Paradiso verde. Il lago Trearie, uno dei gioielli del Parco dei Nebrodi compreso tra le province di Messina, Catania ed Enna, al centro dell’inchiesta antimafia |
Atti fasulli di compravendita e donazione di terreni:
10 milioni frodati alla Ue Sette anni di imbrogli con l’aiuto di centri di
assistenza agricola compiacenti
Tortorici — C’era un notaio, Antonino Pecoraro, con studio a
Canicattì, che stipulava atti di compravendita o di donazione fasulli. E
c’erano tredici dipendenti dei centri di assistenza agricoli — a Messina,
Catania e Siracusa — che attestavano il falso. Uno di loro, Emanuele Galati
Sardo, è il sindaco di Tortorici (ora sospeso dal prefetto di Messina). Da ieri
mattina sono tutti agli arresti domiciliari, accusati dalla procura di Messina
guidata da Maurizio de Lucia di concorso esterno in associazione mafiosa. Per
aver reso possibile la colossale truffa che ha portato alle aziende dei boss di
Tortorici dieci milioni di euro di finanziamenti europei. Una truffa senza
precedenti, proseguita dal 2010 al 2017.
Gli insospettabili hanno
attestato che centinaia di terreni — nel cuore del Parco dei Nebrodi ma anche
nel resto della Sicilia e d’Italia, magari appartenenti a Comuni o Regione —
risultavano formalmente nella disponibilità delle società costituite dai
padrini. «Raffinate truffe», le chiamano i magistrati. Hanno segnato persino
terreni all’interno della base Nato di Niscemi in cui è installato il Muos, o
anche all’interno dell’aeroporto palermitano di Boccadifalco.
L’ultima indagine che ha portato il Gico della guardia di finanza e il Ros
dei carabinieri ad arrestare 94 persone (48 in carcere, 46 ai domici-liari),
svela il gran salto criminale della mafia dei pascoli. Da una parte i Bontempo
Scavo, dall’altra i Batanesi. «Un salto di qualità fatto grazie a una nuova
borghesia mafiosa», dice il procuratore nazionale antimafia Federico
Cafiero De Raho. I mafiosi messi alle strette dal protocollo Antoci hanno
dovuto rinunciare a tanti pascoli, ma non potevano lasciare i finanziamenti
europei. E gli insospettabili hanno spiegato che avrebbero potuto ottenere
anche molto di più occupando virtualmente le terre. «Ci siamo trovati davanti a
una mafia ultramoderna » , spiega il procuratore De Lucia, memoria storica
dell’antimafia palermitana. Questa è un’inchiesta dai grandi numeri: 194
indagati, 490 imputazioni, 30mila pagine contenute in oltre 100 faldoni. E
151 società messe in campo dai mafiosi, ora sequestrate.
Il notaio
Un ruolo determinante lo svolgeva il notaio Pecoraro. Secondo i pm, era
nelle mani di Aurelio Faranda, la mente economica dei Bontempo Scavo. « Sono
stati inventati atti di compravendita — scrive il gip nel provvedimento
d’arresto — tra un presunto dante causa dichiaratosi proprietario di
determinate particelle per usucapione non accertato giudizialmente, e un
presunto avente causa, dichiaratosi disposto a propria volta ad acquistare a
proprio rischio tali particelle». Naturalmente, il terreno usucapito era
l’ennesimo falso, non esisteva, ma c’era il notaio pronto a certificare. «
Signor Aurelio, buonasera, Pecoraro sono. Chiamo da Canicattì, non è che mi
potrebbe richiamare? Perché ho una comunicazione urgente da farle». Il notaio
aveva sempre buone notizie per l’emissario del clan. I finanzieri del comando
provinciale, guidati dal colonnello Gerardo Mastrodomenico, hanno scoperto
tanti atti costruiti ad arte per richiedere poi i finanziamenti. E li hanno
scoperti anche grazie alle denunce dei legittimi proprietari, otto, tutti del
Messinese, che si erano visti arrivare a casa un avviso dell’ufficio del
Catasto che parlava di variazione sulle particelle di proprietà. Così è emerso
che qualcuno si era impossessato delle loro terre per una presunta usucapione.
Con la complicità di un notaio infedele. Che dopo aver capito di essere stato
scoperto diceva a un collaboratore: «Non me ne frega, anche se fanno indagini
poi a cosa arrivano? Che quelli hanno detto il falso. E gli fanno l’inchiesta
penale a quelli, basta che non mi toccano».
Gli impiegati dei Caa
I centri di assistenza agricola sono i tramiti fra gli agricoltori e
l’Agea, l’agenzia per le erogazioni in agricoltura, si occupano di tutta
l’istruttoria. Oltre al sindaco di Tortorici, sono finiti ai domiciliari
Vincenzo Ceraulo, responsabile del Caa Liberi agricoltori di Catania; Marinella
Di Marco, operatrice del Caa Coldiretti Messina; Giuseppina Gliozzo, del Caa
Acli Messina; Giuseppe Natoli, del Caa Confagricoltura Messina; Pietro Lombardo
Facciale, del Caa Fenapi Messina; Antonia Strangio, del Caa Messina; Giorgio
Marchese, del Caa Tutela e lavoro Catania; Carmelino Zingales, del Caa Messina.
Altri quattro sono stati sospesi per dodici mesi: Arturo e Giuseppe Carcione;
Cristoforo Fabio Mancuso e Antonino Paterniti Barbino. Erano maghi nel
selezionare terreni per i quali non erano mai stati chiesti finanziamenti. Bastava
consultare la banca dati " Sian". E la truffa era servita. Tanto
nessuno controllava: «Fa impressione — scrive il gip — che Agea, Comunità
europea e organi di controllo " si bevano" istanze con fascicoli solo
virtuali (...), con evidenti falsi sui titoli, con giro disinvolto di titoli,
con conti bancari all’estero».
— s. p.
La Repubblica Palermo, 16 genn 2020
Nessun commento:
Posta un commento