di Patrizia Gariffo
Mia figlia, Sefora, ha la sindrome di
Angelman che comporta grave ritardo mentale. A causa del Covid-19, la sua vita
è stravolta e non posso neanche spiegarle il motivo. Per ragazzi come lei è
importante mantenere le proprie abitudini come quella di uscire, così, dietro
suggerimento del sindaco del mio paese, Canicattini Bagni, ho presentato una
richiesta alla Protezione civile regionale per avere un permesso per farle fare
delle passeggiate ogni giorno. La richiesta è stata accolta.
Tina Ciarcià
Riuscire a spiegare a un bambino o a un
ragazzo normodotato la complessità di questo momento è arduo, riuscirci con
quelli con ritardi cognitivi lo è molto di più. Ragazzi come la figlia di Tina,
di colpo, hanno perso riferimenti e abitudini, a partire dalla scuola. Per
Sefora, purtroppo, la didattica online non funziona perché ha bisogno del
contatto fisico e «la sua attenzione è molto limitata se non può servirsi di
gesti. Sebbene sia in collegamento con l’insegnante di sostegno, non
collabora», racconta la madre.
Le passeggiate, quindi, sono l’unico contatto
con l’esterno e non poterle fare sconvolge la sua quotidianità. Poiché nel
decreto del governo non sono prese in considerazione le esigenze di questi
ragazzi, spinta dalla disperazione e pronta a combattere una nuova battaglia,
Tina ha fatto un appello alla sua sindaca, Marilena Miceli. La prima
cittadina ha suggerito a lei e alle famiglie con figli disabili di inoltrare
alla Protezione civile regionale una richiesta per avere la possibilità di far
uscire quotidianamente i loro ragazzi accompagnati da una persona. Tina, che ha
dovuto lasciare il suo lavoro di operatrice socio-sanitaria da quando Sefora
non frequenta la scuola, ora, ogni giorno, può portare sua figlia a fare una
passeggiata, in auto o a piedi, e non essere soggetta a continui controlli.
La stessa difficoltà di Tina la vive Manuela Cirvilleri, presidente
dell’associazione "Comunicare è vita" di Acireale e madre di Matteo,
un bambino di 7 anni affetto dalla stessa malattia di Sefora. Anche lei
racconta l’impossibilità di tenere suo figlio a casa e di spiegargli perché non
può fare i soliti giri in bicicletta o in macchina, accompagnato da lei o dal
marito.
«Bisogna comprendere che è necessario che nel decreto ci siano delle
eccezioni per famiglie come le nostre. Chi ha le competenze per farlo dovrebbe
prendersi la responsabilità di autorizzarci per iscritto ad avere più margini
di libertà per i nostri figli», dice Manuela. Come spiega, la possibilità di
avere la facoltà di uscire pure in auto, senza scendere, non deve essere a
discrezione dei vari amministratori, ma sancita da una normativa precisa,
perché alle tante difficoltà di questi ragazzi non se ne aggiungano altre.
La Repubblica Palermo, 26 marzo 2020
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