La scalinata della scuola di Trabia col nome di Passafiume |
di ATTILIO BOLZONI
Ci sono "verità" che si tramandano di generazione in generazione
e che possono far nascere equivoci antipatici. Dare per scontato qualcosa senza
controllare — e soprattutto ricordare — può giocare brutti scherzi. Come per
esempio trasformare un capo mafia in una vittima di mafia e sistemare il suo
nome accanto a quelli di Boris Giuliano e Ninni Cassarà, di Rosario Livatino e
Pippo Fava. Cose che succedono quando una vecchia velina viene mal interpretata
con l’aguzzino che si ritrova eroe, nonostante un passato molto significativo
(criminalmente parlando) nella sua comunità.
Cose che succedono a Trabia, paese del Palermitano dove uno dei suoi boss,
Nunzio Passafiume, che per la sua fluente chioma vermiglia era chiamato
"pilu russu", si è ritrovato suo e nostro malgrado nella scalinata di
una scuola dedicata a uomini e a donne uccisi da Cosa Nostra.
Incolpevoli i dirigenti scolastici che si sono fidati di ciò che è
immortalato sui libri di storia, incolpevoli i giornalisti che per decenni
l’hanno citato come esempio di virtù, incolpevoli (ma fino a un certo punto)
alcuni testi che avevano deposto in Commissione parlamentare Antimafia nel 1963
indicando quel Passafiume come bersaglio delle cosche invece di descriverlo per
quel che era.
L’istituto che ospita la scalinata è la scuola media "Giovanni
XXIII", la scoperta dell’"errore" l’hanno fatta un gruppo di
sindacalisti che si sono accorti di un Passafiume nella loro Cgil in
un’epoca in cui la Cgil a Trabia ancora non c’era. Poi è venuto a galla tutto
il resto. A supportarli nella ricerca Francesco Tornatore, fratello del regista
Peppuccio, saggista e autore di testi proprio su quell’infuocato dopoguerra
siciliano, ultimo lavoro una monumentale bibliografia ( Ecco perché...
) sugli scritti di Pio La Torre.
L’esplorazione nei trascorsi di Passafiume — a cura dei sindacalisti
Andrea Bondì, Francesco e Giovanni Cancilla, Franco Chiarini, Sandro Di
Vittorio, Giuseppina Greco, Giuseppe La Russa, Pino Lo Bello e Rosa Piazza — ha
permesso di accertarne l’identità al di là di ogni ragionevole dubbio grazie
alla memoria di un paio di sopravvissuti di quel tempo.
Tutto l’inghippo ha origine con Francesco Renda, storico di grande valore
che, in un passaggio del terzo volume della sua Storia della Sicilia dal
1860 al 1970, segnala Passafiume come «vittima di mafia» citando
un’informativa dei carabinieri proprio sull’uccisione del boss, avvenuta il 1
giugno 1946. Una nota molto vaga dove, in effetti, si avanzava l’ipotesi di un
«movente politico». Da qui, probabilmente, il malinteso. Erano gli anni delle
esecuzioni dei sindacalisti e degli assalti alle Camere del Lavoro, qualcuno ha
fatto uno più uno e Passafiume si è ritrovato dall’altra parte. In realtà i
dirigenti della Cgil hanno raccolto decine di testimonianze che smentiscono la
verità ufficiale e descrivono un altro contesto. La politica c’entra ma al
contrario. In quell’epoca, in concomitanza con le prime elezioni libere d’Italia,
la famiglia mafiosa di Trabia aveva dato ordine di vietare ogni comizio che non
fosse del Movimento indipendentista siciliano guidato da Andrea Finocchiaro
Aprile. Non tutti obbedirono. Ci furono alcuni omicidi, fra cui quello di
Giuseppe Galioto. E qualche giorno dopo l’assassinio di Passafiume, "noto
capomafia", come risposta. «A Trabia non sono stati mai uccisi
sindacalisti della Cgil e nel 1946 non c’era ancora la Lega dei braccianti,
solo intorno al ‘60 sono cominciate le occupazioni dei feudi, qualcuno ha
perfino promosso Passafiume leader del nostro sindacato quando tutti sapevano
in paese chi fosse in realtà», spiega Francesco Cancilla, uno di quelli che ha
portato alla luce l’"equivoco".
La dirigente scolastica Giusy Conti è serena: «In una scuola la verità è
importante, se fosse accertato definitivamente che quel nome non è al posto
giusto provvederemo a toglierlo ». Piccolo suggerimento. Cancellatelo e mettete
un nome che manca, adatto anche a quel periodo: Pio La Torre.
La Repubblica, 28 gennaio 2020
Nessun commento:
Posta un commento