia, firmato dagli esponenti della DC,
Pci, Psi, del Partito liberale e del Partito d’azione, che decise la
fucilazione di Mussolini. Di quel Mussolini responsabile dichiarato della uccisione
di Giacomo Matteotti, dell’incarcerazione e la morte di Antonio Gramsci, della
uccisione di don Minzoni: tutti fatti svoltisi negli anni in cui assunse il
potere, e poi lo sterminio di migliaia di antifascisti, incarcerati e uccisi e
di partigiani impiccati ed esposti sugli alberi della città di Milano;
responsabile delle leggi razziali e della deportazione di ebrei e
minoranze nei lager nazisti.
I fascisti che oggi circolano nel nostro Paese minacciano di morte da
qualche tempo il direttore de La Repubblica, Carlo Verdelli, reo di fare il suo
mestiere e di farlo in un quotidiano di sinistra e antifascista. A mio avviso,
in questi anni c’è stata molta tolleranza nei riguardi del neofascismo non
applicando la “legge Scelba”. E soprattutto non manifestando, in modi diversi,
anche istituzionali, contro atti di minaccia fascista, come quello che oggi
prende di mira Verdelli. Questo non è un caso personale. Tocca tutti e non solo
il giornalismo. E, forse, sarebbe utile che anche dal Quirinale si dicesse qualche
parola dal momento che si minaccia il direttore di un giornale e la libertà di
stampa.
Viva il 25 aprile!
(21 aprile 2020)
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