Le sorelle Napoli |
di Salvo Palazzolo
Atti illegittimi, parentele imbarazzanti. E un ex
generale diventato assessore che attacca le sorelle Napoli
Mezzojuso è un paese dove sono accadute strane
cose. Tre sorelle hanno denunciato le incursioni della mafia dei pascoli nelle
loro terre, e invece di ricevere solidarietà, sono finite loro al centro di una
campagna di fake news orchestrata via social da un generale dei carabinieri in
pensione - Nicolò Gebbia - nominato assessore alla cultura. Il sindaco
Salvatore Giardina, invece, ha candidamente affermato in diretta Tv nazionale –
davanti alle telecamere di Massimo Giletti – di aver partecipato al funerale
del capomafia del paese, Cola La Barbera, uomo di Bernardo Provenzano: «Sono
molto religioso – disse a “ Non è l’Arena” nel maggio scorso – partecipo a
tutti i funerale del paese » . Salvo poi smentire il giorno dopo.
A Mezzojuso è accaduto anche dell’altro, che ha convinto il prefetto di
Palermo Antonella De Miro a mettere in moto la macchina dei controlli. E ieri
mattina il consiglio dei ministri ha disposto lo scioglimento del Comune per il
concreto rischio di infiltrazioni mafiose.
In paese, c’è anche uno dei fedelissimi di Provenzano, Giuseppe Russotto:
dopo la scarcerazione è tornato a gestire la gioielleria di famiglia.
Evidentemente, in Municipio, nessuno si è fatto alcuna domanda a proposito
della licenza di quel signore che nel corso principale viene ossequiato (a
differenza delle sorelle Napoli). C’è voluta un’interdittiva del prefetto per
bloccare la gioielleria.
Sembra una storia uscita dalla fantasia di Leonardo Sciascia. È invece una
drammatica realtà. Gli ispettori inviati a giugno in paese dal ministero
dell’Interno hanno trovato in Comune atti illegittimi, ma anche parentele
imbarazzanti con alcuni mafiosi. Una lista di stranezze messe in risalto nella
relazione consegnata alla dottoressa De Miro dalla commissione presieduta da un
vice prefetto e composta da tre esponenti delle forze dell’ordine. Il
ministro dell’Interno Luciana Lamorgese ha subito presentato la richiesta di
scioglimento al governo. E già questa mattina la commissione si insedierà: è
composta dal vicario Daniela Lupo, dal viceprefetto Valeria Gaspari e dal
funzionario economico-finanziario Maria Cacciola. Dunque, sospensione immediata
per gli organi comunali, anche prima della firma del presidente della
Repubblica sul decreto di scioglimento, per il prefetto De Miro ci sono “ragioni
di urgenza”.
Il sindaco Giardina annuncia ricorso e se la prende con la «denigratoria
campagna mediatica della quale siamo stati oggetto». Non lo cita, ma il
riferimento è chiaro, Massimo Giletti, che ha fatto diventare la vicenda
delle sorelle Napoli, raccontata da Repubblica nel settembre 2017, un
caso nazionale. E oggi rilancia: «Non è mai un bel giorno per un Paese quando
una cittadina viene commissariata per mafia, ma questa è stata una nostra
battaglia ed è la testimonianza che la televisione che lotta fino in fondo,
credendo nella battaglia che fa, alla fine vince».
Siamo di fronte all’ennesimo comune siciliano sciolto per rischio di
infiltrazioni mafiose. Dopo San Cataldo, Pachino, Mistretta, San Cipirello,
Torretta e Misterbianco. Gli enti locali « sono risultati altamente appetibili
per la criminalità mafiosa » , ha scritto il prefetto De Miro nell’ultimo
report consegnato alla commissione parlamentare antimafia. Generalmente, i boss
puntano su alcune attività in particolare degli enti locali: la raccolta dei
rifiuti, le attività dei servizi sociali e la riscossione dei tributi. Finita
l’era dei grandi appalti, il fiume dei soldi pubblici è nei Comuni più piccoli.
« Le cosche — ha scritto il prefetto di Palermo in occasione dell’ultima trasferta
dell’Antimafia — riescono a condizionare la vita politica e amministrativa
degli enti grazie anche alla compiacenza di amministratori eletti con
l’appoggio dei boss, a strutture burocratiche di scarso spessore professionale
che annoverano al proprio interno anche dipendenti vicini all’organizzazione;
il tutto reso più agevole da un endemico disordine amministrativo».
Ma qual è la vera posta in gioco a Mezzojuso? «I raid delle vacche nelle
terre delle sorelle Napoli proseguono», ricorda l’avvocato Giorgio Bisagna, che
ha curato al costituzione di parte civile delle tre donne nel processo di
Termini a tre imputati. «Qualcuno vorrebbe farci andare via dice Irene Napoli -
ma non ci riusciranno ». Qualcuno che probabilmente punta ai finanziamenti
milionari dell’Unione Europea sui pascoli della provincia palermitana.
La Repubblica Palermo, 13 dicembre 2019
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