Danilo Dolci trasmette dalla piazza |
Il 25 marzo 1970 due collaboratori del sociologo
trasmisero da Partinico il grido di protesta della Sicilia povera. Furono
arrestati dopo 26 ore
«Sos, Sos... siamo i poveri cristi della Sicilia
occidentale e questa è la radio della nuova resistenza. Qui si sta morendo…». Il 25 marzo del 1970 - esattamente cinquant’anni fa - furono in pochi, anzi
pochissimi, ad ascoltare il messaggio disperato lanciato dai 98,5 Mhz della
modulazione di frequenza e sui 20.10 delle onde corte. Pochi all’inizio, alle
17,30 di quel pomeriggio rimasto nella memoria, ma sempre di più, una Valle
intera, durante le 26 ore di vita della prima radio locale italiana della
storia: la Radio Sicilia Libera ispirata da Danilo Dolci.
E per l’occasione si moltiplicano le iniziative: Navarra Editore ( www.
navarraeditore. it) regala l’ebook Danilo Dolci. La radio dei poveri
cristi curato da Salvo Vitale e Guido Orlando. Radio 100 Passi e il circuito
100 passi medianetwork ( radio100passi. net) che riunisce emittenti su tutto il
territorio nazionale, ricorderà quell’esperienza riproponendo ampi stralci
originali di quella trasmissione, l’intervista a Pino Lombardo e ad Amico
Dolci, figlio di Danilo.
«Sos, Sos... la popolazione del Belice è abbandonata, qui tra lo Jato e il
Carboi viviamo nello sfascio, siamo dei poveri cristi... » . Due anni prima
c’era stato il terremoto. Quattrocento morti, anziani, donne, bambini,
settantamila sfollati. Interi paesi rasi al suolo dalla furia della natura. I
sopravvissuti stavano affrontando un altro inverno dentro le baracche, il
secondo di chissà quanti altri ancora, senza né luce né riscaldamenti, in
situazioni igieniche infami. E nel frattempo i boss della mafia e i politici
corrotti si spartivano i miliardi della ricostruzione. « Sos, Sos... aiutateci,
questa è la radio dei poveri cristi, l’unico mezzo che abbiamo per farci
sentire. L’articolo 21 della Costituzione dice che tutti hanno il diritto di
manifestare liberamente il proprio pensiero, con la parola, lo scritto e ogni
altro mezzo di diffusione. Non ci fermeremo...».
E invece Franco Alasia e Pino Lombardo, due giovani uomini di cultura che
da anni lavoravano al fianco di Dolci, il sociologo, filosofo, pacifista,
scrittore, poeta che aveva scelto Trappeto per fondare la sua comunità-
laboratorio “ Borgo di Dio”, furono bloccati dai carabinieri dopo un giorno di
denunce e accuse pronunciate al microfono. Decine di uomini fecero irruzione
come se in quella stanza di Palazzo Scalia ci fosse un summit di mafia.
Armi in pugno, bloccarono Franco e Pino, che si erano barricati nei locali.
Trovarono un bidone con cento litri di benzina che sarebbe dovuto servire ad
allontanare chiunque si fosse avvicinato, sequestrarono le modeste attrezzature
radiofoniche e arrestarono i due amici di Dolci.
«Pensavamo che a un certo punto avrebbero staccato la corrente elettrica,
mai avremmo immaginato un blitz di quelle proporzioni – raccontò qualche tempo
fa Pino Lombardo, che all’epoca aveva 32 anni e dopo essere rientrato dal
Venezuela, dov’era stato maestro elementare, e calzolaio e macellatore di
polli, era rimasto affascinato dalle idee e dal carisma di Dolci. Pino era
l’allievo prediletto del sociologo triestino, insieme a Franco Alasia, studente
operaio di Sesto San Giovanni che aveva fatto il viaggio degli emigranti
all’incontrario e dal ricco Nord si era trasferito nel Sud più povero e
derelitto per coltivare l’utopia di un mondo nel quale tutti gli uomini erano
davvero liberi e uguali.
Non lo sapevano Pino e Franco che cinquant’anni dopo in tanti avrebbero
ancora ricordato quella folle impresa. Non immaginavano, forse, che grazie a
loro per la prima volta una voce che non fosse di Stato, aveva violato
l’inviolabilità dell’etere. Sì, la radio dei poveri cristi della Valle dello
Jato fu la prima emittente libera d’Italia. Ben prima di Milano International,
Radio Parma, Radio Biella, che arrivarono soltanto cinque anni più tardi dando
vita a una stagione di radio libere, e anche un po’ pirata, che ha segnato
intere generazioni.
Quell’esperimento durato appena lo spazio di un giorno aveva dato ragione
al sociologo triestino che combatteva dalla parte di chi non aveva voce: « Per
evitare al massimo inciampi, bisogna trasmettere da acque extraterritoriali,
magari su un’imbarcazione che non batte bandiera italiana», ripeteva ai suoi
amici. Franco e Pino erano stati fermati ma il germe della radio, in un momento
nel quale esisteva solo la verità della Rai, era stato lanciato. E forse non è
un caso che questa piccola rivoluzione culturale sia partita da una Sicilia
laboratorio che non ha mai intuito del tutto le sue potenzialità.
Alle 17,30 di quel 25 marzo di cinquant’anni fa, la piazza di Partinico
cominciò a riempirsi quando si udirono le prime parole di Pino Lombardo e
Franco Alasia. Una folla guidata proprio da Danilo Dolci fece da scudo umano a
quei due visionari asserragliati a Palazzo Scalia. Riuscirono a resistere fino
all’irruzione dei carabinieri, furono processati, condannati e poi amnistiati.
Alla fine lo Stato gli restituì le apparecchiature, i generatori elettrici e
persino i fusti con i cento litri di benzina.
L’esperienza di Danilo Dolci, l’idea di una radio politica ripresa qualche
anno dopo da Peppino Impastato, aveva vinto. Scrisse Italo Calvino: «A vegliare
a Partinico stanotte è la coscienza d’Italia, una coscienza che è per così poca
parte rappresentata dalla classe dirigente, e che è amaro privilegio dei poveri
» . Da quel giorno niente fu come prima.
La Repubblica Palermo, 25 marzo 2020
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