Padre Giovanni Calcara |
GIOVANNI CALCARA
frate domenicano
frate domenicano
Mai come oggi, anche a causa della pandemia,
la Festa del Lavoro di quest’anno ci impone di puntare sull’essenziale, come
più volte e da più parti ci è stato richiesto in questi ultimi mesi. In
passato, tutti abbiamo ritenuto opportuno e necessario creare occasioni-eventi-dibattiti
sul lavoro, o meglio sull’ “uomo che lavora”, come richiamava il “papa operaio”
Giovanni Paolo II. Siamo costretti a trasferire “sui social” le occasioni di
confronto e riflessione, ma la realtà tragica e inquietante rimane fra di noi,
nelle nostre case e offusca il cuore e il futuro di milioni di persone. Mai
come oggi, parole come: lavoro, salario, dignità, diritti, futuro hanno e,
devono avere un significato “vero”.
Non bastano gli annunci di soldi e
finanziamenti che, purtroppo, ancora non arrivano nella disponibilità dei
destinatari. Né gridare alla “crisi” di coloro che, magari fino a ieri hanno
sfruttato i loro dipendenti e oggi chiedono l’intervento del Governo. Le
persone “rimaste a casa” chiedono “aiuto per mangiare”, ma anche e, soprattutto
“un lavoro per dare un futuro ai miei figli”. E’ stato come un ritornello, una
litania che in tanti hanno ripetuto dinnanzi a un microfono o scritto in un
messaggio wtzp. Qualcuno ha “preferito” dare l’assalto ai supermercati, ma per
nostra fortuna, sono stati isolati e scoraggiati dal proseguire l’esperienza…
La pandemia del coronavirus, quindi, non ha
fatto altro che mettere a “nudo” il sistema economico-sociale su cui era stato
fondato su uno pseudo “sviluppo partecipato” da cui tutti potessero trarre dei
vantaggi, o meglio dei profitti. Le vittime come sappiamo sono causate sia dal
sistema “liberale” che da quello “ideologico”, perché nessuno dei due mette,
realmente, al centro l’uomo e la sua dignità. E non si tratta di tornare alla
“concertazione fra le parti”, ma di “fondare” un nuovo modo di pensare,
concepire e vivere la realtà della persona umana, il lavoro, il credito, lo
sviluppo “autodeterminato e non imposto” dei singoli e della comunità.
Gli scenari possibili, in cui collocare la
riflessione, per il dopo-pandemia, potrebbero essere:
LA RESTAURAZIONE – ritornare a “come si
faceva prima”, con le “strutture di peccato”, con gli “scompensi della
globalizzazione”, non riconoscendo che “l’anello debole” del sistema è
“l’anello umano” che, più di tutti gli altri paga i costi;
LA FINE DELL’IMPERO – “ammettere e accettare”
che la globalizzazione così come è stata “costruita” porta alle tragedie e alle
vittime. Senza la globalizzazione “della solidarietà e dell’autentico sviluppo”
dell’uomo e di ogni uomo, ogni progetto di ripresa sarà parziale e destinato a
fallire;
IL RINASCIMENTO – che come ogni nuovo
processo, deve essere “elaborato e maturato” tra principi e realtà e,
finalizzato al vero “bene-essere” di tutti i protagonisti e per sua natura
“lento”, esige i suoi tempi. Soprattutto è necessario prevedere le modalità
degli interventi, per gli inevitabili “imprevisti” che potrebbero essere
causati.
L’immagine finale sarà allora quella NAVE
che, essendo in navigazione non può interrompere il suo viaggio, anche se ha
subito dei danni, altrimenti rischierebbe di affondare. E’ necessario quindi la
volontà e l’abilità di tutti per riparare la falla per proseguire la rotta e
arrivare alla destinazione. Nessuno si può e deve tirare indietro! La
differenza non sarà quindi tra credenti e non credenti, addetti ai
lavori/esperti o politici/sindacalisti ma tra uomini che sanno essere
responsabili delle loro scelte di oggi e di domani e chi invece, ha rinunciato
ad essere un “essere umano”!
# CE LA FAREMO!
Più che un desiderio, un impegno per noi
tutti!
Padre Giovanni Calcara, domenicano
Docente di Dottrina Sociale della Chiesa
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