di STEFANIA DI LELLIS
Quando vi lavate le mani per almeno venti secondi così come le indicazioni
anti-coronavirus prescrivono, ricordate che siete fortunati: disponete di acqua
e avete un sapone. Il 40% della popolazione mondiale, 3 miliardi di persone,
non ha né l’una né l’altro. Tre quarti degli abitanti dei paesi meno sviluppati
non possono contare a casa su questi due alleati preziosi contro il contagio.
In un terzo delle scuole del mondo e in un ospedale su sei non c’è modo di
lavarsi le mani. Con queste premesse è chiaro che il prossimo incubo
dell’Organizzazione mondiale della Sanità sia l’emergenza Covid-19 tra i
dannati della Terra. Quelli che vivono dove i servizi igienici e le distanze di
sicurezza sono una chimera.
Fino a pochi giorni fa i numeri sembravano indicare
un avanzamento lento del virus in Africa, nel sud Est asiatico e in America
Latina, nelle aree dove gli slum si concentrano. Ma ora suona il campanello
d’allarme. «Il mio continente deve svegliarsi», ha implorato il presidente
dell’Oms, l’etiope Adanom Ghebreyesus. Per gli esperti di sviluppo non c’è da
sperare che la preponderanza di giovani nel sud del mondo abbassi la media dei
decessi. I poveri pagheranno un prezzo altissimo.
Slum e favelas
Impossibile per gli epidemiologi avere un quadro chiaro dell’andamento dei
contagi negli insediamenti che si ammassano ai margini delle metropoli. Rileva
l’antropologa Annie Wilkinson sul sito della London School of Economics: qui
spesso le persone si rivolgono a operatori sanitari informali per tosse, febbre,
raffreddore. Le conte sono incomplete anche per questo. Accertati i contagi,
comunque la quarantena risulterebbe impossibile in alloggi piccoli occupati da
famiglie anche di 10-12 persone. La tentazione delle autorità è quella di
sigillare intere baraccopoli. Nel 2014 i tentativi di isolare le baraccopoli
attorno a Monrovia per evitare la diffusione del virus Ebola si tradussero in
gravi tumulti. Gli esperti invitano a non disdegnare di accordarsi con leader
religiosi locali o perfino con le gang capaci di gestire l’ordine nelle aree
dove la legge non arriva.
La chiusura delle scuole
Nelle aree più povere del mondo (in Africa già 15 paesi l’hanno decretata)
ha conseguenze devastanti. L’af-follamento nelle abitazioni e il divieto di
uscire moltiplica la probabilità di violenze domestiche. Nel caso di Ebola ci
fu un picco di gravidanze di adolescenti. Se lo stop alle lezioni
si prolunga c’è un’alta percentuale di abbandoni scolastici
definitivi.
Economia e instabilità politica
David Evans e Mead Over per il Center for Global Development rammentano
come l’Ocse dia per dimezzata causa Covid-19 la crescita economica globale: per
i paesi poveri è un’emorragia potenzialmente letale. La perdita di potenza
del motore cinese ha rallentato la fame di materie prime, con investimenti già
in calo in Africa. Impossibile cercare investitori altrove vista la dimensione
globale del contagio. I molti leader politici corrotti non hanno la credibilità
per imporre misure drastiche né di far sperare in processi di recupero. Possibili
terremoti politici.
Il Sudafrica e l’Aids
Finora il Sudafrica ha registrato poco più di 200 contagiati, ma i casi
sono in vertiginosa crescita. Con il triste record di infezioni di Hiv (7,7
milioni), il paese trema per il Coronavirus, che si accanisce sulle persone più
vulnerabili.
Il caso Gaza
La Striscia di Gaza viene definita la prigione a cielo aperto più grande
del mondo: circa due milioni di persone vivono senza servizi igienici
fondamentali e con una Sanità precaria in un territorio grande come la
provincia di Prato. Finora l’isolamento cui è costretta sembra averla protetta,
ma la bomba Covid-19 può esplodere da un momento all’altro. «Come si
comporterebbe Israele se decine di migliaia di palestinesi marciassero alla
frontiera chiedendo assistenza? », si chiede Dana Wolf, esperta
dell’Interdisciplinary Center di Herzliya.
I rifugiati
Le ong che si occupano di migranti hanno lanciato l’allarme nei campi di
accoglienza in Francia, Grecia e Bosnia. Condizioni sanitarie pessime,
affollamento, fatica, sono un cocktail letale di fronte al virus. E molte di
queste organizzazioni perdono volontari fermati dal timore di portare il
contagio o perché costretti a non muoversi dai propri paesi. «Questa pandemia
si muove come un’onda — ci dice Ludo Bok, del Programma Onu per lo sviluppo —
un’onda che ora minaccia anche i sistemi e le persone meno in grado di farcela.
Non è più solo un’emergenza sanitaria. È sociale, economica e politica.
Prendiamola almeno come una sveglia per trovare modi innovativi per rispondere
alle crisi».
La Repubblica, 22 marzo 2020
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